03/02/17

LA LA LAND (di Damien Chazelle)





La la land” è tanta roba! 

È una roba capace di incantarti per due ore filate facendoti stare con la bocca spalancata come un bimbo di Povia, farti venire gli occhi a cuore e scendere i lacrimoni giù per le guance come torrenti a primavera, per poi tirarti un calcio dritto nelle palle – fortissimo – e sussurrarti flebile nell’orecchio una rivelazione che puzza tanto di minaccia: attento amico, perché la vita non è un fottuto musical; ma manco per il cazzo!

È passata una settimana dalla mia prima visione del film di Chazelle, già in concorso al Festival di Venezia, mattatore ai Golden Globe (7 premi) e candidato a un numero record di statuine agli Oscar (14 nomination), ed io, da ‘sta roba qui, devo ancora riprendermi.

Come al solito, SPOILER ALERT assolutamente attivo!

La la land” è un film quasi perfetto. Ha una regia della madonna, capace di citare ed inventare, di rimpiangere e rivoluzionare, di omaggiare e distruggere, in un continuo gioco di riferimenti al cinema della tradizione e di negazione dei loro presupposti ideologici, emotivi ed esistenziali; è un ossimoro; un qualcosa che definisce se stesso attraverso la sua costante negazione. Come spiegare, altrimenti, un film che mentre celebra e cita a memoria Gene Kelly ci racconta il fallimento di un amore con un cinismo degno di Fassbinder?

22/07/16

STRANGER THINGS (di The Daffer Brothers)





Sono cresciuto smanettando a Pitfall sull’Atari e puntaecliccando ogni fottuto pixel di Maniac Mansion sul Commodore; il mio passatempo preferito era  esplorare vecchie case diroccate alla ricerca di tesori abbandonati (mai trovati); ho combattuto feroci battaglie con i libri-game, ma i dadi a mille facce di D&D mi hanno spalancato porte che nemmeno l’LSD a Woodstock durante lo show dei Grateful Dead… ho posseduto una (finta) BMX, con un finto cambio, ma sapevo impennare e sgommare, per cui, tutto sommato, mi sembrava di essere già a buon punto rispetto a quello che la vita aveva di importante da insegnarmi… 

Ho trascorso innumerevoli notti a spiare le stelle, con i miei amici e un binocolo, aspettando – quasi sperando – che si materializzassero scintillanti astronavi rotanti provenienti da altri universi e visitatori carichi di promesse e di avventure...

Se c’è una colpa per tutto questo è che il 1984 (non quello di Orwell) ha coinciso con i mei dieci anni.

Sono cresciuto pensando che l’importanza di un amico sia di gran lunga superiore a quella di un parente. Che l’Amore debba essere qualcosa di travolgente e romantico. Qualcosa che ti cambia la vita. 

Se no, niente!

17/06/16

THE NEON DEMON (di Nicolas Winding Refn)






« La bellezza, invece, è l’unica cosa che conta»

Se mai ci fossero stati ancora dei dubbi, “The Neon Demon” ha sgomberato decisamente il campo: NWR (come si griffa provocatoriamente nel titolo il nostro affezionatissimo, in perfetto stile Yves Saint Laurent) non è quello di “Drive”. Non è neppure più quello dei “Pusher”, se è per questo, ma è un Artista (ancor più che Autore) a tutto tondo, con una sua ben precisa e radicale idea di Cinema, che porta avanti alla faccia di tutto e di tutti. Almeno finché troverà qualche pazzo disposto a produrre film che, al botteghino, continueranno a fare i disastri.

E dire che Refn è un tizio che, volendo, potrebbe fare vagonate di paperdollari, confezionando pellicole fatte su misura per i gusti del pubblico e con un’estetica da far invidia a chiunque. Con quelle immagini, quelle musiche e quella capacità di casting (ditemi quando ha sbagliato la scelta anche solo di una comparsa) gli basterebbe farsi scrivere due crime minimalisti, due melò esistenzialisti e due pulp postmoderni, per fare tombola e vivere da sultano…

Invece Refn se ne sbatte dei gusti del pubblico, delle opinioni dei critici e pure del buonsenso più spiccio. Lui, a suo modo, fa Arte, con tutti i rischi e i pregi che ciò comporta.

