01/06/16

THE KNICK (di Steven Soderberg)



La serie, lo sanno anche i sassi, è stata diretta e ideata da Soderberg ed è ambientata nei primi anni del ‘900 all’interno del celebre ospedale newyorkese Knickerbocker, dove uno staff di chirurghi straordinari ed eccentrici ha dato il proprio inestimabile contributo ad inventare la chirurgia moderna. 

La seconda stagione (l'ultima?) ha dimostrato – se mai ce ne fosse ancora bisogno – non solo che il mondo seriale non ha niente da invidiare al Cinema, ma che, quando riesce a raggiungere questi vertici qualitativi, lo sorpassa comodamente da destra dopo averlo sfanalato a distanza e facendogli mangiare pure un sacco di polvere.

"The Knick" rappresenta indiscutibilmente uno dei fiori all’occhiello della programmazione di Cinemax. Ora, molti di voi si chiederanno perché una roba così raffinata e di classe sia finita nel palinsesto di un canale che, pur affiliato ad HBO (SCRRRRRRR), non è certo famoso per le proprie ambizioni intellettuali, quanto per la sua rigorosa ortodossia nell’applicare a tutte le sue produzioni la formula boobs&bullets, che prevede l'alternanza di 1 scena di figa a 2 di legnate per poi ricominciare da capo...
Avete presente “Banshee” e “Strike Back”...? roba divertentissima e trashissima che nutre i nostri cuori di sbarbi, ma che è pure lontana anni luce dalle ambizioni del network che le fa da severo e più maturo fratello maggiore. Ebbene, le ragioni della scelta le ha spiegate lo stesso Soderberg, il quale, in una intervista, ha onestamente dichiarato di aver preferito Cinemax (chiamando lui stesso il Presidente di HBO, Michael Lombardo, per convincerlo della bontà della cosa) esclusivamente “per questioni di ego. Volevo essere il  ragazzo grosso che comanda nel cortile della scuola piccola”.

C'ho un ego grosso così...

Cinemax non solo ha ringraziato, ma ha dimostrato di volerci credere di brutto, lasciando totale libertà artistica al regista di "Sesso, bugie e videotape" e buttando nel progetto camionate di paper-dollari. Il risultato è un dramma di rara bellezza, caratterizzato da costumi semplicemente spettacolari, una cura maniacale nelle ambientazioni e nelle scenografie, un cast azzeccatissmo e un protagonista da Blockbuster nel suo ruolo-carriera... la ricostruzione storica della New York di inizio ‘900, poi, è a dir poco incredibile.

Probabilmente, “The Knick” non sarebbe esistita senza roba come “Dr. House” o “Mad Men” a precederla: medici burberi e geniali, ambientazione storica maniacale, dress code della madonna e il politicamente scorretto come filosofia di vita. Ma Soderberg non si è limitato a copiare bene. A cominciare dalla regia, che è sempre a livelli altissimi e che, forse, costituisce uno dei suoi vertici dai tempi di “Traffic”: secca, glaciale, pulita. Piani sequenza (bellissimi) e stacchi di montaggio sempre al servizio della storia, mai gratuiti. Anche la fotografia è superba, con un'alternanza di luci calde e fredde estremamente evocativa delle varie vicende narrate e che è un po' il marchio di fabbrica dei migliori lavori di Soederberg (vi ricordate "Traffic"? con le luci caldissime e giallissime del deserto e quelle ciano e glaciali della città?).



Grandissime anche le scelte di cast: Clive Owen, che non ho mai sopportato, interpreta il ruolo della vita e lo gestisce con una classe cristallina: il suo è un personaggio difficilissimo. È un astro della chirurgia, ma è tormentato da mille demoni. È impertinente, caustico, bastardo, sornione, supertossico e geniale. È un puttaniere impenitente, un maschilista sciovinista e, soprattutto, un razzista convinto. Owen riesce a viaggiare costantemente un passo sopra le righe e due sotto la farsa. Ma non sbaglia mai. Semplicemente, magnifico!! Con quel baffetto, poi… Tra l’altro il suo personaggio è ispirato ad un vero chirurgo di quegli anni, tale William Stewart Halstedt. Uno che, per dire, si è inventato i guanti di lattice, la mastectomia, le tecniche della trasfusione e mille altre cose, oltre ad aver fondato la Johns Hopkins... Non certo l'ultimo dei cretini! A proposito di tecniche di trasfusione, Halsted, in una occasione, risucì a salvare la vita alla sorella sparandole trasfusioni del proprio stesso sangue direttamente in vena con una siringa. L'essare un assiduo consumatore di morfina e dipendente dalla cocaina, probanilmente, aiutava l'estro del dottore e ne abbassava la soglia di prudenza. Comunque, un genio!

