04/08/15

TERMINATOR GENISYS (di Alan Taylor)



Certo che è veramente dura riuscire ad inventarsi ancora qualcosa di nuovo all’interno di una saga partita come un b-movie da quattro soldi, con un protagonista all’epoca famoso solo per i muscoli marziani e il nome impronunciabile e, per giunta, basata su DUE idee talmente balzane da non valer nemmeno la pena di provare a fingere che potessero avere un senso…

Il successo mondiale del primo “Terminator”, date le premesse, era assolutamente non preventivabile: mezzi modesti, interpreti mediocri e una sceneggiatura con buchi logici grandi quanto il Grand Canyon.

Col senno di poi, tutti bravi a dire che però c’era dietro il genio di Cameron (che ha il merito di averci creduto un casino) e il carisma di Schwarzenegger (rivelatosi uno dei più imprescindibili interpreti del cinema di genere delle successive due generazioni). Ma, col senno di poi, non vale. Nell’anno del signore 1984, il primo era praticamente al suo esordio (in curriculum aveva solo la regia di “Piranha - Paura”, pellicola divertente, ma non certo fondamentale nella storia del cinema); il secondo, invece, vantava una quindicina d’anni di mediocri comparsate e la sua carriera di attore, a parte il ruolo di Conan (in cui brillava decisamente più per i volumi dei deltoidi, che per l’intensità della recitazione), non aveva certamente lasciato alcun segno tangibile. 

Insomma, tu sei un giovane regista pieno d’idee e di buone speranze che sogni di farti un nome nel mondo del cinema e, un bel giorno, arriva un produttore che ti dice: James, il tuo film coi piranha ci è piaciuto… perciò abbiamo deciso di affidarti la regia di un film il cui attore di punta è un ex culturista austriaco… se è bravo? Bravissimo. Pensa che ha due braccia grandi come una Panda… il budget per gli effetti speciali? Beh, intanto ci sono i bicipiti dell’austriaco e poi, forse, rimediamo un paio di raudi per piazzare una bella scena di esplosioni e poi… ti ho già detto quanto è grosso quel tipo, vero? Di cosa parla il film? Tranquillo, James, perché la storia è da paura; dunque, c’è questo cyborg assassino che torna indietro nel tempo per uccidere la madre del futuro salvatore del mondo, il quale, a sua volta, manda indietro il suo scagnozzo perché si accoppi con mammina per concepirlo… tranquillo James… ho già i contatti con le tv private italiane, quelli ci vanno a nozze con questa roba…

Che vi devo dire? Bravo Cameron a crederci e a puntarci reputazione, carriera e pensione, che ancora non aveva. Nessuna delle tre! 


Cameron, a differenza di quello che avrebbe fatto chiunque altro al suo posto, non si è limitato a svolgere il compitino e a confezionare l’ennesimo film da vedere in replica su Telesanterno il sabato pomeriggio, ma ci si è messo di sbuzzo buono, si è arrotolato le maniche e ha deciso di fare, come si suol dire, di necessità virtù; il mio maestro jedi, dopo aver visto il film, mi ha ammonito dicendomi: “osserva, mio fedele padwan, e impara come si fa a trasformare in forza la tua debolezza”. 

Mi piace pensare che la grande lezione di “Terminator” e la grandiosità del suo regista siano racchiuse, tra l’altro, in questa costante propensione a guardare al di là dell’ostacolo; a sbattersene, insomma, dei limiti di budget, di risorse e di mezzi a disposizione e a puntare sempre e comunque verso il massimo possibile immaginabile. Per me, “Terminator” è stato tutto questo: la capacità di trasformare le mancanze in risorse; la strafottenza di voler imprimere personalità a un filmaccio da edicola; il talento di riuscirci al punto da farsi perdonare dal pubblico (anzi, da fargli scordare del tutto) le premesse bislacche della storia; la capacità di spremere sangue dalle rape e di riuscire sempre e comunque ad ottenere il meglio possibile da ogni attore, per quanto cane, a propria disposizione; la consapevolezza e la maturità di un ragazzo che, già alla seconda regia,  dava sempre l’impressione di saper esattamente dove voleva andare, come e perché. Tutto ciò, in uno con lo smisurato e inaspettato carisma del suo monumentale protagonista, riuscì ad elevare “Terminator” molto al di sopra della media dei film di genere della sua generazione e a trasformare il suo regista, da sconosciuto ex camionista che aveva girato il film coi piranha, ad autore destinato di lì a qualche anno a diventare – per incontestata autoproclamazione – the king of the world.