01/06/16

THE KNICK (di Steven Soderberg)



La serie, lo sanno anche i sassi, è stata diretta e ideata da Soderberg ed è ambientata nei primi anni del ‘900 all’interno del celebre ospedale newyorkese Knickerbocker, dove uno staff di chirurghi straordinari ed eccentrici ha dato il proprio inestimabile contributo ad inventare la chirurgia moderna. 

La seconda stagione (l'ultima?) ha dimostrato – se mai ce ne fosse ancora bisogno – non solo che il mondo seriale non ha niente da invidiare al Cinema, ma che, quando riesce a raggiungere questi vertici qualitativi, lo sorpassa comodamente da destra dopo averlo sfanalato a distanza e facendogli mangiare pure un sacco di polvere.

"The Knick" rappresenta indiscutibilmente uno dei fiori all’occhiello della programmazione di Cinemax. Ora, molti di voi si chiederanno perché una roba così raffinata e di classe sia finita nel palinsesto di un canale che, pur affiliato ad HBO (SCRRRRRRR), non è certo famoso per le proprie ambizioni intellettuali, quanto per la sua rigorosa ortodossia nell’applicare a tutte le sue produzioni la formula boobs&bullets, che prevede l'alternanza di 1 scena di figa a 2 di legnate per poi ricominciare da capo...

11/04/16

BATMAN VS SUPERMAN (di Zack Snyder)




Pensatela come vi pare, ma io mi schiero decisamente dalla parte di Zack Snyder e del suo film borazzo e crepuscolare. Che pare un ossimoro e invece no!

Con questo non voglio assolutamente dire che “Batman vs Superman” sia un film perfetto o esente da critiche, ma che le sue incongruenze di trama, i suoi buchi di sceneggiatura e le sue presunte deviazioni rispetto a certi canoni prestabiliti sono presenti, più o meno, come in TUTTI gli altri film di genere e del genere degli ultimi 15 anni… quindi, non capisco il perché di tutto questo accanimento e livore verso il lavoro  Zack Snyder, che, se non migliore, non risulta neppure così peggiore rispetto alla concorrenza.

A livello di “tradimenti”, di forzature logiche e di sospensione della credulità, non è che Nolan fosse poi così esente da colpe (sinceramente? chissene!)… quanto a Tim Burton, neanche vale la pena di comninciare... praticamente ha adattato l'universo dei comics al SUO immaginario e al SUO universo. Per non parlare dei prodotti Marvel, che costituiscono un costante allontanamento, aggiustamento e riadattamento dei fumetti originari. Per dire: in “Avangers 2” Cap si mette ad imprecare e Black Widow si dimentica di essere una killer assetata di sangue e langue per la maternità che non conoscerà mai; per sorvolare sul momento “Casa nella prateria” con Hawkeye che si tramuta in hillbilly… Tutto ciò, tralasciando le differenze clamorose rispetto al fumetto, i buchi di trama grandi come il Texas, i personaggi lasciati nel freezer perché – ovviamente – sono troppissimi per farceli stare tutti; c’è addirittura lo sforzo di introdurre argomenti di riflessione e tematiche adulte, come a dire non siamo solo una baracconata coloratissima e pimpatissima, ma possiamo anche giocare a fare i grandi. Prescindendo dai risutati dell'operazione (diciamo alterni), possibile che tutti si incazzino quando DC arranca dietro Marvel e che nessuno si indigni quando succede invece il contrario?

17/03/16

FESTIVI E SERIALI - RASSEGNE DI VORACITÀ TELEVISIVA: TOP OF THE LAKE, tutta la serie > Domenica 20 Marzo 2016 ore 14,00/21,00





FESTIVI E SERIALI - RASSEGNE DI VORACITÀ TELEVISIVA: TOP OF THE LAKE, tutta la serie > Domenica 20 Marzo 2016 ore 14,00/21,00

Ultimo appuntamento della rassegna Festivi & Seriali, la rassegna di Binge Watching organizzata da Serial K - Le serie tv in Radio e Kinodromo, in collaborazione con Radio Città del Capo e Seriangolo.it. 
Top of the Lake, serie neozelandese della pluripremiata regista Jane Campion, prodotta da BBC e Sundance TV che vede tra i suoi protagonisti anche Peter Mullan e Elizabeth Moss, (Golden Globe come migliore attrice).