Ma tutti gli attori sono assolutamente all’altezza. Quello che sicuramente ha contributo, oltre alle indiscusse capacità recitative, è l’estrema bravura degli autori e l’immenso lavoro di scrittura degli sceneggiatori (Jack Amiel e Michael Begler). Per non parlare della superlativa fotografia e del montaggio pazzesco, entrambi curati dallo stesso Soderberg accreditato nei tioli con due pseudonomi (Peter Andrews per il primo ruolo e Mary Ann Bernard per il secondo). Raramente ho assistito ad uno show in cui i personaggi sono così dannatamente ben costruiti. Mi viene in mente “The Wire”, “I Soprano”, “Braking Bad”, nomi scomodi, insomma, con cui confrontarsi. Prendete i personaggi della suora-abortista e del barelliere-commerciante di cadaveri (forse la mia supercoppia preferita ever!!!): il tempo complessivamente loro dedicato non supera i trenta minuti nell’arco delle prime 10 puntate. Ma è più che sufficiente per sviscerarne le debolezze, mostrarne le meschinità, spiegarne i moventi, delinearne le contraddizioni e farne emergere l’umanità. Nessun personaggio sta in scena un secondo in più di quello che serve. Qui non succede mai che tu ti chiedi dove cacchio sia finito quel tizio che, pur apparendo a caso per sei puntate di fila, all'improvviso sparisce per quattro episodi senza ragione e senza lasciare traccia di sé; così come non succede che tu ti chieda chi cazzo sia quell’altro tizio che, dopo esser stato intravisto nel pilot, ricompare nell’ultima puntata, solo perché qualcuno si è accorto che nel suo contratto erano previste tre scene e non due. Gli ottimi interpreti, è bene ribadirlo, aiutano a non mandare alle ortiche tutto questo ben di dio. 


The Knick”, dicevamo, ha ispirazioni illustri, ma non è esclusivamente derivativo. È un “medical-drama” a tutti gli effetti, ma le chiacchiere in corsia, gli amorini e i dottori col ciuffo stanno a zero. È un “historical-drama” raffinatissimo, che non si accontenta della maestosa messa in scena e che non si esaurisce in una grande sfilata di moda e in una passerella di begli accessori.

The Knick”, insomma, è uno show adulto, duro, cattivo e molto poco ruffiano: la politica è un gioco sporco, la sanità è un business, l’umanità fa schifo e l’altruismo è solo la faccia pulita dell’ego. I medici sono delle gran cartole, salvano vite compiendo miracoli e si inventano robe che neanche McGyver... però, allo stesso, tempo, ci sono volte che la loro dedizione e il loro amore per la medicina, più che ad Ippocrate, pare ispirato a Narciso.
Soderberg non indora mai la pillola e, quando c’è da colpire, lo fa nel modo più duro: senza preavviso e senza pietà. Le immagini non sono solo bei quadri, ma spesso sono estremamente toste, violente, macabre. E la loro violenza, badate bene, non è quella iperrealistica di Tarantino o iper-fumettosa come nelle altre produzioni Cinemax


Qui si aprono budella che neanche al Carnevale del quinto quarto e si naviga nelle interiora che sembra di stare alla Vucciria... solo che il punto di vista è quello delle stigghiole che colano grasso sulla griglia. Vi sfido a trovare in giro uno show altrettanto disgustosamente gore e meravigliosamente splatter (altro che “The Walking Dead”). Astenetevi dal guardare “The Knick” mentre mangiate la pizza, perché il vostro divano buono potrebbe non apprezzare…



Qui ci si droga a strafottere. E non perché fa tanto poeta francese, ma perché è dura reggere il peso di costruire il futuro della medicina sui cadaveri dei pazienti: i danni collaterali, per ogni passo avanti della scienza, sono i corpi straziati e martoriati di tutti quelli che non ce l’hanno fatta. E sono tanti. Troppi.