 
Se hai quattro soldi, attori inespressivi e una storia che proprio non sta in piedi, hai fondamentalmente due opzioni: fare un film nonostante i limiti dei mezzi a tua disposizione; oppure fare un film esaltando quei i limiti. La prima ipotesi avrebbe prodotto il solito film fatto di effetti scadenti che si alternano a dialoghi scadenti che cercano di dare plausibilità ad una trama del menga interpretata controvoglia da attori cani. In questi casi, l’unico modo per salvare la baracca è quello di contattare immediatamente qualche direttore di rete italiano, per rivendergli il prodotto per i palinsesti pomeridiani estivi…

La seconda ipotesi è fare pochi effetti, ma farli bene e metterli nei punti giusti. È ridurre il dialogo all’osso. È girare tutto di notte. È sbrigare la faccenda della trama il più in fretta possibile, e poi lavorare a colpi di atmosfera, di tensione, di azione. Cazzo, usare una montagna di muscoli espressiva come una parete bianca per fargli fare un robot muto e assassino è la migliore interpretazione del concetto di massimizzazione delle risorse che ho visto da moltissimo tempo a questa parte.

Ecco perché, in “Terminator”, la fotografia rinunciava alla classica palette di colori freddi e desaturati, che aveva caratterizzato la maggior parte delle produzioni di genere fantascientifico, in favore di forti chiaroscuri e tinte dark; ecco perché la regia rinunciava programmaticamente e consapevolmente alla leggibilità e alla nitidezza dell’immagine (anch’esse tipiche del genere fantascientifico: perché lo spettatore doveva poter apprezzare nel dettaglio tutti i particolari del futuro di volta immaginato); ecco perché il film non era solo una scusa per legittimare un’esplosione e perché gli effetti speciali, pochi ma buonissimi, erano sempre a disposizione della trama e mai il contrario; ecco perché la luce e l’atmosfera viravano decisamente verso tinte lugubri e fortissimamente gotiche. Le scene, come detto, erano quasi sempre buie, tetre, sporche e la muta fisicità di Schwarzenegger incarnava alla perfezione il ruolo del novello mostro di Frankenstein, il mito spietato del Golem e l’invincibilità del Principe della Notte. “Terminator” si basava sui temi classici della fantascienza pulp e distopica (robot, guerre globali tecnologiche e viaggi nel tempo), ma, non potendosi permettere una messa in scena in grado di supportare visivamente il racconto, era girato come un horror, richiamando atmosfere e tòpoi classici del polar e strizzando fortemente l’occhio a situazioni e ambientazioni urbane degne del miglior Carpenter, fatte di tremendi assedi, lunghissime fughe, impossibili lotte contro nemici sempre troppo numerosi o troppo forti per poter essere battuti. “Terminator” era resistenza, lotta per la sopravvivenza, sfida impari contro un nemico implacabile e invincibile che non avrebbe mai smesso di perseguitarti.

C'è più pathos in questa scena, che in tutto "Salvation", "Genesis" e "T3" messi assieme

Terminator”, nonostante l’immenso contributo di Cameron, rimaneva pur sempre, nelle sue premesse, il classico film di genere degli anni ’80: gli escamotage scientifici che ne costituivano la base, pertanto, non erano altro che banali pretesti per scatenare un ergumeno dalla forza mostruosa e privo di sentimenti sulle tracce di una donna priva di mezzi e risorse per difendersi. Queste premesse, che tenevano a malapena per legittimare un b-movie, non potevano in alcun modo costituire le fondamenta su cui, come invece è stato fatto, edificare un intero universo di sequel, prequel, reboot.

