08/04/13

WARRIOR (di Gavin O'Connor)



Sparta è il nome di un torneo di MMA (Mixed Martial Arts).
In palio ci sono un mucchio di bei soldoni, 5.000.000 di dollari, oltre all’onore di essere dichiarato l’uomo più duro e cattivo del creato.
Niente premi di consolazione: sedici partecipanti, uno contro l’altro; il più forte passa al turno successivo; il più debole torna a casa cornuto e mazziato. Ne resterà soltanto uno.

Le premesse fanno fortemente temere per la boiata pazzesca.

Primo indizio: va bene che negli ultimi anni il cinema sia ricorso a qualunque pretesto pur di giustificare busserie gratuite (all’occorrenza riciclando qualunque oscura tecnica, arte marziale, disciplina o anche solo semplice pratica di strada servisse allo scopo)… ma un intero film sulle MMA mi evoca immagini mitologiche di unghie che raschiano fondi di barile... e poi cosa cavolo sono le MMA??? Passi il tradizionale pugilato (“The fighter”), passi il vituperato wrestling (“The wrestler”), passi qualunque arte marziale venga da est della Karakoram Highway: il Muay Thai, il Taekwondo ed il Krabi Krabong di Tony Jaa (la trilogia di “Ong Bak ” ed i due "The protector"); il Silat di Iko Uwais (“The raid”), il Taijiquan di Donnie Yen (“Ip man 1 e 2”) la rinascita dei gongfupian e wuxiapian nonostante Jet Li e Jackie Chan facciano più di centodieci anni in due, passi anche la parenesi Parkur di David Belle (“Banlieu 13”), ma sto mischione di “tecniche di lotta e di tecniche di percussione” (definizione da wikipedia.it) proprio non mi convince per niente…

Secondo indizio: Sparta??? No, dico, scherziamo???

Terzo indizio: la locandina faveramente schifo. Sembra la parodia di un film truzzo di quart’ordine che si prende troppo sul serio. Di quelli che se ci porti la morosa hai chiuso per sempre e se ci vai da solo temi di capire il motivo per cui non ne hai mai avuta una e mai ne avrai…

Tre indizi, secondo la tradizione, fanno una mezza prova;  eppure…


Eppure ci sono delle fastidiose interferenze che disturbano quello che dovrebbe essere un sano ed onesto giudizio aprioristico di rifiuto categorico: il cast, ad esempio, NON è rappresentativo di quella tamarrata cosmica che un film del genere sembrerebbe promettere di voler essere. Cioè, io mi aspettavo Dolph Lundgren e John Cena… tutt’al più con un cammeo di Van Damme ad innalzare il livello della recitazione. Invece c’è Tom Hardy (che ha scelto il copione dopo aver già girato “Bronson”, “Inception” e “La talpa”, mica “Tre metri sopra il cielo”…); c’è Nick Nolte, che regala un’interpretazione straordinaria e tra le migliori della sua carriera. C’è anche Joel Edgerton che nessuno sa chi sia perché ha la faccia più anonima del mondo, ma grazie a IMDB scopro di averlo già visto in quel capolavoro di “Animal Kingdom” ed anche in “Zero Dark Thirty”… ah, c’è anche Frank Grillo (“The grey”) che, ormai, sta diventando uno dei miei nuovi idoli…



Vuoi vedere che mi tocca guardarepure ‘sto “Warrior”?

Dio benedica le interferenze che generano sospetti perché “Warrior”, nonostante non se lo sia visto nessuno (probabilmente spaventato dalle premesse), spacca letteralmente i grugni (tanto per rimanere in tema).

Innanzi tutto ci sono le botte (unica ragione per cui di solito si guarda un film del genere), che sono tante, fanno paura da quanto sono cattive, ma non sono la sola ragione per cui merita guardare questo film.