Non sono un poeta francese...
Qui le pari opportunità e il romanticismo fanno rima con puttane e con razzismo.
Non vi aspettate sorrisi a trentadue denti, carezze e occhi a cuore. L’amore c’è, ma è sempre doloroso, sofferente e problematico. Ed è molto più facile appagare l’esigenza bestiale ed istintiva con una sana scopata a pagamento, piuttosto che affrontare le sfide e gli impegni imposti da Eros.

Il tema del razzismo, poi, è uno dei temi portanti e dominanti: Soderberg, scegliendo un protagonista come il dr. Thackery, ha avuto il coraggio di schiaffare in faccia all’America puritana e buonista il più doloroso ed odioso dei suoi fantasmi. Proprio quando gli Stati Uniti stavano cominciando a fare timidamente i conti col proprio passato di Razzismo e Schiavitù (pensate a “Django” di Tarantino, “12 anni schiavo” di McQueen e l’imminente reboot di “Radici), ecco che arriva Soderberg a dirti che i razzisti NON erano solo dei brutti cattivoni figli di puttana, ma anche dei brillanti medici, degli intellettuali raffinati e dei bravi padri di famiglia. BUM!!! Addio operazione coscienza pulita.
Personalmente, ritego che questa scelta sia una delle più coraggiose e intellettualmente oneste cui ho assistito negli ultimi anni.



The Knick” è un dramma umano, esistenziale, filosofico e culturale. Mette in scena l’ossessione degli uomini per il lavoro, per i soldi, per il sesso e per la droga. In una parola, è uno dei più sinceri ed inquietanti affreschi del Novecento: un secolo segnato da guerre sanguinose, innovazioni scientifiche straordinarie, ricchezze diffuse, scontri razziali e rivoluzioni sessuali. 

The Knick”, più o meno velatamente, ci ha rappresentato tutto questo attraverso storie di uomini e di donne che diventavano paradigma di tutte le tensioni e le pulsioni del loro tempo. Così, John Thackery, il personaggio interpretato magistralmente da Clive Owen, incarna l’ùbris di intere generazioni di scienziati che, sfidando le leggi della natura e lanciando il proprio guanto di sfida a dio, hanno anticipato il Futuro e inventato la Modernità. Volontà di potenza e sete di conoscenza sono stati i motori che hanno spinto l’uomo oltre le colonne d’Ercole dei limiti naturali e delle convenzioni sociali, portando doni tanto meravigliosi, quanto inquietanti e devastanti: dalla bomba atomica alla clonazione, dai viaggi spaziali alle intelligenze artificiali. Ecco! Thackery rappresenta l’ansia da prestazione di un secolo che non poteva fermarsi e che non sapeva accontentarsi. (SPOILER ALERT) Il suo viaggio, come tutti i grandi viaggi, finirà per rivolgersi verso e dentro se stesso, in un finale di stagione che sconvolgerà per livello di delirio e crudezza, ma che costituisce la più degna celebrazione di un uomo talmente ossessionato dall’onnipotenza della Scienza da diventarne, felicemente, sua vittima consapevole. L’immagine di Thackery moribondo, al centro del teatro anatomico, che osserva estasiato le proprie viscere allo specchio, costituisce uno dei ritratti più violenti e meglio rappresentativi dell’Uomo Moderno, incantato dai meravigliosi orrori e dai terrificanti splendori che è riuscito a produrre con la sua brama di farsi dio (FINE SPOILER).



Ogni personaggio della serie è costantemente in lotta: chi per la propria emancipazione (Cornelia), chi per il successo (dr. Everett), chi per la libertà (suor Harriet, ma anche il dr. Algernon) o per il proprio riconoscimento sociale (il corrotto Barrow o l’arrampicatrice sociale Lucy, figlia di Bonovox). Non c’è un singolo personaggio che sia soddisfatto di sé e di quello che ha. Ed anche questo è estremamente rappresentativo di un secolo che ha fatto dell’ambizione e dell’insofferenza a tutti i limiti (sociali, culturali, artistici, scientifici o morali) il proprio tratto distintivo.