Per intenderci, “Star Wars” si fondava niente-popò-di-meno che sulla guerra tra impero e repubblica, era ambientato su decine di pianeti di tutte le galassie e aveva le spade laser, le pistole al plasma, i cavalieri jedi, le astronavi, la Morte Nera, il Millenium Falcon, l’esercito dei Cloni, Chube, Yoda, Darth Vader e mille mila altri personaggi dai costumi, forme e colori più strampalati. Ci credo che potevi allungare il brodo a tuo piacimento! Stesso discorso, con diverse modalità, per “Star Trek”. Qui il trucco fu inventarsi i viaggi spaziali di esplorazione. Ogni viaggio portava un nuovo nemico, un diverso alleato e un intero universo ogni volta diverso da scoprire. Anche lì, potevi tirarla lunga finché ti pareva.

Ma “Terminator” no.

Terminator” non era nato per diventare saga. “Terminator” si fondava su DUE idee talmente del menga da costituire altrettanti paradossi e ambiva a un destino fatto di seconde serate su Italia 1 (nel migliore dei casi) o di pomeriggi estivi su TeleCapodistria (nel peggiore).

I viaggi nel tempo se non hai i soldi per gli effetti speciali...

Solo che Cameron è stato così bravo, che il suo film è riuscito, non si sa come, a far dimenticare a TUTTI che John Connors NON POTEVA essere il figlio di Kyle Reese e che Skynet NON POTEVA esistere prima che la mano del T-800 venisse ritrovata nel passato.

È inutile che ci proviate. Le premesse di Terminator sono una cagata colossale, fanno acqua da tutte le parti e anche un bimbominkia di dieci anni potrebbe smascherarle come implausibili. Non è questione di teorie quantistiche o di teoremi fisici. Semplicemente, non hanno senso. Punto. John Connor, infatti, non può esistere e guidare la resistenza nel futuro, se è vero, come è vero, che è il figlio di un tizio che lui stesso ha mandato indietro nel tempo per ingravidare sua madre. E non può esistere una guerra contro le macchine intelligenti, se la tecnologia alla base di quelle macchine è stata conosciuta solo quando una di quelle macchine è riuscita a tornare indietro nel tempo, offrendo la base scientifica per inventarle. Cazzo, è tutto talmente strampalato che è difficile anche provare a spiegarne il perché. Riproviamo: John Connor non può mandare Reese indietro nel tempo, perché Reese è suo padre e finché Reese non torna indietro a mettere incinta la signora Connors, John non dovrebbe esistere. E se John non esiste, non può mandare Reese indietro nel tempo a concepirlo. Lo vedete? È un paradosso da cui non si esce….
Skynet, d’altro canto, non può avviare una guerra che porterà alla costruzione dei terminator, se la tecnologia per costruire skynet si basa esclusivamente sul processore rinvenuto sui resti di un cyborg venuto dal futuro. Come cazzo l’hanno costruita skynet, la prima volta, senza l’ausilio della mano di terminator? Come cazzo può, John Connor, essere nato prima di suo padre? Non si scappa. Le premesse poggiano su paradossi temporali del tutto privi di senso. Ma il film era bellissimo e tutta la faccenda scientifica veniva liquidata con due battute veloci veloci e tanti saluti alla plausibilità scientifica. Viva Schwarzenegger con gli occhi rossi e la mano metallica che insegue Sarah Connors e distrugge tutto ciò che gli capita a tiro in un 1984 buissimo e tetrissimo.