Un thriller innovativo, ambientato nella splendida natura neozelandese, una detection che ci costringe a fare i conti con l’umanità più densa e primordiale, sempre a cavallo tra Anima e Carne, tra comunità e individualismo, tra violenza sconfinata e amore passionale. 7 episodi ad un ritmo unico, lento e misurato, permeati di atmosfere profonde e inquietanti. Un thriller estenuante che trasuda squallore, orrore e incredibile consapevolezza sulla realtà della natura umana. Un’esperienza tra cinema e televisione senza pari.

03/03/16

LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT (di Gabriele Mainetti)





Sventurata la terra che ha bisogno di eroi, sentenziava quel vecchio saggio di Bertolt Brecht nella sua bellissima “Vita di Galileo”… però, forse, è il caso di aggiungere che, ancora più sventurata, è la terra che non ne ha più bisogno.

L’eroe serve a salvare l’umanità che non riesce, non vuole o non sa farlo da sola. Se fossimo tutti coraggiosi, coerenti e saggi, sicuramente non ci sarebbe bisogno di salvatori della patria ed il mondo sarebbe un posto migliore. Da qui la sventura che nasce dal bisogno di eroi.

Forse.

Però ho anche l’impressione che una società senza eroi sarebbe anche una società estremamente noiosa; sicuramente più efficiente, ma molto meno interessante; certamente più proba, ma anche meno libera; Senza eroi, probabilmente, non ci sarebbe bisogno del coraggio, del sacrificio e dell’altruismo. Se tutto fosse già perfetto… perché sbattersi? Soprattutto, se non ci fosse il male, la stupidità e l’egoismo degli uomini, non ci sarebbe il problema di dover pagare il prezzo che costa scegliere il bene, l’intelligenza e l’altruismo… e se non si sceglie, alla fin fine, si è schiavi.
Non importa quanto siano d’oro le sbarre, stiamo sempre parlando di gabbie.

27/02/16

Festivi & Seriali: BLACK MIRROR




FESTIVI E SERIALI -
RASSEGNE DI VORACITÀ TELEVISIVA

presenta: 

BLACK MIRROR, tutta la serie > 
Domenica 28 Febbraio 2016 dalle ore 14:00

Durata: 2 Stagioni: 6 episodi + Christmas Special
Lingua: Inglese (con sottotitoli)
Autore: Charlie Brooker
Canale: E4
Anno: 2011
Nazionalità: UK
Link IMDB: http://www.imdb.com/title/tt2085059
Ingresso: Gratuito (con tessera AICS obbligatoria)



Black Mirror è il quarto imperdibile appuntamento di Festivi & Seriali, la grande rassegna di serie tv organizzata da Serial K - Le Serie Tv in Radio, l’unica trasmissione radiofonica interamente dedicata alle serie tv, e Kinodromo, con la collaborazione di Radio Città del Capo e Seriangolo.it.  
Occasione unica per godersi su grande schermo una perla assolutamente imperdibile.

26/02/16

OZ (di Tom Fontana)


È il 1997. Ho ventitre anni e intorno a me succedono un sacco di cose strane. Molte brutte. Altre peggio. Altre, chissà, sto ancora cercando di elaborarle...


È l'anno in cui nell'etere rimbalza impunemente "Laura non c'è" di Nek, gli Aqua spopolano col tormentone "Barbie Girl" e Bocelli registra addirittura il disco più venduto dell'anno... Se tre indizi fanno una prova, allora c'è veramente da cominciare a preoccuparsi e iniziare a disegnare pentacoli, sgozzare capretti e immolare primogeniti... e se questo è il livello della musica, meglio far girare i dischi al contrario!


I soliti catastrofisti di fine millennio ne approfittano per uscire dalle grotte e riversarsi sulle strade preannunciando l'imminenza della prossima apocalisse. Cazzo, tra Nek e l'apocalisse forse anch'io sono tentato di tifare la seconda...

