Gli americani... gente strana!
Il loro immaginario, si sa, è
stato sempre caratterizzato da un disperato e quasi patologico bisogno di
eroi... probabilmente perché, più di ogni altra cosa al mondo, essi hanno
manifestato un fottuto bisogno di nemici. Prima i Pellerossa, poi i Messicani,
quindi i Tedeschi, i Russi, i Vietnamiti, gli Arabi… tutto fa brodo.
L’importante è trovare sempre qualche minaccia al miglior sistema del mondo e al più
desiderabile stile di vita del pianeta. Perché se qualcuno di molto cattivo
lo minaccia, vuol dire che è veramente il miglior sistema del mondo! Che vuoi
farci. Loro ragionano così.
I comunisti, da questo punto di
vista, erano il nemico perfetto. Per quasi mezzo secolo, essi hanno evocato lo
spettro delle paure più ancestrali, incarnando alla perfezione il mostro ricoperto di pelli e mangiatore di
infanti che, dal freddo di una terra arida e inospitale, lanciava il suo
spaventevole grido di morte verso la culla della Civiltà. Il bello dei russi era anche che
non costava nulla trattarli malissimo (almeno sullo schermo)… tanto non erano
un mercato aperto, per cui agli studios non poteva fregare di meno se quelli se
la prendevano e mettevano su il muso. Tanto al cinema non ci andavano lo stesso
e non compravano nemmeno i Levi’s e le Ford.
Poi è caduto il muro di Berlino.
Quando si dice la sfiga…
Gli anni ‘90 sono stati anni di
transizione. Finita la guerra fredda, sparite le superpotenze e crollati i principali
regimi, a chi cazzo toccava la parte del cattivo? Gli anni ’90 sono stati
caratterizzati da un botto di film sugli alieni, ma – si sa – non è che puoi
tirare la corda troppo a lungo perché poi si spezza.
Poi c’è stato l’11 settembre!
Tutto risolto, direte voi. Ni.
Il mondo arabo è stato
accuratamente provinato e testato, ma come Nemico non rendeva altrettanto bene
dei maledetti comunisti o degli sporchi vietcong… questo per svariati motivi.
Punto primo: il mondo arabo è un
universo molteplice ed eclettico. Al suo interno convivono anime fondamentaliste,
visioni laiche, spinte multiculturali, tradizioni millenarie, avanguardie
studentesche. Quello che vuole un talebano afgano è completamente diverso da
quello che desidera una studentessa di Teheran o di Damasco. Un commerciante
egiziano non è assimilabile ad un pescatore indonesiano o ad un contadino del Bangladesh. L’islam dell’area swahili
non è quello che trovi in Nigeria o in Camerun o a Manhattan… già, poi c’è il
punto due, ossia che ci sono oltre due milioni e mezzo di americani mussulmani,
di cui circa 70.000 solo a New York. E questo ci porta dritti-dritti verso il punto
tre: vietcong, comunisti, pellerossa e alieni non rappresentavano un mercato di
riferimento (anche solo da conquistare).
Il mondo arabo (almeno una sua grossa
fetta) invece è ricco, è diffuso nei cinque continenti, compra le nike, indossa
i levi’s, ascolta le musiche sull’ipod, compra blasonate squadre di calcio inglesi e
guida macchine di importazione. E va al cinema a vedere i film americani. Per
cui non si può esagerare accusandolo di tutti i mali del mondo. Sparare a zero
sul mondo arabo, come si faceva sui comunisti, rischia di compromettere intere
fette di mercato e di far volare via torte miliardarie. Quindi gli arabi sì,
possono essere cattivi, ma col contagocce. E i cinesi? In fondo sono una
superpotenza, hanno l'atomica, e poi sono gialli e con gli occhi a mandorla (e pure
comunisti) come i vietcong. Come caratteristiche di base ci saremmo pure, solo che sono un
miliardo e mezzo e si stanno aprendo al capitalismo. Vuoi mai che corriamo il
rischio di farli incazzare giocandoci male l’ultima chance di vendere qualche
stock di magliette degli AC/DC rimaste li dagli anni ‘80…?
E quindi… chi ci rimane?
