04/09/13

ANA ARABIA (di Amos Gitai)



Gitai gioca a fare Sokurov realizzando un film costruito su un unico piano sequenza di un'ora e mezzo che racconta, in tempo reale, l'esperienza di una giornalista tra i vicoli di un vecchio quartiere di Haifa. 
Attraverso le parole degli abitanti del quartiere, affiorano ricordi dolorosi, fantasmi del presente e del passato, racconti mitologici...  
Gitai si dimostra più accomodante e meno spietato del solito; la scelta stilistica, pur sensata sul piano narrativo, non risulta particolarmente efficace. La macchina da presa si muove abbastanza a caso per tutto il film (ed allora dov'è la mano del regista?). Solo negli ultimi tre minuti, Gitai si ricorda di non essere un turista in gira, ma un'autore di cinema e regala un movimento di camera degno di questo nome. Un po' poco.
Yuval Scharf, veramente bellissima, è legnosa come una quercia. 
Nulla di eclatante, ma comunque interessante. 
Compitino.

VOTO: 6

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