27/05/13

BATTLESHIP (di Peter Berg)





Perchè? Perché sprecare parole, tempo ed energie per una minchiata galattica come “Battleship”…?
Forse perchè l'altra sera non avevo niente di meglio da fare che vedere sta roba qui e perché non avrei più potuto guardarmi allo specchio se mi fossi lasciato scappare l’occasione di parlarvi di un film, di oltre due ore, ispirato alla battaglia navale. Quella da tavolo!
No! Giuro! non dico cazzate! Qualcuno ha veramente bussato agli studi della Universal dicendo che aveva avuto una visione: un blockbuster rumorosissimo con gli ufo rotanti, le astronavoni spaziali, e.t. telefono casa, un sacco di esplosioni, i giovani marines, i vecchi marines, Rihanna e pure Liam Neeson, basato sul gioco da tavolo più noioso del mondo; e che gli servivano solo duecento milioni di dollari per realizzarla. DUECENTO-MILIONI-DI-DOLLARI per una sorta di spot in HD della battaglia navale!!! Dio benedica Hollywood, Liam Neeson e il popolo americano!

Come avrete capito, una roba così merita ben più di due righe su 24-al-secondo! Altro che Tarantino che rivaluta i poliziotteschi con Luc Merenda e gli spaghetti western con Franco Nero. Qui siamo ben oltre il postmoderno, il situazionismo e la pop art… Sia fatta gloria all’avvento della battleship-exploitation!!! Quindi zitti-zitti e cuccatevi il pippone.
Dunque, il sotto-testo politico culturale del film è una roba semplicemente imbarazzante: nessuno capisce un cazzo tranne i marines; tutti sono degli stronzi tranne gli americani; c’è solo un giapponese buono (a parte ovviamente quelli che sono già morti) ed è quello che sa giocare bene a battaglia navale. Mandare dei messaggi di pace agli alieni è comunque male.

Ok, sono d’accordo: nessuno, sano di mente, si sparerebbe mai una roba come “Battleship”, semplicemente perché incuriosito da quale possa essere la visione politica sottesa ad un film dichiaratamente ispirato al gioco della Hasbro  (giuro che hanno veramente avuto il coraggio di scriverlo, e a caratteri cubitali, subito prima dei titoli di coda!).



Però è illuminante come la politica c’entri sempre in filmacci come questo i quali, consapevolmente o meno, finiscono molte volte per essere assai più indicativi di un dato momento storico di qualsiasi contemporaneo film serio ed impegnato: questi film, il più delle volte, incarnano la visione del mondo degli americani, la loro rappresentazione di sé ed il loro atteggiamento verso il resto dell’umanità. Ed il bello, è che lo fanno senza alcun filtro, senza alcuna vergogna, senza alcuna parvenza del benchè minimo pudore.
Questi film sono come i documentari di regime della Russia di Stalin o della Jugoslavia di Tito: celebrano uno stile di vita, indottrinano e fanno proselitismo. Chissenefrega se fanno cagare; se disegnano personaggi con l'accetta; se hanno trovate di sceneggiatura che non terrebbero neanche nella più scadente delle recite di fine anno di quinta elementare.
Volete sapere cosa gli americani pensano veramente di se stessi e, soprattutto, come si pongono nei confronti del resto del mondo (noi compresi)? Potete dare retta ai canali diplomatici ufficiali, alle conferenze stampa di Obama, ai proclami da campagna elettorale che promettono uguaglianza, diritti e rispetto per le diversità e le minoranze... oppure potete spararvi quell'obbrobrio di "Battleship" sostituendo alla faccia dell'alieno quella di qualunque arabo/russo/vietnamita/bolscevico/simpatizzante sinistroide/libero pensatore osi opporsi alla Unica e Vera Verità: la loro!

Sia chiaro: questa non costituisce affatto l’apologia dei blockbuster hollywoodiani. Sto solo dicendo che questi filmacci – per ragioni assolutamente estranee alle logiche produttive ad essi sottese – riescono talvolta ad essere incredibilmente rappresentativi ed efficacemente paradigmatici di un dato momento storico.

È rarissimo beccare un film politico che, rivisto dopo dieci anni (talvolta anche solo dopo cinque) risulti non dico profetico, ma semplicemente “ancora attuale”: ci sono bellissimi romanzi politici; bellissime serie televisive politiche, ma coi film è tutta un’altra storia: per quanto ci si sforzi, è molto difficile sintetizzare in due ore la complessità della Storia e le infinite sfumature di grigio insite nell'Arte del Governo.