Le botte, infatti, arrivano solo a partire da un certo punto. Prima c’è la storia di una famiglia. Prima si contestualizza l'ambiente dove germoglia e si sviluppa l’american dream, che qualche volta si realizza pure, ma che comunque distrugge la vita di tutti quelli a cui l'inseguimento, invece, non riesce (che, per la cronaca e per le statistiche, sono decisamente molti di più). Questo film racconta di padri ubriaconi e violenti, di madri impotenti e martoriate, di figli bastonati a sangue per una parola sbagliata. Racconta i vinti molto più di quanto non racconti il vincitore.

Warrior” condivide con “Rocky” la stessa esigenza di riscatto, la stessa bramosia di successo, lo stesso spirito di sacrificio e abnegazione. Ma Rocky Balboa era un povero sfigato che veniva dalla strada, improvvisava qualche incontro e arrangiava dei lavoretti per la mala. Aveva una fidanzata ed il cane Birillo. Tutto sommato non se la passava neanche malaccio e la sua epopea non era quella del disperato-arrabbiato destinato inevitabilmente al baratro, ma quella dell’uomo che non molla, che non cade… Rocky era l’eroe buono e positivo che impersonificava il sogno americano.



La famiglia Conlon è di tutt’altra pasta: il collante è la rabbia, il rancore, la disperazione, l’odio, il livore, l’ira.

Brendan è il fratello “buono”. Da ragazzino il padre non lo considerava perché troppo impegnato a pestarne la madre o ad occuparsi dell’altro figlio, Tommy, giovane ed imbattuta promessa della lotta greco-romana. Brendan vive insegnando fisica in un liceo della periferia di Pittsburgh. Ha una moglie che lo ama (Jennifer Morrison), ma un mutuo che non riesce a pagare e grossi problemi al lavoro. Sparta è il suo american dream; è il miraggio della fine dei guai e delle preoccupazioni.

Tommy è l’impersonificazionedella rabbia. Tom Hardy, con uno stile che ormai è il suo marchio di fabbrica, si impossessa del personaggio e lo fa completamente proprio donandogli un’autenticità ed una credibilità assolutamente unica in questo genere di film (e comunque rara in tutti gli altri).
Tommy è un reduce dall’Iraq pieno di demoni e di rancori. È in fuga per qualcosa che gli è successo al fronte. È talmente solo e disperato che non sa fare altro che tornare dall’odiato padre. Vuole che lo alleni per Sparta. Niente rimpatriate. Niente pacificazione. Niente chiacchiere e piagnistei. Niente assoluzione e pacche sulle spalle. Solo allenamento, allenamento, allenamento. Hardy fa letteralmente paura tanto è cattivo. Mai, in vita mia, ho visto un attore tanto credibile nell’essere incazzato come una pantera con tutto il sacrosanto universo. TI-TA-NI-CO!

Infine c’è Paddy (Nick Nolte): il mostro, l’ubriacone, il violento, il padre assente e odiato da entrambi i figli. Sono quasi tre anni che non tocca più un goccio e vorrebbe tanto riappacificarsi col proprio passato. Coi propri figli. Ma è tardi, troppo tardi…


Ne esce un’America sfasciata, disgregata nelle sue primarie fondamenta, aggrappata con le unghie alla sua illusoria mitologia come unico barlume di speranza. I soldi sono l’unico motore del mondo. Per questo viene organizzato il torneo di Sparta. Per questo Brendan vi partecipa. Anche a Tommy servono i soldi, ma non per se stesso (non pare avere grande interesse per la propria vita), ma per comprarsi una coscienza nuova e regalarli alla donna di un commilitone caduto.

Le botte, dunque, hanno senso solo perché hanno senso quei personaggi. Se non sapessimo chi è veramente Tommy, forse non ci farebbe così tanta paura (o non più degli altri partecipanti a Sparta, per i quali, invece, proviamo quasi compassione ogni volta che li vediamo salire sul ring per affrontarlo); se non conoscessimo Brendan non avrebbe senso quella sofferenza, quelle pacche, quelle mazzate che subisce e accetta come fossero parte di un personale percorso di purificazione. "Warrior" non è un film di botte con dei personaggi, ma un film di personaggi che le prendono di santa ragione dalla vita, dai parenti, dagli avversari. Perchè la vita è solo prenderle, prenderle e ancora prenderle. Anche quando le dai...