Sulla carta, avrebbe potuto benissimo finire lì. Cameron, essendo riuscito a trasformare uno dei tanti b-movie del tempo in uno dei più importanti film di genere degli anni ’80, aveva assolutamente fatto tombola, avviato la sua promettente carriera e realizzato un miracolo che non si vedeva dai tempi delle nozze di Canaa. Arnie, pure lui, ne usciva a testa altissima, avendo finalmente piazzato in curriculum uno dei personaggi più amati e apprezzati della sua generazione – e fottechezzo che si trattasse di un robot inespressivo e assassino, da lì in poi, lo aspettavano almeno dieci anni di personaggi e film memorabili. Insomma, avevano vinto tutti. Produttori, regista e attore principale. Il pubblico in visibilio e i cinema pieni. Ma che vuoi di più dalla vita? E invece no; invece Cameron, non contento di aver vinto la lotteria di Capodanno, decide, pochi anni dopo, di investire tutto il capitale accumulato su un solo giro alla roulette, su un numero secco, e di dirigere il sequel di un film che già non aveva le basi abbastanza solide per reggere il primo tempo del primo capitolo. 


Terminator 2”, sulla carta, era una mossa folle e rischiosissima. Perché era impossibile pensare di riuscire a replicare il successo del primo capitolo, le cui ingenuità narrative, gli effetti speciali fatti col Vic 20 e la recitazione al limite del saggio di fine anno in parrocchia erano stati tollerati e perdonati da critica e pubblico non solo in virtù della inaspettata genialità mostrata dal suo talentuoso regista, ma anche per gli evidenti limiti di budget e per la vocazione fortemente trash e genuina che ispirava, almeno in teoria, tutta l’operazione. Soprattutto, nessuno si aspettava nulla da “Terminator”, da Cameron o da Schwarzenegger.

T2”, invece, si presenta con, alle spalle, un investimento produttivo faraonico (inventò la moda di annunciare un film come il più costoso della storia del cinema). Palate di soldi vengono buttate nel comparto effetti speciali. Il film sveste i panni di modesta e coraggiosa produzione di genere per indossare quelli di colossal da major hollywoodiana (con tutto ciò che comporta in termini di libertà di sperimentazione e d’invenzione). Cameron è ormai un regista affermato, che ha già girato con successo il seguito di “Alien”, e Schwarzi è diventato una delle icone più celebrate del cinema action. Nel 1991, quando il film uscì, tutti abbiamo temuto che Cameron avesse ceduto al lato oscuro della forza, trasformando la sua creatura prediletta in una super-marchetta genera-soldi e senz’anima.

Potevano farsi tutti malissimo….

.. e invece Cameron, per nulla intimidito dal budget faraonico, toglie ogni freno inibitore e lascia correre libera la propria creatività, tirando fuori dal cilindro quello che, probabilmente, costituisce uno dei film d’azione più belli di tutti i tempi, riuscendo a superare da destra, non prima di avergli sfanalato con irritante prepotenza, qualunque altro prodotto precedente, contemporaneo e, probabilmente, pure dei successivi dieci anni. Il film era talmente avanti e talmente bello da un punto di vista tecnico e visivo, che, rivisto oggi, risulta ancora dannatamente ben fatto e riesce veramente difficile pensare che siano trascorsi 25 ANNI dalla sua uscita nelle sale… pensate solo che le spettacolari trasformazioni del T1000 erano talmente perfette da essere state riprese pari pari, senza modificare praticamente nulla, nel film uscito la settimana scorsa. Non dico altro!


Se guardate un film uscito anche solo nel 2005, ossia 10 anni fa, con buona probabilità vi sembrerà di stare guardando una roba dei tempi del muto che procede al rallenty.

T2” è del 1991. Per cui dovrebbe essere preistoria.  Invece, è ancora attuale come una sedia di Eames. Più che attuale è eterno, senza tempo. Ritiratelo fuori tra cinquant’anni e sarà ancora bellissimo e potentissimo. Il buon vecchio Arnie, sempre in gran forma e con grande autoironia, direbbe che è vecchio, ma non ancora obsoleto; al punto che gli effetti del film sono buoni ancor oggi, che di anni ne sono passati 25!!!