Il 2013 sarà ricordato come
l’anno dei COREANI: quelli del Nord, come avrete ormai intuito, hanno estratto
la pagliuzza più corta e si sono beccati il ruolo di nuovo nemico oggettivo (il
che, tra l'altro, ci offre il più impietoso specchio dei tempi di merda che
stiamo vivendo, visto che è risaputo che la grandezza di un eroe, o di un
popolo, è misurabile in rapporto alla grandezza dei suoi nemici). Quelli del nord sognano la bomba
atomica, vivono di merda e sono guidati dal dittatore più deficente e tragicamente ridicolo di tutti i tempi (pensate solo che, recentemente, ha avuto la bella pensata di proporre un ruolo di confidente a quel campione di diplomazia internazionale di Dennis Rodman, al secolo "the worm").... Quelli del nord sono perfetti per fare il nemico:
sono quattro gatti, senza una lira e concentrati tutti dall'altra parte del
mondo. Non se li incula nessuno nemmeno di striscio per cui li puoi trattare
malissimo e continuare a vendere magliette e blue-jeans al resto del globo come fossero noccioline allo zoo... Il problema rimane la credibilità del tutto (per il Vietnam, in effetti, c’era
sempre lo spauracchio del caro vecchio comunismo, ma la Corea del Nord…? 8 americani
su 10 non sanno nemmeno dove cazzo si trovi sulla carta geografica… come cazzo
fai a convincerli non solo che devono avere strizza di quelli del Nord, ma
anche che esistono quelli del Sud…?)
Fino a l'altro ieri, infatti, gli unici che credevano che i nord coreani potessero essere la nuova superpotenza da temere erano solo... i nord coreani.
Fino a l'altro ieri, infatti, gli unici che credevano che i nord coreani potessero essere la nuova superpotenza da temere erano solo... i nord coreani.
Per completare l'operazione fai diventare il nord coreano il tuo nuovo super nemico occorreva dunque un piccolo aiutino... E chi, se non Hollywood, poteva riuscire nella titanica impresa? D'altronde, si sa: se laggiù si convincono di una cosa, stai
sicuro che faranno di tutto per realizzarla. Per cui, se sono riusciti a convincere
il mondo che la Coppola può essere considerata una regista, allora i nord
coreani possono diventare i nuovi comunisti e i sud coreani i nostri migliori amici...
Chiarite le posizioni di principio, Hollywood
è partita in tromba (e non ci si azzardi a dire che non c'è del
vero professionismo!): così, tre tra i più importanti registi sudcoreani hanno appena
finito di girare un film negli studios: Kim Jee-Woon (“The last stand”), Joon-ho
Bong (“Snowpiercer”)
e, appunto, Park Chan-wook (“Stoker”). Hye-jeong Kang (grandissima
interprete di "Oldboy" e
"Lady vendetta") ha
interpretato il suo primo ruolo in una produzione americana. Doona Bae ha avuto
una parte da protagonista nientepopodimento che nell'ultimo bellissimo film dei
Wachowski... A brevissimo uscirà il remake di “Oldboy” firmato Spike Lee. Che dire? South Korea
exploitation...
Quanto alla Corea del Nord, come detto, essa ha
preso il posto degli alieni che distruggono la Casa Bianca (“Olympus has fallen”) e così ogni cosa è
finita al suo posto. Gli americani hanno ancora il mondo da salvare ed un nemico
(per quanto ridicolo) da combattere senza che ciò minacci ritorsioni pericolose
o, ancor peggio, senza che ciò comprometta la vendita dei blue-jeans.
Ok, direte voi: quelli del nord non contano
un cazzo e tutto è avvenuto loro malgrado... quando si sono rivolti al Verme
per trovare scappatoie diplomatiche, quello ha scosso mestamente la testa
dicendo che la rabbia è come foglio di carta di riso che va incontro alla
rugiada del mattino... Più o meno. Si sa che il Verme si è fritto il cervello
parecchi lustri fa…
Ma quelli del sud...? A loro, chi
cazzo glielo ha fatto fare? A parte i soldi, voglio dire... Perché subire
pressioni e ingerenze nella propria creatività autoriale (abituata a fare
esattamente il cazzo che gli pare) per subire gli schizzinosissimi paletti
degli studios hollywoodiani? Passi per gli attori, ma a gente come Kim Jee-Woon, Joon-ho Bong e ParkChan-wook... che sono dei
registi di culto… ma che cazzo gli è venuto in mente?