I blockbuster americani, forse anche meno inconsapevolmente di quano non si creda o non vogliano far credere, sono invece dei grandissimi film politici.
Loro se ne fottono altamente delle sfumature di grigio e dell'opinione del prossimo (con buona pace della verità e della dialettica socratica); per loro il mondo è bianco o nero; ci sono i buoni e i cattivi, gli indiani e i cowboy, gli umani e gli alieni. La loro è una propagandistica riduzione della complessità del mondo a pure categorie di concetti primari: Bene e Male; Ragione e Torto; Bontà e Cattiveria. Nel senso che Loro sono Buoni, Belli e Bravi mentre tutti gli altri sono ostacoli da far esplodere il più rumorosamente possibile. I loro argomenti preferiti sono il napalm, la bomba atomica ed i fucili al plasma.
Sembrerebbe superficiale, stupido, semplicistico. Vero esattamente il contrario. La loro macroscopica operazione di semplificazione agisce per continua sottrazione e permette la sopravvivenza finale solo a quell'elemento che più di ogni altro definisce esattamente la loro più onesta e sincera visione politico-esistenziale: my way or the highway! Ed il bello è che tutto ciò avviene per ragioni che, almeno apparentemente, nulla hanno a che vedere con la ricerca storica o la verità scientifica.
Un esempio? Anno astrale 1988: l’America sta vivendo il secondo mandato di quel gran simpaticone di Ronald Reagan; la guerra fredda sta sparando le ultime cartucce; il muro di Berlino è ancora in piedi ed il clima politico è fortemente conservatore e bisognoso di nemici oggettivi. Nelle sale di tutto il mondo esce “Rambo III”, l’incarnazione in celluloide di ogni ideale reazionario, fascista e guerrafondaio degli Stati uniti che, all’epoca, si sentivano fortissimi ed invincibili. “Rambo III” era uno dei primi franchise hollywoodiani e non certo una produzione indipendente di qualche intellettuale regista europeo dal nome impronunciabile. Eppure, “Rambo III” è uno dei film politici più importanti e rappresentativi per capire non solo gli anni ’80, ma anche gli anni ’90, il 2001 e tutti i cazzo di anni zero.
Ma non perchè era contro i comunisti (nel 1988, infatti, i comunisti erano un po' come i panda... si finanziavano campagne per evitarne l'estinzione). Piuttosto perchè “Rambo III” era candidamente dedicato al valoroso popolo afgano. Ma come? I valorosi fratelli di ieri sono gli stessi sanguinari terroristi di oggi? "Rambo III" è la testimonianza tangibile che tutto è revisionabile e ogni concetto riscrivibile. I talebani sono sempre quelli: degli abili combattenti mascherati da fondamentalisti; è la loro funzione storico esistenziale che si è modificata: prima paladini della lotta contro la minaccia comunista. Oggi, venuto meno il comunismo (qualcuno lo dica a Berlusconi), terroristi privi di dignità e scrupoli. Nessun film politico degli anni '80, rivisto oggi, descrive questo concetto meglio di "Rambo III" perchè "Rambo III" è un film di regime che parla del regime in favore del regime. Non era nato per criticare l'american way of life, ma per esaltarne i valori senza se e senza ma.
Criticare è sempre più complesso che celebrare. Per questo, per ogni film di Eisenstein ci sono 1000 documentari che celebrano Stalin o Mussolini o Berusconi! L'aspetto inquietante è che, rivisti oggi e con la giusta distanza, quei documentari evidenziano la cieca e grottesca autocelebrazione del potere meglio di qualunque film proibito per la cui relizzazione, all'epoca, si avrebbe rischiato la pena di morte. Il Potere è spietato, ma vanitoso: se vuoi smascherarlo, celebrane le lodi! Tra vent'anni, mi auguro meno, i posteri analizzaranno il medioevo della nostra epoca semplicemente guardando un vecchio tiggì di Rete4 o qualche editoriale di Minzolini al TG1. Altro che Caimano!!! I figli che non avremo ci guarderanno con un lieve imbarazzo e ci chiederanno, ma veramente era questa l'informazione in Italia? ma veramente era questo il livello della politica?