Se il successo di “Terminator”, alla fin fine, è dipeso da una fortunata combinazione di ingredienti che hanno funzionato alla perfezione nel momento giusto, ma che in sé, rivisto oggi, paga abbastanza il peso degli anni, “Terminator 2” è invece un capolavoro che al caso e alla fortuna non ha lasciato nulla. La pellicola è stata il risultato di una pianificazione e di una strategia a dir poco geniali, che ha saputo reinventare se stesso senza tradire la minima aspettativa del pubblico, aggiungendo un livello di adrenalina e spettacolarità che ha letteralmente disintegrato e mortificato qualunque altro competitor per i successivi dieci anni.

Terminator 2” è uno dei pochissimi esempi di sequel che non solo avevano un senso, ma che sono risultati infinitamente meglio del film originario per idee, effetti, realizzazione, storia e interpretazione (un giorno, magari, ne parleremo più approfonditamente).

Dopo il miracolo del secondo capitolo, però, bisognava avere il coraggio di finirla. Sinceramente! Insomma, hai girato il film della vita e, contro ogni più rosea aspettativa e pronostico, hai creato un sequel che è dieci livelli sopra il tuo capolavoro. Non c’è proprio modo, garantito al limone, di tornare sul tema senza incorrere in un pesante capitombolo. Insistere e riprovare sarebbe stato peccare di presunzione, di avidità e di superbia. Proseguire sarebbe stato un affronto alla sorte e alla benevolenza degli dei.


Ribadisco: due idee (logicamente sbagliate) e i muscoli di Schwarzenegger possono bastare, se sei un genio a realizzare un buon film. Cameron ne ha tirati fuori addirittura due, per giunta fondamentali e bellissimi. Il problema è che gli ultimi vent’anni hanno visto nascere altri tre film (e almeno un altro in cantiere), una serie tv, decine di videogiochi, romanzi e fumetti a profusione… Terminator è diventato un franchise che ha pagato lo scotto di non lasciar morire una storia concepita per essere un b-movie con un body builder come protagonista e di averla voluta far diventare una saga che neanche Star Wars…

Gli antichi greci l’avrebbero definita ùbris. E non sarebbe passata impunita. Cameron, che è tutto fuorché un cretino, non ne ha giustamente più voluto sentir parlare e si è dedicato al mestiere di collezionare premi Oscar e incassare miliardi. Che, come mestiere, non mi sembra male! L’avidità e la stupidità degli uomini, invece, ci ha regalato boiate come “Terminator3” e “Salvation”. La sentenza, per i posteri, è fin troppo facile.

Chiusa l’inevitabile parentesi storica, che non può non essere tenuta in considerazione per giudicare il presente, veniamo a parlare dell’ultimo capitolo.

Terminator Genisis”, a conti fatti, è meno peggio di quel che temevo. Vero che temevo il peggio assoluto, ma, da questa prospettiva, il meno peggio è comunque meglio di niente.

Cosa proprio non va:

1)    Emilia Clark, sotto il profilo della recitazone, è una cagna malata (credo che sia il termine tecnico ufficialmente riconosciuto dalle convenzioni internazionali); già mi è insopportabile come Daeniris Targherian in "GoT", dove non riesce a dare espressione e vigore ad un personaggio che avrebbe tutte le carte in regola per essere una cartola da paura (stiamo parlando di una attrice che, nella serie di punta del canale più cazzuto della storia della televisione, dovrebbe interpretare quella che, dopo essersi fatta sbattere pesantemente dall’assassino del fratello, partorisce tre draghi, grazie ai quali organizza un esercito di invincibili eunuchi per riconquistare il trono di spade strappato al suo padre pazzo e assassino e che, invece che giganteggiare dall’alto di un personaggio clamoroso, passa le puntate a sospirare, a piangere e a farsi plagiare e sbattere da chiunque le passi di fianco);  Emilia Clark come Daeniris Targherian è pessima, ma come Sarah Connors è TOTALMENTE IMPRESENTABILE. Non ne ha il fisico, il carisma e la credibilità. Del paragone con Linda Hamilton, non voglio neppure iniziare a parlare... La Clark sembra una ragazzina sbruffona che recita a fare la dura, ma che si mette a frignare alla prima sbucciatura. Insomma, va bene tutto; va bene inventarsi ogni volta un paradosso temporale differente per far andare avanti un carrozzone che si è impantanato da anni su se stesso; va bene fottersene delle leggi della fisica e della logica… ma, cazzo, Sarah Connor non si tocca. Sarah Connor è sempre stata quella che sapeva COSA fare e PERCHÉ doveva farlo. Sulle sue spalle, da sempre, grava la responsabilità di generare, allevare, proteggere e addestrare il futuro salvatore del mondo. TUTTA la sua vita è sempre stata QUESTA COSA QUA. Che ora faccia le bizze, mi parli di amore e scriva sul suo diario segreto che è triste perché non può fare le cose a raglio come i suoi coetanei sfigati è semplicemente una cagata pazzesca, che non sta in piedi in nessuna linea temporale. Neanche nel far west di "Ritorno al futuro III" dove, prima o poi, vedremo il crossover tra McFly e Terminator e dove John Connor combatterà Skynet, celata dentro le sembianze di una macchina da scrivere, a bordo di una Ford Delorean trainata dai cavalli…

Hey, ti serve del carisma...?

Bau Bau Bau

2)    va bene che hai deciso di mandare a puttane ogni parvenza di continuity e di plausibilità, ma se mi racconti - SPOILER - che il terminator è andato indietro nel tempo per la prima volta nel 1973 e non nel 1984 come mi hai sempre fatto credere, devi perdere almeno due minuti per spiegarmi PERCHÈ e CHI ce lo abbia mandato… altrimenti puoi raccontarmi anche che ad un certo punto è arrivato Neo e con la sua vista verde ha hackerato il mainframe del wifi dell’internet aprendo una breccia quantica di matrice mistica che ha permesso il balzo intergalattico a velocità ridicola… tanto il cervello lo sbombardo con la birra e i miei neuroni sono rimasti sul comodino assieme alla patente…

Cosa va così così:

1)   la regia è onesta; si vede che Alan Taylor (chi...?) non è un improvvisato e che sa muovere bene la macchina da presa (ha lavorato in un sacco di serie giuste, da "Boardwalk Empire" a "Lost", da "Oz" a "GoT", da "Mad Men" a "Six Feet Under", "Sopranos" e "Homicide"). Manca però l’aurea di un autore degno di questo nome e capace di improntare con la propria personalità tutto il film, sopperendo alle cagate di sceneggiatura e alla pessima verve del cast. Di Cameron ne nasce uno ogni vent’anni, ma di onesti registi che non sono solo degli anonimi mestieranti è pieno il mondo. Terminator è una saga che può reggere solo se chi la dirige è in grado di compensare a colpi di carisma, atmosfera ed emozioni una struttura narrativa che avrebbe fatto fatica anche ad essere la base per un platform a scorrimento orizzontale.


2)   il cast, a parte quella cagna malata della Clark (che è veramente impresentabile), lavora al minimo sindacale. Nessuno brilla particolarmente, neanche il solitamente ottimo Jason Clarke, il quale, poveretto, non può fare miracoli, dovendo fare i conti col materiale a disposizione. Neanche Bale è riuscito ad essere un dignitoso John Connor (che faceva John Connor e guidava la resistenza); figuriamoci qui – SPOILER – in cui John Connor fa il terminator coi sentimenti – FINE SPOILER. Il personaggio di Kyle Reese, il padre di John Connor, è interpretto da quello che faceva il figlio di McClane nell’ultimo “Die Hard”. Che, nel frattempo, si è imbolsito che sembra Abatantuono a fine carriera, ma che ha una faccia che mi sta simpatica, per cui, anche se è un mezzo cane pure lui, lo salvo. E poi, rispetto agli altri interpreti di Reese, Courtney è grasso che cola...