Il ventitreenne che è in me, normalmente razionale, scettico e pronto a fasi beffe di qualsivoglia superstizione, fanatismo o religione (che, poi, sono la stessa roba), avrebbe una gran voglia di dire ai Savonarola dell'Armageddon che la smettessero di rompere i coglioni e andassero a lavorare; o, tutt'al più, che andassero a sfogare i malumori prendendo Nek a badilate sulla schiena (che, comunque, è sempre un'attività sana ed estremamente positiva per il sistema cardio-circolatorio)...

Il problema è che nell'aria si respira effettivamente puzza di zolfo.

22/02/16

BLACK MIRROR (di Charlie Brooker)



Black Mirror” costituisce, senza dubbio, una delle serie più innovative del decennio e, sicuramente, anche una delle più inquietanti e disturbanti.

È una serie inglese, antologica e nerissima.

I sei episodi, da cinquanta minuti, che compongono le prime due stagioni sono completamente autonomi tra loro: cast diversi, location diverse, generi diversi. L’unico elemento che accomuna tutte le puntate (alle quali si deve aggiungere un Christmas Special della durata di un’ora e mezzo circa), è quello tematico: la serie costituisce un’ampia, e spesso apocalittica, riflessione sull’influenza e sull’importanza della tecnologia nella vita di tutti noi. Detta così, sembrerebbe una robetta di fantascienza buona solo per i nerd più oltranzisti; in realtà, la fantascienza c’entra solo fino ad un certo punto, dal momento che ogni puntata, oltre a trattare un diverso argomento (elezioni, dinamiche di coppia, elaborazione del lutto), affronta anche un diverso genere, spaziando con grande scioltezza dall’action puro al drama famigliare più cupo, dalla commedia surreale alla satira politica. Molto difficile, quindi, tentare di catalogare una serie così eclettica e sarebbe oltremodo riduttivo, per non dire inutile, cercare di relegarla all’interno di una sola specifica categoria.

12/02/16

TRUMBO (di Jay Roach)


Trumbo”, purtroppo, è solo l’ultima delle grandi occasioni mancate di Hollywood.

Sarà che, per natura, mi fido poco degli Studios, figuriamoci quando devono fare mea culpa e cercare di ripulirsi la coscienza (per giunta, con solo quei 60 anni di ritardo)… tuttavia, a ben pensarci, il biopic di Jay Roach non ha mai realmente avuto grandi chance di riuscire ad elevarsi, almeno di una spanna, al di sopra del livello di semplice marchettona.

Primo indizio: affidare la storia di Trumbo e del maccartismo al regista di “Austin Powers”,”Mi presenti i tuoi?” e “A cena con un cretino” è un po’ come chiedere a Moccia di rifare “Drive” o a Ozpetek di girare il remake di “Querelle de Brest”… difficile farne uscire qualcosa di buono! se poi il film lo fai scrivere allo sceneggiatore di “Lois & Clark” e “The Magicians”, ecco che i leciti sospetti tendono velocemente a trasformarsi in tristi certezze.

08/02/16

THE JINX ( di Andrew Jareki)



Spoiler Alert!!! Spoiler Alert!!! Spoiler Alert!!!

The Jinx” è, semplicemente, la migliore serie che vedrete quest’anno e, probabilmente, anche uno dei prodotti più intelligenti, disturbanti e conturbanti che abbiate mai visto in vita vostra. Perché? Beh, innanzitutto perché è una produzione HBO, il network che, da almeno vent'anni, si contraddistingue  per innovazione linguistica, temi cazzuti e linguaggio ben poco edulcorato.

Secondo, perché la serie co-prodotta, scritta e diretta da Andrew Jareki è talmente avanti che era difficile anche solo provare ad immaginarla... figuriamoci a realizzarla.


"The Jinx", infatti, non solo è stata capace di rivitalizzare un genere (il documentario), trasformandolo da prodotto di nicchia a blockbuster appassionante, ma lo ha fatto rivoluzionandone i codici espressivi, senza tuttavia tradirne in alcun modo lo spirito. Non è esagerato affermare che l'ultima produzione HBO si ponga come apripista a un nuovo modo di intendere il crime e concepire l’intrattenimento televisivo. “The Jinx”, infatti, è riuscita ad intercettare la fascinazione collettiva per il torbido, la passione per le storiacce di cronaca nera, la morbosa curiosità per i delitti celebri (specie se irrisolti) e convogliarle in un prodotto che, pur ricorrendo alla grammatica giornalistica e cronachistica, fosse fortemente ispirato ai codici emotivi e strutturali del crime, del thriller e del procedural.

