06/05/13

OBLIVION (di Joseph Kosinski)



 
Caro Joseph,
nella vita bisogna saper prendere delle decisioni e scegliere da che parte stare. Questo vale per i dirigenti del PD, per i tifosi di calcio e anche per i registi di cinefumettoni… Ti dico questo perché il tuo “Oblivion” risulta un film a metà, costantemente incerto ed indeciso su quale direzione prendere; è un film vorrei tanto, ma non so se posso; è un film potrei stupirvi con massime esistenziali e citazioni filosofiche, ma Tarkovskiy non lo ripasso dai tempi del DAMS; è un film mi piacerebbe un casino buttarla in caciara, ma non mi danno il permesso e poi sono troppo educato...

Mi spiego. “Oblivion”, pur essendo un “bignamino” della migliore science-fiction fumettara, della più classica letteratura distopica e della sempre verde cinematografia catastrofista, si iscrive comunque alla fantascienza che piace a me. Quella che pone le domande giuste; quella che solleva interrogativi morali ed esistenziali… quella che pare più interessata agli esseri umani che alle esplosioni ed ai robottoni giganti.

Certo, le domande, alla fin fine, sono sempre le stesse dai tempi di Talete e l’interrogativo su chi siamo, su cosa ci qualifichi come esseri umani e quali siano le implicazioni morali ed esistenziali connesse allo sviluppo tecnologico hanno ricevuto tanti e tali di quegli adattamenti e interpretazioni in ambito letterario, fumettistico e cinematografico da rasentare spesso il “salto dello squalo”.

Tuttavia “Oblivion” imbastisce una storia derivativa, ma solida; non originalissima, ma intelligente e, per quanto un po’ telefonata, anche intrigante a livello intellettuale molto di più di quanto non lo sia la maggior parte dei prodotti hollywoodiani da lunghi anni a questa parte.
Purtroppo Kosinski (già responsabile di quella puttanata galattica che è il seguito di “Tron) non è Kubrick e nemmeno il fratello vivo di Tony Scott (anche se quest'ultimo, dopo “Prometheus”, ha compromesso definitivamente tutta la sua credibilità come autore) e rivela tutti i suoi limiti nella gestione di una vicenda che – con tempi, ritmi e soprattutto scelte registiche e di cast differenti – avrebbe potuto trasformarsi in un piccolo gioiellino.


La trama è ricca di ribaltamenti di prospettive, di mutamenti di ruoli, di colpi di scena che tuttavia, proprio per la gestione “scolastica” della sceneggiatura e della regia, falliscono nel loro intento primario: quello, appunto, di stupire lo spettatore che è sempre un passo avanti rispetto alla narrazione. Insomma, non si sta veramente mai col fiato sospeso; non cade mai la mandibola e non ci si sorprende mai veramente per una svolta della trama.

Sarà che non è facile inventarsi qualcosa di nuovo in un ambito in cui se non è già stato detto tutto, è stato comunque già raccontato abbastanza (ambito che, però, continua a regalarci perle quali “Cloud Atlas” “Inception” e “Moon”, tanto per citare i primi che mi vengono in mente); ciò non toglie, tuttavia, che sia comunque possibile girare un film che, per quanto derivativo, risulti almeno solido e gradevole.

Non che sia del tutto da buttare via, questo “Oblivion”, ma il bicchiere mezzo pieno ha il bouquet amaro dell’occasione sprecata.

Cosa manca a Kosinski per consacrarsi solido regista di fantascienza? Le palle, innanzi tutto!
Ma dio bono: hai creato la grafic novel, ti sei preso la briga di produrre il film e hai pure voluto scriverlo e dirigerlo in prima persona… perché fare le cose a metà??? Perché tanta fatica per partorire un filmetto che sembra sempre troppo preoccupato a non scontentare nessuno per riuscire a risultare veramente piacevole per chicchessia. La fantascienza, del resto, si sa: è per fanatici nerd sfegatati o per bercianti divoratori di pop corn che vogliono bombardarsi i neuroni davanti alle astronavoni che esplodono ebbri di caramello liquido gassato e mais scoppiato aromatizzato alla vaniglia. Ecco, "Oblivion" non appaga né i primi né i secondi. E come ben sai, caro Joseph, salvo rarissime eccezioni è quasi impossibile riuscire a fare un blockbuster al tempo stesso filosofico e maraglio (forse, recentemente, c’è riuscito solo “Matrix”).



Ripeto, la storia sarebbe anche carina e gli interrogativi esistenziali sottesi sono proprio quelli giusti (chi siamo? perché facciamo quello che facciamo? cos’è la memoria? e l’amore? e i ricordi? e come sappiamo che siamo i buoni? come facciamo a sapere che siamo veramente chi crediamo di essere?). Ribadisco, nulla di nuovo sotto il sole, ma l’impianto narrativo dietro cui si celano questi interrogativi è piacevole e funzionale.

Perché, allora, se hai una buona storia e se hai avuto l’intelligenza di fare le letture giuste e di vedere i film giusti e di leggere i fumetti giusti, decidi di girare il film come fosse un fumettone per famiglie (che non sarà comunque mai il tuo pubblico di riferimento)? È come prendere “Io sono leggenda” di Matheson e poi farne un film con il principe di Bel Air cambiandogli pure il finale… solo che qualcuno ci aveva già pensato prima e allora il buon Kosinski ha pensato bene di girare sta roba qui.