Orwell aveva profetizzato Grandi Fratelli e società distopiche. Basta molto meno.
Il cinema riesce a condizionarci più della politica, dei telegiornali, dei documentari, perché ci prende con le braghe calate, mentre ce ne stiamo in panciolle, del tutto indifesi, ebbri di bevande gassate e saturi di zuccheri che anestetizzano le sinapsi... e senza accorgercene iniziamo a parteggiare per i cow-boy, ad odiare gli sporchi viet-cong, a credere che Bin Laden sia un pazzo scatenato e Jessica Chastein una valorosa patriota... 
Ecco, la sparo: "Zero dark thirty" è un pessimo documento politico: racconta una verità parziale facendola passare per realtà storica; è bieca propaganda (gli americani sono i buoni e i mussulmani dei fanatici assassini); è una partigiana rappresentazione del mondo che, prima o poi, dovrà fare i conti con la Storia, che non è esattamente quella che il film racconta (non tutti gli yankee sono degli stinchi di santo e non tutti i mussulmani sono fanatici assassini). Però è un bel film; è girato da dio ed interpretato da ottimi attori; "Battleship", invece, è un film orribile con attori che gigioneggiano facendo cose a caso prive di ogni buonsenso; ma non ha ambizioni intellettuali e non trasfigura la realtà. Si presenta per quello che è: un propagandistico blockbuster fracassone che, proprio per tale regione, risulta un manifesto politico estremamente rappresentativo ed indicativo. "Battleship" se ne sbatte altamente delle ragioni degli alieni e ti dice, onestamente e senza peli sulla lingua, che chiunque osi sfidare il popolo americano finisce steso in orizzontale dentro un sacco di plastica. Semplice ed efficace. E, ahimè, tremendamente vero.

Fine del pippone… non vogliatemene, ma tutte queste menate servivano a non farmi perdere la faccia ed a trovare il modo di giustificare il fatto che, sì, ho coscientemente deciso di vedere “Battleship”.

Sotto-testi politici a parte, il film merita ben poche altre considerazioni, per cui mi limiterò ad un brevissimo elenco delle principali ragioni per cui “Battleship” non vale due ore del vostro tempo e di tutte quelle per cui invece, tutto sommato, due ore gliele potete pure regalare.



Le ragioni per cui vale la pena sono:

1)   I mecha design delle astronavi sono veramente ben fatti;

2)   Le trottole rotanti spaccatutto sono una figata pazzesca;

3)   BrooklynDeker è la migliore bravissima di sempre e vorrei che fosse la mia migliore amica del cuore a cui salvo la vita e che poi partiamo insieme per una crociera durante la quale naufraghiamo e finiamo su un’isola deserta dove c’è una bellissima laguna blu e recuperiamo un i-pod con su una canzone sola che più o meno fa “just take my hand it’s paradise, you kiss me once I’ll kiss you twice and as I gaze in to your eyes I realize it’s paradise…” (chi non coglie il riferimento ha sprecato completamente la propria pubertà) e lei capisce che IO sono l’ultimo manzo rimasto sulla terra…;

4)   La scena in cui un’ammiraglia grande come la Corsica viene fatta letteralmente derapare in mare aperto mentre dei missili extraterrestri le fanno la barba è talmente priva di logica e di ogni buonsenso che è fighissima e si, cazzo, è per questo che amo l’America! Perché sotto sotto rimangono dei maraglissimi yankee ipervitaminizzati che non hanno studiato fisica e che, se proprio gli serve, si comprano gli scienziati degli altri paesi per costruirsi dei giocattoloni sbiriluccicosi con un sacco di pulsanti, che fanno un gran baccano e che spazzolano via ogni cosa gli si pari davanti;

5)   La colonna sonora è rock al punto giusto;

6)   Ho già citato Brooklyn Deker, vero? Sapete, è veramente una cara amica e come attrice è bra-vis-si-ma…;

7)   Sono veramente riusciti a scrivere un film in cui, sul più bello, si gioca a battaglia navale con gli alieni (ma proprio quella: A4, mancato; C3, mancato; E9, colpito; A1, affondato);

8)   Basta! per quanto mi sforzi, non ci sono veramente altre ragioni per vedere il film (ma la 3 e la 4, da sole, valgono il prezzo del biglietto).

Quanto alle ragioni per cui NON merita cito solo le principali:

1)   Liam Neeson è imbarazzante tanto è a disagio nella parte. Probabilmente aveva finito il credito sulla Visa e non aveva un cazzo di voglia di lavare i piatti di quel carissimo ristorante italiano, per cui ha deciso di pagare il conto accettando un cameo che ha girato durante le pause di “Taken 2”, con la scusa che usciva un attimo per fumarsi una sigaretta…;

2)   Ma perché, mio caro Skarsgaard, dopo aver vinto la lotteria interpretando lo sceriffo della Louisiana in “True blood”, aver girato quel capolavoro di “Generation kill”, e avuto pure una parte nell’ultimo film di Von Trier, ti sei fatto incastrare in una comparsata del genere come fossi un cagnaccio qualunque al primo copione???

3)   Il protagonista è uno dei più antipatici personaggi della storia dei film action… 

4)   Il film, ad un certo punto, ci prova a dare allo spettatore uno straccio di spiegazione "plausibile" di quello che sta accadendo… solo che poi ci mettono la sgommata dell’ammiraglia, la battaglia navale con gli alieni ed un ex marine con le gambe bioniche che prende a pugni in faccia un marziano che prima solo con le cannonate si era riusciti a fargli il solletico… e quindi va tutto bellamente a ramengo!!!