02/02/16

MAKING A MURDERER (di Moira Demos e Laura Ricciardi)




Making a Murderer, in questo momento, è la serie da vedere. Quella che è sulla bocca di tutti e quella che, se non l'hai vista, non sei nessuno.  E giustamente! perché è una roba che ti colpisce come un calcio nelle palle e t’inchioda alla poltrona come un thriller adrenalinico. 

Invece è un documentario, anche se non di quelli che ti raccontano l’accoppiamento delle locuste o la pesca degli orsi, bensì di quelli che ti sbattono sul grugno nientepopodimeno che la fallibilità del Sistema Processuale e il miraggio del concetto stesso di Giustizia all'interno di uno dei più importanti stati democratici del mondo occidentale: gli Stati Uniti d’America. 


Making a Murderer” è la risposta di Netfix a quel capolavoro, simile e pur diversissimo, che è stato “The Jinx”, che, a mio parere, resta decisamente superiore; anche se la potenza della storia raccontata da Moira Demos e Laura Ricciardi è talmente deflagrante che mette tutti i difetti e le sbavature della serie decisamente in secondo piano.

25/01/16

THE REVENANT (di Alejandro Inarritu)



Premetto che la recensione contiene un sacco di SPOILER; chi non ha ancora visto il film prosegua a suo rischio e pericolo. 

"The Revenant" parte col botto! Le prime due sequenze ho dovuto riguardarle tre volte per poter accettare il fatto che non stavo sognando. La scena dell'attacco indiano è costruita su tre o quattro lunghissimi piani sequenza che ci schiaffano, di prepotenza, al centro dell'azione: inermi rispetto alla furia che ci incalza e del tutto incapaci di comprendere cosa diavolo ci stia venendo addosso. Già, perché piove letteralmente di tutto, da tutte le parti: di fronte e alle spalle, dal cielo e dai lati. Non c'è rifugio, riparo o possibilità di difesa. La scena è lunga e girata con sinfonica precisione. Ma il piano sequenza (diciamo, la somma dei piani sequenza), a 'sto giro, non è solo manierismo stilistico. La riduzione degli stacchi al minimo sindacale non serve solo a farci vedere quanto cazzo è bravo l'operatore di Inarritu e quanto geniale Lubezki. La stessa sequenza, con un maggior impiego del montaggio, avrebbe reso altrettanto bene e, forse, addirittura meglio, in termini di velocità, di adrenalina e di tensione, ma ci avrebbe inevitabilmente portato al di fuori dell'azione. Montare venti scene di corpi che cadono straziati, in successione tra loro, è un modo efficace per raccontare un massacro; ma il piano sequenza di Inarritu ci schiaffa di prepotenza proprio AL CENTRO di quel massacro; Inarritu non si limita a raccontarci un attacco indiano, ce lo fa vivere in prima persona. La macchina da presa diventa l'estensione del nostro sguardo, dei nostri occhi, che non sanno più dove guardare, perché tutto intorno è morte, sangue, deiezioni e lacrime. Ogni movimento di camera diventa un nostro movimento; il movimento di chi non sa più dove andare e dove scappare, perché ad ogni passo, in ogni direzione e in ogni dannato istante qualcuno gli cade di fianco, davanti o di dietro. SIMULTANEAMENTE. Il piano sequenza orchestrato da Inarritu e Lubezki ci mostra che la testa di tizio esplode a dieci centimetri dalla mia; che caio, un istante dopo, viene trafitto subito dietro le mie spalle; mentre tutto intorno a me brucia, esplode e viene avvolto dal fumo degli spari. La gente muore-combatte-lotta-cade-e scappa da tutte le parti CONTEMPORANEAMENTE e la mancanza di stacchi di camera ci affonda con tutto il peso della durata dell'attacco, ci restituisce un senso di caos primordiale e ci rende inermi perché incapaci di organizzare lo sguardo. Non sono solo le pugnette di chi si sente il più bravo della classe. E' Cinema, signori miei, nella sua più alta espressione.