Ed è un peccato, perchè visivamente il film è pure bello… è curata la fotografia, sono suggestivi i paesaggi, sono belle le tutine, sono fighe le astronavi ed il trial "mecha" è un sacco cool (fa tanto cafè racer del dopobomba)…



 








 
Ora, non dico che devi per forza interpretare il genere come Tarkovskiy o come uno dei fratelli Wachowski, ma in fondo ti chiami Kosinski e quindi uno si fa delle aspettative... bastava un po' di ritmo, o beccare il mood giusto, o al limite scopiazzare un altro po’ in giro per portare a casa un prodotto più che discreto.
Qual è il tuo problema, caro Joseph? Adori "Solaris", ma il linguaggio della fantascienza esistenzialista sovietica non è nelle tue corde? Il burino che è in te scalpita per uscire come l’alter ego di Bruce Banner quando gli vengono i cinque minuti? Bene, allora buttala veramente in caciara, fai esplodere palazzi e omarini, disintegra pianeti, regala alla Caritas le tutine da fighetto e vesti Tom Cruise di pelle e borchie e, soprattutto, la Kurilenko come una Barbarella della steppa. Voglio credere l'incredibile… voglio uomini che prendono a pugni i droni, voglio mutanti che devono benzina e pisciano fiamme, voglio manze con la cresta ed i reggiseno di latex che sparano coi fucili al plasma…

Torno al problema iniziale: bisogna decidere da che parte stare (non posso tollerare le larghe intese anche nella science-fiction): o fai il serio o fai il maraglio. Se sei un genio riesci ad essere entrambi, ma non puoi MAI, MAI e poi MAI permetterti di stare nel mezzo.
Caro Kosinski, mi spiace dirti che hai scelto di stare talmente nel mezzo da disgustare anche Medioman. Perciò, eccoti, nel mio piccolo, alcuni suggerimenti per la prossima avventura dietro la macchina da presa:

1) pensa seriamente se vuoi ancora cimentarti dietro la macchina da presa.

2) se decidi di perseverare ricorda che è diabolico e, soprattutto, ricorda che se vuoi fare un film serio, di quelli con le domande intelligenti e i dubbi morali ed esistenziali, devi essere credibile;

3) se vuoi essere credibile, devi essere coerente: quindi, se vuoi essere coerente, non puoi costruirmi un film dove per due ore i droni sono robottoni volanti invincibili che non vengono nemmeno scalfiti da diciottomila tizi che gli sparano addosso da tutte le direzioni e poi farmi vedere Tom Cruise che mentre è in volo, con la sua bella astronavina in avaria e mentre il drone gli sfreccia contro alla velocità della luce scaricandogli addosso un milione di proiettili (e mancandolo sempre), gli spara con una pistolina da duecento metri dritto-dritto in un occhio buttandolo giù come fosse un aeroplanino di carta… ma perché? che bisogno avevi di girare una scena del genere (e di girare anche tutte le altre scene improbabili che ometto di citare non per paura di spoilerare alcunché, ma perché non meritano nemmeno di essere citate?).  

4) Vogliamo parlare del cast...? Tom Cruise? Morgan Freeman? Olga Kurylenko? Allora, stammi a sentire bene, se vuoi fare l’intellettuale che gira filosofia con le astronavi devi rischiare: se mi getti nella mischia dei signori nessuno o semplicemente dei buoni caratteristi, avrò sempre il timore che tu possa decidere di sbarazzartene sul più bello a metà del film (per cui starò un po’ in ansia per le loro sorti, anche se sono i protagonisti). Ma se ti giochi la carta Tom Cruise, come minimo mi stai dicendo che speri di ripagarti i costi di produzione con il cast e non con il film.
E poi, dai, Morgan Freeman ormai non ce la fa più; è vent’anni che fa sempre la stessa parte (anche se gli cambiano ogni volta la montatura degli occhiali). 


La Kurylenko, poi, rimane sempre una delle mie “molto bravissime” preferite, ma è dai tempi di “Max Payne” che non mostra nemmeno una spallina e, se vuoi smaragliare seriamente, non prendi certo una attricetta russa che può farsi il viaggio di dire “ho fatto un film con Malick” “ho fatto un film con Malick” “ho fatto un film con Malick” anche se il film in questione è una boiata pazzesca e lei recita (?) per tutto il tempo saltellando e ondeggiando come una pazza invasata.

Caro Joseph, rispetto a quella boiata di "Tron: Legacy" hai fatto passi da gigante, ma la strada è ancora bella lunga...




GIUDIZIO SINTETICO: Fantascienza filosofica intelligente. Non particolarmente originale, ma con una trama ben congegnata a livello narrativo. Visivamente piuttosto godevole. Cast decisamente rivedibile. Regia completamente priva di personalità e di coraggio. Bicchiere mezzo pieno. Buono per una domenica pomeriggio uggiosa.

VOTO: 6+



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2 commenti:

  1. la locandina è terribilmente simile a Prometheus, il che non fa certo ben sperare

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  2. E' sicuramente meglio di Prometheus, anche perchè si fa un po' meno il viaggio... vale comunque una visione, ma non ti aspettare il miracolo.

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