19/09/13

ATTACK THE BLOCK (di Joe Cornish)





Che è un po’ come dire: Black Aliens vs. young niggaz…

Allora, se decidi che il tuo primo film, quello che hai sognato per una vita, quello con cui vuoi presentarti al mondo, quello che segnerà il tuo destino di regista, avrà per sinossi bastardi alieni contro ragazzini negri (perché il politically correct si fotte nel culo!), ci sono due scenari limite: 1) sei un completo demente! e per quanto tu sia stato lecchino, adulatore e schiavo della peggio gente del pianeta, non ti meriti comunque l’opportunità di girare e stai seriamente sprecando la tua vita ed attentando il nostro tempo; 2) oppure sei un genio, uno che è avanti vent’anni sui tempi, uno che ha veramente capito tutto e noi dobbiamo solo guardarci il film e starcene zitti. Muti. Cercando, se possibile, di imparare qualcosa.

La verità, come spesso avviene, sta nel mezzo. Con grande sincerità, non posso affermare che Cornish sia un genio; non posso scommettere che riuscirà a vincere anche la prossima scommessa; non posso dire che il suo film d’esordio sia perfetto e degno dell’hall of fame… tuttavia, mi sento libero di affermare che l’esordiente regista inglese non è affatto un deficiente e che è stato capace di trattare una materia potenzialmente maleodorante e molle con una solidità ed un rigore veramente raro, tenuto anche conto dei pochi mezzi materiali ed umani a disposizione.


Adoro Carpenter; adoro i film di ambientazione notturna e metropolitana, meglio se in contesto periferico e disagiato; mi esalto nel clima dell’assedio; mi intrigano da matti i film i cui eroi ne farebbero anche volentieri a meno… Riddick, per dirne uno, mi ha fatto letteralmente impazzire al suo esordio (“Pitch black”, e non quella merda del suo seguito) proprio perché il personaggio interpretato da Vin Diesel non solo non era un eroe, ma era esattamente il suo opposto. Era IL cattivo. Era quello da temere. Per questo funzionava da dio quando, di fronte al manifestarsi di un pericolo peggiore di lui, gli toccava farsi carico della situazione e venirne fuori. Perché gli eroi-loro-malgrado non fanno le solite cazzate di rischiare di mandare tutto a culo per salvare un tipo che fino a quel momento era solo un peso e pure uno stronzo… ma proprio per niente! Riddick, se ne frega altamente di te, dei tuoi problemi e delle tue paure… se riesci a stargli dietro – forse – potrai salvarti… altrimenti crepa! Tutto ciò, ribadisco, rende la sceneggiatura molto più intelligente e credibile e, soprattutto, evita quei momenti topici (che rovinano un sacco di potenziali buoni film) in cui l’eroe abbassa l’arma per salvare la tipa in pericolo… nel mondo vero, a quel punto, l’eroe è morto. Ed anche la tipa! PUM! Finito! Colpo in fronte! Ed invece, nel mondo della celluloide, l’eroe riesce comunque a farcela perché il mondo dell’eroe obbedisce a semplicissimi e prevedibili regole karmiche che rendono i film potenzialmente buoni dei film effettivamente stupidi!


Ora, non sto dicendo che sia assolutamente necessario che l’eroe sia proprio un bad-ass; solo che non deve crederci troppo e non deve farsi troppo il viaggio… prendete McClane… lui, forse, la pistola la abbasserebbe pure, perché poi non è così cattivo, ma ci sta simpatico lo stesso perché a lui, di salvare il mondo, proprio non importa una fava… quello che piace a McClane è far saltare i piani dei cattivi, rompergli le uova nel paniere per poi schernirli al grido di “Yippee ki-yay pezzo di m…”.

Ecco, questi sono i miei eroi… gente tosta; gente dura; gente che non sono io, perché io, sicuramente, abbasserei l’arma uccidendo – contemporaneamente – sia me che la bella in pericolo.

Tutto questo per dire che gli eroi di “Attack the block” sono tutt’altro che bella gente: ragazzini neri dei sobborghi popolari a sud di Londra… roba che se entri nel loro radar è meglio avere il teletrasporto, la velocità della luce o essere preparati a tirare fuori il portafoglio e ad abbassare lo sguardo! Il film gioca ed amplifica questo stereotipo fin quasi ad elevarlo al rango grottesco della caricatura… non siamo in un film di Loach o di Frears… non si vuol redimere nessuno e non si vuole fare la solita retorica del "poveri buoni"… Il ghetto non viene antropologicamente studiato, ma viene urbanisticamente sfruttato come una straordinaria scenografia.

