07/10/13

RIDDICK (di David Twohy)





Un genio ha scritto: se pensate che il vostro mondo sia brutto, dovreste vedere gli altri…

Ecco, il pianeta – rigorosamente senza nome – in cui si trova impantanato Riddick, questa volta, è veramente ai minimi storici della qualità della vita: roba che la Manila dei film di Brillante Mendoza, al confronto, sembra Vancouver nelle giornate di sole.

Ogni cosa costituisce la fonte di una potenziale minaccia: strani volatili cannibali, serpenti-scorpione acquatici, famelici dingo giganti… il tutto, naturalmente, calato in un contesto ambientale che alterna la dura pietra alla dura terra… l’uomo non è che l’ultimo anello della catena alimentare…

Richard B. Riddick, per l’ennesima volta, dovrà impegnare tutto se stesso per riuscire sopravvivere e, per farlo, dovrà appellarsi al suo lato più selvaggio ed animale (con buona pace del suo animo sentimentale e romantico che, del resto, non è poi mai stato così sviluppato… ma tant’è).



Il film costituisce il terzo capitolo di una saga iniziata ormai ben oltre un decennio fa: “Pitch black” (il primo episodio) fu per me un’autentica rivelazione; quando uscì, nessuno si aspettava nulla: il film era una sorta di b-movie a medio-basso budget come ce ne sono a strafottere negli scaffali delle edicole di quart’ordine; Vin Diesel non lo conosceva praticamente nessuno (all’epoca aveva in curriculum una comparsata in “Salvate il soldato Ryan” ed un ruolo da comprimario in “1 km da Wall Street”…). Le aspettative stavano assolutamente a zero.
Eppure, “Pitch black” fu un autentico scossone.

Il film era di una semplicità narrativa disarmante, ma, proprio sfruttando la banalità del plot, riusciva a concentrare ogni sforzo nella costruzione dei personaggi… anzi, DEL personaggio. Riddick era IL cattivo; l’uomo più ricercato e temuto delle galassie; l’inizio del film lo vedeva in catene ed in rotta verso un luogo di detenzione dove sarebbe stato rinchiuso a marcire per sempre; nella speranza che potesse arrivare a pentirsi di essere venuto al mondo… ovviamente, dal momento che Diesel era un signor nessuno ed il suo personaggio presentato come il male impersonificato,  nessuno si aspettava che Riddick si sarebbe rivelato il vero protagonista della vicenda (geniale, da questo punto di vista, la scelta di intitolare il film “Pitch black”, scollegandolo in tal modo da ogni riferimento al vero eroe della storia).

 
Come nella migliore tradizione, ad un certo punto succedeva un imprevisto, la nave spaziale era costretta a fare un atterraggio di fortuna su un pianeta inospitale e tutto andava a scatafascio. Riddick riusciva ad evadere dai propri carcerieri e, quando tutto sembrava portare al solito film di caccia all’uomo, si scopriva che i buoni non lo erano poi così tanto e che il cattivo era sì una bella carogna, ma anche una gran cartola… poi arrivava il BUIO e Riddick si trovava all’improvviso a passare dal ruolo di nemesi a quella di eroe. Tutto bellissimo: ambientazione, personaggi, azione, tensione, paura, evoluzione emotiva, ribaltamento di ruoli. Ogni cosa funzionava alla stragrande, perché al pubblico non veniva mai dato alcun punto di riferimento certo. Ogni volta succedeva qualcosa che cambiava le carte in tavola. Ogni volta il quadro generale peggiorava drasticamente. Per me “Pitch black” è un film della madonna! Senza se e senza ma.

Certo, ammetto che il film fosse fortemente derivativo, soprattutto dalle tematiche più tipicamente carpenteriane (ma vogliamo fargliene una colpa? Ce ne fossero di film capaci di confrontarsi con tali modelli): l’assedio; la notte come momento esistenziale e simbolico e non solo come intervallo temporale; i continui ribaltamenti di ruoli; personaggi di cui non è possibile fidarsi fino in fondo; le alleanze dettate dalla necessità. Nulla di originale, insomma, ma raramente ho rivisto nell’ultimo decennio un film di genere più solido e teso… Anche visivamente era estremamente curato e mi è piaciuta moltissimo l’alternanza tra la luce abbagliante del primo tempo (in cui Riddick è il cattivo) ed il buio tenebroso e veramente terrificante del secondo tempo (in cui Riddick si carica sulle spalle tutta la stamaledetta baracca).
Il finale, poi, era un gran bel pugno nello stomaco.