21/01/16

FESTIVI E SERIALI: DEAD SET

Ed ecco il primo imperdibile appuntamento:

FESTIVI E SERIALI - RASSEGNE DI VORACITÀ TELEVISIVA: Dead Set, tutta la serie > Giovedì 21 Gennaio 2016 ore 20,00/23,00

Durata: 1 Stagione - 5 episodi - 135’
Lingua: Inglese (con sottotitoli)
Autore: Charlie Brooker
Canale: E4
Anno: 2008
Nazionalità: UK
Ingresso: Gratuito (con tessera AICS obbligatoria)

Festivi e Seriali - Rassegne di Voracità Televisiva

Sono lieto di invitare tutti voi e tutti i vostri amici a "Festivi e Seriali - Rassegne di Voracità Televisiva", Festival che sono stato orgoglioso di organizzare assieme a tutti gli amici e colleghi di "Serial K - Le serie TV in Radio". Spero partecipiate numerosi. Vi aspettiamo. Ecco le informazioni di base: 





FESTIVI E SERIALI - RASSEGNE DI VORACITÀ TELEVISIVA > Dal 21 Gennaio al 20 Marzo

11/01/16

THE HATEFUL EIGHT (di Quentin Tarantino)





Tarantino torna nelle sale con "The Hateful Eight", che riesce ad essere, al contempo, titolo, manifesto e perfetta sinossi del suo ultimo lavoro. Come già fece il sommo Fellini, il ragazzaccio di Knoxville titola la sua ultima fatica con un numero, l'otto appunto, a cui si sente in dovere di appioppare l'aggettivo "hateful", tanto perché non vi siano equivoci in ordine al mood generale. Eight, dunque, perché trattasi dell'ottavo lungometraggio della sua brillante filmografia ed hateful perché, tra tutti, è sicuramente quello - almeno nelle intenzioni - potenzialmente più indigesto. Ma hateful eight, come detto, costituisce anche il perfetto sunto della pellicola, dal momento che, "otto bastardi", sono anche l'unica cosa di cui il film parla; già, perché le tre ore abbondanti di proiezione non servono per articolare una storia, per dare corso ad un complesso intreccio narrativo o per sviluppare una trama, bensì - molto semplicemente - per mettere otto brutti ceffi nella condizione di trovarsi, tutti insieme, rinchiusi in un capanno in mezzo al nulla, mentre fuori imperversa una terribile tormenta di neve. Fine del film. Ovviamente, c'è una ragione che li ha portati tutti lì e ci sono pure un paio di twist e una gran bella metafora. Ma quello che conta, l'unica cosa che interessa veramente a Tarantino, sono gli otto bastardi.

E non c'è dubbio che i nostri protagonisti siano veramente tali: ognuno di loro si prende tutto il tempo per entrare in scena, presentarsi ed offrire il peggio del proprio campionario umano. Ognuno di loro è, fin da subito, programmaticamente volgare, violento, aggressivo, spietato, razzista e subdolo. Ognuno rappresenta il peggio di sé e della propria specie, sia essa ideologica, sessuale o razziale. Nessuno cerca di dissimulare la propria orrenda natura (semmai, dissimula i propri fini); anzi, sembra quasi che ciascuno di loro provi una sorta di perverso piacere a mostrarsi agli altri protagonisti (così come agli spettatori) in tutta la propria assoluta nefandezza.

Quindi, mettetevi belli comodi perché va in scena "l'ottavo odioso" (nel senso del film), che racconta di "otto stronzi" (nel senso della trama).

04/08/15

TERMINATOR GENISYS (di Alan Taylor)



Certo che è veramente dura riuscire ad inventarsi ancora qualcosa di nuovo all’interno di una saga partita come un b-movie da quattro soldi, con un protagonista all’epoca famoso solo per i muscoli marziani e il nome impronunciabile e, per giunta, basata su DUE idee talmente balzane da non valer nemmeno la pena di provare a fingere che potessero avere un senso…

Il successo mondiale del primo “Terminator”, date le premesse, era assolutamente non preventivabile: mezzi modesti, interpreti mediocri e una sceneggiatura con buchi logici grandi quanto il Grand Canyon.