Inutile divagare… visto che i
programmi sono stati rispettati, non ci resta che tracciare una pima linea di
bilancio. Allora, per quanto riguarda Kim Jee-Woon (che era, forse, quello più a rischio stronzata in ambito
hollywoodiano) devo dire che invece, a lui, la gita ha fatto benissimo e che il suo
"The last stand",
nonostante le premesse a dir poco azzardate del progetto (una specie di western moderno con un redivivo Arnold Schwarzenegger nei panni del vecchio sceriffo) è veramente un
gustoso prodottino, sicuramente meno estremo delle sue produzioni coreane, ma
comunque intelligentemente confezionato e non figlio di particolari
compromessi; di più, azzardo che il film abbia saputo rinvigorire l’epica di un
genere che da anni arrancava e boccheggiava non trovando in patria degni
interpreti. Non ho ancora avuto il piacere di visionare il film a stelle e strisce di Joon-ho, ma in lui ho una fiducia
smisurata e so (o, almeno, spero vivamente) che saprà non deludermi.
Anche sul fronte attori
l’operazione è riuscita piuttosto con successo e gli spettatori americani hanno così imparato
che oltre ai cinesi, ai vietnamiti ed ai giapponesi esistono anche i coreani che
si dividono in “quelli del Sud” (che sono quelli bravi e belli) e in “quelli del Nord”
che sono come i comunisti di una volta.
E Park Chan-wook…? Ecco, diciamo che per Park l’operazione non è
stata proprio un affarone. Certo che un po’ se l’è andata a cercare. Ma santo
cielo. Possibile che il campione di sublimi vendette ed il bardo dei preti
vampiro abbia potuto anche solo immaginare di dirigere un film non solo scritto
da altri, ma scritto da Wentworth Miller??? Quello di "Prison Break" coi
tatuaggi... Cazzo, Park, ma l'hai letto PRIMA il copione? o non ti hanno dato la copia in
coreano con la scusa che si era inceppata la Xerox...?
Scusate, ma se non sparavo il pippone non sapevo proprio come uscire da questa recensione, vista la pochezza
del film.
"Stoker" riesce a plagiare mille cose belle e ad essere lo
stesso un brutto film. La storia è presa di pacca da Pasolini ("Teorema")
e da Miike ("Visitor Q") ed è quella del nucleo
famigliare che viene scombussolato dall'arrivo improvviso di un estraneo che ne
turba le fondamenta fino a svelarne le fragilità ed a farle crollare. Ma c'è
anche tanto Hitchcock ("L'ombra del dubbio") e persino un
po' di Lynch. Il titolo "Stoker", con il suo non
involontario richiamo al padre di tutti i vampiri, rimane una delle tante non
mantenute promesse.
Il vecchio Park, poveretto, il suo prova anche a farlo e non gira neanche malissimo;
certo, c'è molta (troppa) maniera e tanto mestiere (carrellate infinite e
sublimi movimenti di camera, ahimè completamente inutili, si susseguono ogni
due per tre); dettagli che vorrebbero essere emblematici e simbolici sono
talmente telefonati ed insistiti che diventano pesanti come macigni (le scarpe,
il ragno, la matita insanguinata, le lettere, l'ombrello giallo). Tutto è ridondante
e questa eccessiva insistenza finisce per far perdere ogni valore alle cose (anche alle buone intuizioni). Il
film vorrebbe solleticare i dubbi, alimentare i sospetti, giocare con i presentimenti (dei
protagonisti e del pubblico) e, invece, annoia perché indica con troppa
insistenza dove si andrà inevitabilmente a parare (l’hai visto il ragno? Ma l’hai visto bene? E le scarpe? Sei sicuro che
le hai viste le scarpe? Adesso te le faccio rivedere perché magari non eri
attento. Ecco, ora le hai viste bene? E il ragno? te lo ricordi, vero?).
Ve lo concedo, ci sono un paio di movimenti di camera di abbacinante bellezza, ma anche questi sono talmente avulsi dal senso della pellicola che paiono più un vezzo del regista che una trovata funzionale al senso del racconto.
Del resto, il vero problema, al
di la dei manierismi di Park, è e rimane la sceneggiatura di quel brocco di Wentworth. A Wentworth!!! Ma che cazzo c'è volevi dì? Giuro che c'ho provato, mi ci sono
messo di impegno, ma proprio non ho capito il senso del film. Allora, la
locandina recita testualmente: “quando
l'innocenza finisce”. Ma de che? Ma quale innocenza? È perché
finisce? Insomma, 'sto zio riappare dopo che nessuno ne aveva più saputo nulla e
d'amblè si è già conquistato il cuore della novella vedova (che non da l'idea di essere poi mai stata così devota al defunto marito). La figlia, affettivamente legatissima al padre morto, passa senza una ragione logica dal timore e dal
sospetto verso lo zio all'amore sviscerate per sto personaggio assolutamente
privo di qualsivoglia carisma per poi cambiare ancora una volta idea e diventare peggio di lui. La fine dell'innocenza è simboleggiata da un
paio di décolleté rosse col tacco regalate dallo zio alla nipotina, che interrompono una catena di regali paterni, durata diciotto anni, consistenti in scarpette chiuse bianche e
blu (quale profondità: il padre che vuole preservare l'innocenza della giovine e l'estraneo che la turba coi suoi regali ammiccanti).