Il tema centrale della seconda stagione di "The Knick" è quello della dolorosa presa di coscienza e auto-definizione del sé: siamo quello che ci impone la famiglia, la religione, la nascita e le convenzioni sociali, oppure quello che ci conquistiamo con sangue, sudore e lacrime? Il problema è che la realizzazione del sé non è affatto un pranzo di gala: come ogni progresso medico passa attraverso decine di errori e di orrori, così ogni piccolo passo verso l’emancipazione, l’uguaglianza e la dignità passano attraverso sforzi indicibili e battaglie feroci. E anche per scorciatoie immorali e spesso odiose.


The Knick” racconta la fine di un’era (l’antiquata aristocrazia nobiliare) ed il trionfo dei nuovi scalpitanti valori borghesi, vincitori di una lotta di classe senza esclusione di colpi, le cui armi sono state la fiducia nella scienza, la tensione verso l’emancipazione e l’uguaglianza sociale, ma anche la corruzione, l’arrivismo, l’ambizione e l’avidità più sfrenata. “The Knick” ha raccontato il Bene e il Male di un intero secolo, intimamente e forse necessariamente interconnessi l’uno all’altro, come in un nastro di Moebius senza fine. 
Forse è vero che il progresso è creato dalle migliori intenzioni dei peggiori uomini.

"The Knick" è un ossimoro continuo: è bellezza e mostruosità, è progresso e barbarie, è lucidità e follia. La Scienza Medica che salva vite è la stessa che legittima le dottrine eugenetiche che, di lì a pochi anni, bagneranno l’Europa col sangue di milioni di uomini. Non c’è un aspetto, un personaggio o una singola situazione, in "The Knick", in cui questo dualismo non sia sempre drammaticamente presente. Anche a livello tecnico: se le immagini appagano gli occhi grazie ad una maniacale ricostruzione del passato, fotografata con struggente bellezza, la colonna sonora di Cliff Martinez stordisce invece di note acide ed elettroniche, aliena con sonorità malate e ossessive, come volesse proiettare i protagonisti verso un Futuro che, se ancora non riuscivano a vedere, già potevano sentire arrivare.

La giornata tipo!
Se nella prima stagione Soderberg si è “limitato” a mettere in piedi le basi di un meraviglioso dramma, nella seconda ha prodotto un vero e proprio capolavoro: tutte le storie hanno avuto la loro degna evoluzione e la loro perfetta conclusione. Non si sa se ci sarà un rinnovo per una terza stagione, che sembra essere stata opzionata da Netflix. In teoria, potrebbe chiudersi perfettamente qua. Ma come potremo farne a meno…? 



GIUDIZIO SINTETICO: Serie clamorosa per messa in scena, scrittura, ricostruzione storica, recitazione, musica e fotografia. Una parabola amarissima e lucidissima dell'intero '900 e una delle più brillanti e meglio riuscite produzioni seriali del decennio. CAPOLAVORO

VOTO: 9 ½ perché 10 si da solo a The Wire… ma ci andiamo veramente vicini





P.S:

Di "The Knick" abbiamo abbondantemente parlato anche alla trasmissione radiofonica "Serial K - Le serie TV in Radio", l'unica trasmissione radiofonica italiana dedicata al mondo delle serie tv. La trasmissione è curata da Tommaso Gavioli, Giulio Muratori, Dodi Germano, Eugenia Fattori e, naturalmente, dal sottoscritto vostro affezionatissimo e va in onda sulle frequenze di Radio Città del Capo (94.700 e 96.325 MHz) ogni lunedì dalle 20:30 alle 21:30.

I posdcast delle due puntate medical nelle quali abbiamo parlato di "The Knick" sono recuperabili sulla nostra pagina di mixcloud: 

- Episodio 2x01 - Milano ruba, il medico ricetta (https://www.mixcloud.com/Serial_K/ep-01-s-02-serie-medical-e-de-dottori-milano-ruba-il-medico-ricetta-serial-k/)

- Episodio 2x18 - Scherzi a parto (https://www.mixcloud.com/Serial_K/serie-medical-dottori-diagnosi-e-amorini-scherzi-a-parto-serial-k-s02e18/)









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