Il film è duro, cattivo e non ha paura di colpire basso. Gli interpreti sono clamorosi anche se Tom Hardy, come detto, porta tutti a casa sul pulmino della scuola. Come attore, Hardy, continua ad avere due espressioni (in questo film: con e senza il cappuccio), ma straripa nella sua strabordante fisicità e lavora col proprio corpo con una brutalità sconvolgente.


Poi, naturalmente, c’è la palestra, le sbruffonate, qualche concessione alla retorica (la figura del Preside e degli studenti che tifano per Brendan), gli allenamenti, le ricadute nei vecchi vizi, i confronti.

Tutto procede senza scossoni e senza particolari colpi di scena, ma il film non ne ha bisogno. Tutto funziona alla perfezione, anche i difetti, anche nelle ingenuità…

Poi, finalmente, ci sono gli incontri e se le coreografie non brillano per originalità ed atletismo, la tensione emotiva è abbondantemente salvata dalla recitazione. La regia, pur imperfetta e talvolta imprecisa, lascia ampio spazio alle prove attoriali. Brendan subisce, si difende, le prende, cade, ma si rialza sempre… sfinisce gli avversari offrendosi loro come un martire… paga il prezzo di essersi sempre nascosto dietro il fratello. Ora che non ha più nessuno a difenderlo, tocca a lui sacrificarsi.

Tom Hardy è una furia della natura. Non parla, non sorride, non esprime nulla di umano. È una macchina da guerra pronta ad uccidere. Giuro, fa paura!!!

Ribadisco: il film funziona maledettamente bene solo perché i due personaggi (oltre a quello di Nolte) sono costruiti da dio.

Ovviamente il climax è congegnato per portare i due fratelli, uno contro l’altro, allo scontro finale. Il dramma dello sconfitto ci peserà comunque molto più della gioia per il vincitore. Come detto, “Warrior” parla di vinti e non celebra i successi.

E pazienza per tutti i difetti (innegabili) pur presenti nella regia; pazienza se la retorica talvolta faccia capolino e guasti leggermente la meravigliosa brutalità del tutto; pazienza se il film risulti un autentico plagio del bellissimo “Crying Fist” del coreano Seung-wan Ryoo; pazienza se dopo i primi trenta minuti sapete esattamente cosa succederà nei restanti 110…
Credetemi, andate a  vedere “Warrior”con la vostra morosa e se non lo capisce e non le piace, allora mollatela male…perché “Warrior” ha un grande cuore e OK, non è “Toro scatenato”, ma mangia comodamente in testa a “The fighter” che non è malaccio ed ha pure portato a casa due oscar e cinque nomination. 


GIUDIZO SINTETICO: Brutale, potente, spietato, bellissimo. Tom Hardy, se lo incontro in un vicolo di notte, gli regalo le chiavi di casa. Nick Nolte, forse, al suo meglio in carriera. Tanti piccoli difetti e qualche ingenuità, ma comunque imperdibile.

VOTO: 8 

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1 commento:

  1. Confermo. Tom Hardy è spaventoso. In una scena atterra l'avversario con un colpo tale che secondo me l'avversario è morto per davvero. Altrochè chiavi di casa nel vicolo. Io gliele ho già spedite preventivamente. Non si sa mai.

    Nolte è magnifico perchè finalmente può fare quello che fa nella vita normale: il devastato!
    E infatti lo fa meravigliosamente!

    E questo Edgerton: fa il suo bel lavoro di attore. Mi meraviglia che non venga da qualche serie. Ci starebbe proprio bene in un progetto con una sceneggiatura difendibile e una produzione degna. Bravo.

    Ho guardato questo film in una serata in cui il sangue mi si era giù trasformato in popcorn ancor prima di iniziare. Ero pronto a ruttare, ridere sguaiatamente degli sfigati che si affannano a fare risse esteticamente decenti, a prendere per il culo tutti. E invece, tutto sommato, mi sono divertito.
    E alla fine mi sono tirato su il cappuccio....

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