Almeno si va giù duro di violenza? Macché! Il regista che dieci anni fa ci aveva fatto innamorare a suon di martellate, ci va talmente col filtro, smarrendosi nel proprio gioco di estetismi e ammiccamenti, che finisce col far venire il latte alle ginocchia anche ai più ben disposti.
Almeno si va giù duro di violenza? Macché! Il regista che dieci anni fa ci aveva fatto innamorare a suon di martellate, ci va talmente col filtro, smarrendosi nel proprio gioco di estetismi e ammiccamenti, che finisce col far venire il latte alle ginocchia anche ai più ben disposti.
Matthew Goode è espressivo come
un palo ed è credibile nel ruolo di killer seriale e tombeur
de fammes (passando dalle milf alle teens con identica agilità) come io
lo sarei io a giocare la finale di coppa del mondo di calcio (chi mi conosce sa
di cosa sono capace con un pallone tra i piedi).
La Kidman è bravissima ad interpretare Nina Moric al punto che la Wasikowska, al confronto, sembra un'attrice navigata... Tuttavia, se volete una vera Lolita capace di farvi venire i cattivi pensieri mentre, vestita da collegiale, annoda con aria al tempo stesso innocente e spaventata e lubrica un gambo di ciliegia, rispolverate le vecchie VHS di "Twin Peaks" con una Sherilyn Fenn da perderci il sonno e la vista...
La Kidman è bravissima ad interpretare Nina Moric al punto che la Wasikowska, al confronto, sembra un'attrice navigata... Tuttavia, se volete una vera Lolita capace di farvi venire i cattivi pensieri mentre, vestita da collegiale, annoda con aria al tempo stesso innocente e spaventata e lubrica un gambo di ciliegia, rispolverate le vecchie VHS di "Twin Peaks" con una Sherilyn Fenn da perderci il sonno e la vista...
Quanto al sesso, ci si
aspetterebbe che in un film del genere esso costituisca uno degli elementi
portanti, capace di turbare o, quanto meno, impressionare i più sensibili,
magari facendo lievemente arrossire anche gli sporcaccioni più pervertiti. Ma
dio bono! Sei Park Chan-wook, sei coreano (e i coreani, al cinema, sanno mostrare cose davvero turpi quando ci si mettono) e stai girando un film sulla perdita dell’innocenza in cui turbamenti
sessuali si mischiano a istinti omicidi in una teen che porta il cognome del
padre di Dracula… è mai possibile che la cosa più spinta che riesci a girare è
un mezzo ditalino...???
Come thriller, il film risulta
una totale catastrofe: le telefonate si
sprecano; tutto suona finto e poco reale, per nulla reale! Se sei Lynch puoi raccontarmi quel cazzo che
vuoi; tanto è la cornice che tiene in piedi il tutto. E Lynch è il migliore del mondo a costruire cornici di languida lascivia, di perverso
orrore, di intrigante mistero, di amore romantico e di umorismo pulp… è la
cornice che porta avanti il film; la storia è puro pretesto. Fatele raccontare
ad un altro quelle stesse storie. Vi ritroverete con “Stoker”.
GIUDIZIO SINTETICO: Il film del vorrei, ma non posso. La
colpa, equamente distribuita, al regista (che non doveva accettare
un’operazione del genere e che non riesce mai a riscattare); agli studios (perché non prendi uno come Park chan-wook
per poi tenerlo chiuso in gabbia); a Wentworth Miller, che si sente Hitchcock,
ma scrive robe buone per “Don Matteo”; agli americani, per aver rovinato la carriera di un'altro regista asiatico.
VOTO: 4/5
QUALUNQUE COSA NE PENSIATE, NON LIMITATEVI A PENSARLA... SCRIVETELA QUI SOTTO E CONDIVIDETELA!!!
"La Kidman è bravissima ad interpretare Nina Moric" è la mia frase preferita di sempre.
RispondiEliminaDi tutti i tempi.
Passato, presente e futuro.
Amen.