5)  Vi dico solo che ad un certo punto, i rappresentanti delle flotte navali di tutto il mondo se la giocano a calcio per stabilire chi ce l’ha più lungo e la finale la giocano i giapponesi contro gli americani. Sarebbe come se la finale del mondo di baseball la disputassero gli italiani contro i francesi. Bella vez! Batti il cinque!

6)  Ok, in fondo sto guardando “Battleship”, un film – lo ricordo per i più distratti – ispirato all’omonimo gioco da tavolo della Hasbro, per cui ho già messo in conto che sarà una colossale stronzata; che nulla avrà il benché minimo senso da un punto di vista logico e scientifico; che ci saranno degli attori-cane (tranne la bravissima Brooklyn) che reciteranno delle battute orrende mentre faranno delle cose senza senso. OK, OK, OK! Ma, almeno le basi, non me le potete scazzare. Tutto il film – anche se non ce n’era il benché minimo bisogno – ruota intorno ad un solo fatto: il protagonista, ad un certo punto della sua miserabile vita, entra in marina e salva il mondo. Bene. Potevano risolverla con una battuta e la storia finiva lì; qualcosa del tipo oh Alex… ma perché poi sei diventato un marine? Vecchia storia, brò, ma che importa, tanto non capiresti! Bastava questo e tutti ci saremmo goduti due ore di affonda la flotta con l’animo sereno. E invece no! E invece vogliono raccontarmelo per forza... e come me lo raccontano? (sarà anche uno spoiler che vi "rovina" i primi 15 minuti di film, ma è talmente una stronzata che potete leggervi il seguito e risparmiarvi il primo quarto d'ora di proiezione). Allora: mentre Alex festeggia il compleanno al pub con il fratello marine vede Brooklyn Decker, bella come una dea pagana e costretta dentro una canotta di almeno un paio di taglie in meno, chiedere affamata e con la voce suadente di una sirena un sempice burrito ad un barista ciccione e pelato... e il ciccione pelato che fa? le dice di NO!!!



Chiunque, di fronte all'occasione della vita, si sarebbe asciugato la bava e avrebbe provato ad invitare la bella Brooklyn al ristorante più caro della città col nobile fine di saziarne ogni più languido appetito; ma non Alex che, invece, ha la bella pensata di uscire dal locale e introdursi furtivamente dentro un supermercato per rubare un lercio burrito... ovviamente combina un casino e, per evitare guai peggiori, si arruola in marina. Che vi avevo detto? non vi ho rovinato nulla!!!
Ma, dico io, è mai possibile, nella vita vera, che un ciccione orrendo neghi ad una con il corpo e la faccia di Brooklyn Decker il piacere di un merdosissimo burrito solo perché la cucina è chiusa (quando basterebbe infilarlo nel microonde, il burrito).
Nella vita vera, ve lo dico io, quel ciccione non solo non avrebbe negato a Broolyn la gioia di un meritatissimo burrito, ma se per caso si fosse trovato senza, si sarebbe estratto un pezzo di intestino dal ventre con un mestolo di legno e, senza fare una piega, glielo avrebbe servito caldo fumante con due fagioli neri ed una foglia di lattuga di contorno, per poi morire beato sapendo che un pezzo di sé era riuscito ad entrare dentro la bocca di lei (e, sarebbe stato anche un plot migliore per il film). Scusate ma quando è troppo è troppo. Accetto alieni indistruttibili che poi, sul più bello, quando possono disintegrare il mondo, si fermano a fumarsi una paglia e si fanno fregare come dei pistola qualunque; accetto navi che derapano; gente che salta dal decimo piano ed atterra in posa plastica come se fosse scesa dal letto; accetto che Tizio prenda un cartone in faccia da un mostro metallico che, con quello stesso cartone, aveva appena divelto una porta di acciaio blindata spessa venti centimetri e che non abbia nemmeno un inizio di epistassi… accetto tutto questo senza fare una piega, ma non esiste proprio che se il ciccione avesse servito il burrito alla bravissima Brooklyn, come invece avrebbe dovuto, Alex non sarebbe entrato in marina, il mondo sarebbe stato fottuto e noi non avremmo avuto il film;

7)   La trama, come avrete capito, ha tanti di quei buchi che ci mettete di meno a vedere il film e scoprirli da soli che io a scriverli ed elencarveli tutti;

8)   Ogni attore (cane e non) recita al peggio della sua carriera (ovviamente, conoscete già l’unica eccezione);



GIUDIZIO SINTETICO: C'è Brooklyn Decker... e sarebbe già una ragione più che sufficiente.
Forse tra dieci anni scopriremo qualcosa in più su noi stessi grazie alla visione di Battleship. Nel presente, è una mezza porcata, condita con qualche sequenza fracassona e divertente.

VOTO:

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