Mettetevela via! Cornish non vuole menarcela e non ha interesse a raccontarci un cazzo di serio. Cornish vuole divertirsi e divertirci con un purissimo film di genere che riesce, pur essendo costato quattro lire, anche ad essere leggermente innovativo.
La novità della situazione origina dal fatto che il regista inglese riesce a mescolare abilmente generi e temi assai diversi tra loro (pur abusati) con una estrema naturalezza ed una inaspettata efficacia. Quanti film di invasioni aliene abbiamo visto? E quanti film su ragazzini violenti figli di quartieri popolari e famiglie disfunzionali? Quante pellicole sul sottoproletariato inglese? Quanti film horror? Quanti film d’azione? Quanti film di amicizia e avventura? Il grande merito di Cornish è quello di aver preso tutti questi temi, generi e topoi e averli amalgamati insieme in un unico prodotto che non abbassa mai il livello del ritmo e del divertimento. Quando c’è da ghignare, si ghigna; quando c’è da bussare, si bussa; quando c’è da andar giù duro, si va giù duri come dei fabbri! Questo mi piace: di solito, queste operazioni finiscono per essere dei collage di situazioni tipo, viste nella loro accezione più soft e stereotipata e, quindi, del tutto prive di ogni significato o interesse. Al contrario, in questo film, ti viene sempre da credere a tutto: credi alla rabbia ed alla pericolosità dei ragazzini; credi alla paura della giovane che viene derubata; credi alla minaccia delle creature aliene; credi all'improbabile allenza vittima/carnefice; credi alla madness insita nelle coree suburbane londinesi le cui strade sono in mano a gang di cinnazzi e le case piene di fatturioni allucinati.

Come detto, Cornish sceglie i propri eroi tra un branco di stronzetti neri che per hobby derubano e terrorizzano ogni povero cristo che incrociano… e questa scelta funziona da dio, perché, come detto, ci risparmia un sacco di stupidaggini di trama.

L'ambientazione da ghetto, inoltre, è assai interessante perché dimostra come qualunque cosa possediamo, anche la più infima e la più detestabile, può diventare un bene da proteggere nel momento in cui ci viene minacciata… a livello teorico, a quei ragazzini non dovrebbe importare assolutamente una cippa dell’invasione aliena… ma dai, vuoi davvero prenderti il buco fetido in cui vivo…? prego, tutto tuo!!! E invece no! Alla minaccia si risponde per le rime. All’offesa si risponde con il sangue. Questo vale un po’ ovunque, ma il ghetto rende tutto ancora più plausibile. Ribadisco, Cornish sta girando un film di genere e, per i suoi fini, l’ambientazione gangsta del ghetto funziona sicuramente meglio di quella borghese delle villette Tudor. Non c’è niente da fare: stereotipi e luoghi comuni (nonché una certa sana dose di razzismo), funzionano sempre. L’importante è che l’intento forzatamente grottesco non si trasformi mai in lettura politica. Altrimenti va’ tutto in vacca.

I Goonies, questa volta, non devono trovare l’oro di Willye l’Orbo per salvare il quartiere di merda in cui vivono… devono combattere gli alieni e prenderli a mazzate sui denti (che sono l’unica cosa visibile degli stessi, per il resto completamente neri).


Ripeto, potrebbe sembrare la trama di un film della Troma (scusate lo scioglilingua), ma la verità è che il film funziona da dio, scorre morbido come il velluto e liscio come l’olio. I giovani teppisti sono uno spasso… sono talmente credibili che si vede lontano un miglio che non stanno semplicemente recitando una parte imparata a memoria sul copione… onore, comunque, a Cornish perché non è mai facile sbattere qualcuno davanti ad una macchina da presa e farlo rimanere se stesso.

Un ultimo appunto sugli alieni: in giro non sono stati oggetto di unanimi consensi; personalmente, mi sono piaciuti un sacco e l’idea di questi esseri completamente neri (oltre che una funzionalissima ed evidente furbata di budget) contribuisce a creare qual clima surreale di razzismo nel razzismo. Come dire: cosa c’è di più pericoloso di un ragazzino nero di South London? Un alieno nero coi denti fosforescenti… youknowhatimean!??!?





GIUDIZIO SINTETICO: "Secondo me il governo ha creato quei mostri per ammazzare i neri". Questo il climax, sintetizzato da una delle battute più felici del film! Aggiungete un buon ritmo, ragazzini strepitosi che parlano come se avessero una marmitta Pollini sbragata al posto della carotide e mostri alieni incazzosi neri come la pece ed avrete uno dei vostri film d’azione dell’anno (“The Raid redemption” naturalmente, corre in un campionato a parte).

VOTO: 7- 

QUALUNQUE COSA NE PENSIATE, NON LIMITATEVI A PENSARLA... SCRIVETELA QUI SOTTO E CONDIVIDETELA!!!  

 

1 commento:

  1. Ho adorato
    Lo slang: questo film va visto in lingua originale!!!
    I bambini Caos e Problema con la benzina nel fucile
    Gli alieni neri: piu' neri del nero
    Il ragazzetto che rimane bloccato nel bidone, ha un po' di credito nel telefono e deve avvertire tutti
    Il fatto che nel film tutta la vicenda sembri normale pur essendo assolutamente extra-ordinario

    RispondiElimina