Poi, come in tutte le più belle cose, arrivò il capitolo due (“Chronicles of Riddick”) che, nonostante quella gran bravissima di Thandie Newton, era semplicemente una cagata pazzesca e super costosissima, che non merita altre considerazioni al riguardo.

 
Ed eccoci a “Riddick”.

Il terzo capitolo liquida in fretta e furia le ridondanti ambizioni del secondo: un breve flashback e quattro cazzate raccontate dalla voce narrante dello stesso protagonista chiudono i conti col passato e permettono di concentrarsi unicamente sul presente. Fine delle vocazioni epiche e delle saghe stellari. Pura sopravvivenza e sana violenza. Le premesse, se non altro, sono quelle giuste.

In pratica, anche se non avete mai visto un film della saga e se non sapete un cazzo di tutta la faccenda, potete spararvi il film capendo tutto quello che c’è da capire: ossia che Riddick è uno veramente super peso, che è meglio non farlo incazzare e che chi ci prova finisce senza la faccia… letteralmente!

La cosa buona, dunque, è che Riddick torna a fare Riddick; la cosa brutta, invece, è che il terzo capitolo costituisce di fatto la brutta copia del primo; da questo punto di vista, a poco valgono gli sforzi tesi a compensare il tutto con qualche abbellimento tecnico, con un massiccio ricorso alla computer grafica o con qualche innesto di lusso nel cast (mi presto al linciaggio, ma Katee Sackhoff – per sempre Kara Thrace "Starbuck" – è decisamente fuori ruolo e mai credibile, anche se il mio amore ed il mio rispetto rimangono immutati e mi sto tagliando da solo la mano che ha osato scrivere una tale ubrìs…).

 
Nella prima parte (stile survival), Riddick viene presentato ai non iniziati, ma, pur bellissima visivamente, risulta decisamente troppo lunga e forse anche inutile.

La seconda (scontro tra Riddick ed i bounty killer) ha il difetto che è la solita tiritera del personaggio più peso di tutti, che dimostra quanto è il più peso maciullando avversari come insetti e scherzandoli pure… questo è un problema di un sacco di film, perché se il regista non si inventa modi veramente fighi per farlo, tutto sommato finisci per romperti le palle dal momento che sai già come andrà a finire… nel primo capitolo, come detto, non era affatto chiaro il ruolo di Riddick, per cui lo spettatore rimaneva un po’ impantanato nell’imbarazzo morale di trovarsi a tifare per il “cattivo” e di non sapere dove si sarebbe andati a parare.
Oggi, al contrario, tutti sanno chi è Vin Diesel; chi è Riddick; come funziona la storia e dove porterà. Quindi, se pure l’intento è meritevole, il risultato è un po’ fiacco.

 
Poi c’è la terza parte, in cui, finalmente, la balotta dei mercenari attiva due neuroni e innesca una sinapsi, realizzando che non solo Riddick li sta maciullando uno ad uno come fossero gusci di arachide su un piattino all’ora di punta dell’aperitivo del venerdì sera, ma che sul pianeta si sta risvegliando qualcosa di ben peggiore… qualcosa di cui lo steso Riddick ha paura… per cui bella vez!, come non detto, tutti per uno e uno per tutti…! e la balotta mette da parte i vecchi rancori per tirarsi fuori dalle peste… La terza parte comincia effettivamente da dio (spoiler: la scena della testa nella scatola sarà sicuramente una maragliata atomica, ma ha tutti i crismi per esaltare le masse per i prossimi dieci anni… al termine, rimane nell’aria quell’odore di testosterone un po’ ammuffito che fece grandi certi anni ’80), ma ben presto il tutto si trasforma nella brutta copia del primo film, salvo che la vicenda viene risolta in fretta e furia, senza pathos e con un finale molto accomodante e, quindi, decisamente sbagliatissimo…

Riddick non sa che farsene delle amicizie virili e dell’onore, così come del rispetto e delle menate da vecchio west…
Riddick ha solo due pensieri in testa: sopravvivere e vendicarsi. Non è molto, ma è stato più che sufficiente per realizzare un gran bel primo film.
Se capisci questa cosa e devi inventarti un seguito è una grossa sfiga, perché c’è già stato “Pitch Black” e non puoi non afferrare che non riuscirai mai a fare di meglio, vista la miseria del materiale a disposizione (per cui, al massimo, puoi tirare fuori “Riddick”).
Se invece non la capisci, farai sicuramente un film di merda (ed ecco spiegato “Cronicles”).



GIUDIZIO SINTETICO: non è una merda come “Chronicles…”, ma siamo molto lontani dalla potenza del primo episodio. Forse è anche ora di basta!

VOTO: 5+


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