Col senno di poi, tutti bravi a dire che però c’era dietro il genio di Cameron (che ha il merito di averci creduto un casino) e il carisma di Schwarzenegger (rivelatosi uno dei più imprescindibili interpreti del cinema di genere delle successive due generazioni). Ma, col senno di poi, non vale. Nell’anno del signore 1984, il primo era praticamente al suo esordio (in curriculum aveva solo la regia di “Piranha - Paura”, pellicola divertente, ma non certo fondamentale nella storia del cinema); il secondo, invece, vantava una quindicina d’anni di mediocri comparsate e la sua carriera di attore, a parte il ruolo di Conan (in cui brillava decisamente più per i volumi dei deltoidi, che per l’intensità della recitazione), non aveva certamente lasciato alcun segno tangibile. 

20/05/15

MAD MAX - FURY ROAD (di George Miller)



Grazie a dio sono ateo. Perchè da oggi, come San Paolo sulla Via di Damasco, conosco il significato della conversione, so cosa significhi avere un credo, abbracciare una fede, avere una religione a cui ubbidire e una divinità a cui guardare misericordioso.

Il credo è racchiuso nel calore del deserto senza fine, nell'odore di benzina e ottani, nel sapore metallico di droghe sintetizzate al cromo e nella velocità come unica discriminante tra la vita e la morte.

La religione è la strada, che corre per lande desolate e devastate.

E gli avvoltoi sulle case sopra la città.. senza pietà!

Il mio dio ha un nome e un cognome. George Miller. Ed è australiano.

Grazie a dio non sono nemmeno un giovane regista con un paio di film alle spalle.
Per carità, massima stima per chi esercita professionalmente la settima arte, ma non invidio affatto chi si è svegliato la scorsa settimana ed ha scoperto di averle buscate di santa ragione da un vecchio di SETTANT'ANNI che tutti davano prematuramente già per morto da un pezzo e che invece si è preso la briga, dopo aver inventato un intero immaginario dell'apocalisse post atomica, di prendere per un'orecchia gente che poteva essere coetanea dei suoi nipoti e che per quarant'anni non è riuscita a fare nulla di meglio che scopiazzare qua e là gli emuli dei suoi lavori e dimostrare loro di non aver mai veramente capito un cazzo della lezione originaria.

L'aria... si incendiò...

11/05/15

TOP OF THE LAKE (di Jane Campion)




Interessantissima miniserie del 2013 scritta e diretta dal regista premio Oscar Jane Campion ("Lezioni dipiano"; "Holy Smoke") e girata interamente nella meravigliosa Nuova Zelanda.

Tutto ruota intorno alle indagini originate dalla sparizione di una ragazzina di dodici anni, incinta, e alle reazioni dei pericolosi e bizzarri abitanti del luogo.

All’inizio si è speso molto il nome di “Twin Peaks” e si è giocato all’accostamento con il capolavoro di David Linch. In realtà, a parte l’intento dichiarato di svelare cosa si nasconda dietro quello che sembra essere un vero e proprio paradiso in terra (nel caso di "Twin Peaks", la mitizzata campagna rurale americana; in questo caso, la verde terra di mezzo, patria di elfi e hobbit), manca del tutto l’aspetto fantastico, onirico e mistery che caratterizzava invece l’opera di Lynch.

La serie, tuttavia, è veramente ben scritta, girata da dio e fotografata anche meglio. Gli strepitosi paesaggi neozelandesi fanno da contraltare alla natura selvaggia e crudele degli abitanti che popolano il villaggio di Laketop e le coste del gigantesco e scenografico lago Tui, la cui inquietante presenza lo rende quasi un vero e proprio protagonista della serie. Tipo “Les Revenant”, per intenderci…

Loschi affari, mitologie ataviche, crimini violenti, boschi sconfinati, bizzarri frikkettoni, laghi misteriosi, pazzi criminali, rabbia repressa, sessualità deviata e bellissime terre selvagge, sono gli ingredienti di una detection che muove dalla semplice sparizione di una bambina e arriverà a svelare i tremendi retroscena di una comunità piena di segreti, fantasmi e scheletri nell’armadio: violenza domestica, misantropia, inefficienza e corruzione delle forze dell’ordine, malavita organizzata e perdita definitiva di ogni innocenza completano degnamente il quadro.