Grasso che cola...
3)    la storia sembra pensata più per giustificare un quinto (e probabile sesto) capitolo che per voler dire qualcosa sul tema. “T2” fu un capolavoro perché non si preoccupava di essere un sequel, ma cercava invece di raccontare una storia che avrebbe comunque funzionato di per sé, lavorando sull’evoluzione dei personaggi di base, che, di fatto, si trasformano TUTTI in qualcosa di nuovo rispetto al precedente film. Qui, invece, sembra che tutto sia pensato per impressionare, piuttosto che per avere un senso. Lo abbiamo detto e ridetto. TUTTI i film di Terminator muovono da premesse scientifiche del cazzo e da basi logiche senza senso. Se queste sono solo pretesto per dar sfogo a carisma, azione, emozioni e adrenalina a profusione, amen per la logica e allacciate le cinture. Il viaggio vale comunque la pena. “Genesis”, invece, punta moltissimo sui ribaltamenti di trama e di prospettive, spinge il colpo di scena a costanti rilanci e lavora pochissimo sui personaggi, che sono tutti scialbi e molto dimenticabili. Per questo il film può tenere ad una prima visione all’oscuro da spoiler (che gli autori hanno avuto la brillante idea di inserire nei trailer promozionali, giusto per dare l’idea di quanto credevano nell’appetibilità del progetto) e si fa decisamente fatica a pensare di concedigliene una seconda. Ribadisco, non è necessariamente un problema se un film non sta in piedi sul piano logico. Certo, sarebbe meglio pensarci prima, ma se proprio devi raccontarmi una roba senza senso, allora è meglio se me la dici veloce e poi fai di tutto per farmene dimenticare. Se, invece, partendo da premesse strampalate, mi costruisci un intero plot di twist pazzeschissimi che hanno uno meno senso dell’altro e che cercano solo di far arrivare lo spettatore alla fine talmente impegnato a non perdersi dentro l’ennesimo paradosso temporale o all’ennesima incongruenza logica, da non farlo ragionare sul fatto che quei paradossi e quelle incongruenze non sono dei twist super figosi, ma delle pezze, per nascondere delle pezze, che coprono delle pezze, messe lì per giustificare degli errori.

Non nego che il film mi abbia anche divertito, ma non mi ha mai veramente emozionato. E quanto a carisma, siamo dietro anche agli Expendables

4) 'sta roba (SPOILER) che Skynet sia un misto tra il Cloud e il Facebook, sinceramente, mi fa un po' ridere. Son d'accordo che Zuckerberg e Steve Jobs siano simpatici come due gatti attaccati ai maroni, e che siano in parte responsabili della stupidità, se non del genere umano, se non altro delle ultime generazioni di teenager... però, da qui ad attribuirgli la paternità di Terminator il salto dello squalo è bello lungo...

Cosa funziona:

1)  gli effetti speciali sono fatti da dio e il film, da questo punto di vista, pur non essendo rivoluzionario ed innovativo come il secondo capitolo, costituisce un ottimo prodotto, ben confezionato e assai godibile;

Essere cagne anche in foto...

2)    il ritmo è buono; il film non annoia, proprio perché è costruito per accumulo di colpi di scena. Se ogni due minuti mi cambi la storia, se mi salti continuamente da una linea temporale all’altra, se mi scombini le carte in tavola ogni volta che credo di aver capito almeno a che gioco intendi giocare e se fai esplodere tutto quello che c’è sullo schermo facendo combattere diversi Terminator tra loro… e se proprio non sei un cane, è facile riuscire a tenere impegnata la mia attenzione. Il problema, semmai, è dover chiedere allo spettatore, una volta che si sono riaccese le luci in sala dopo i titoli di coda, di astenersi da ogni tentativo di analisi di quello che ha appena visto e di limitarsi, invece, a fare un bel rutto digestivo di tutti i poppi e la birra ingurgitata durante la visione, lasciare in stand-by il cervello e tornare a casa con un sorriso ebete e lo sguardo assente. Perché tutti i twist, i continui cambi di prospettiva e i pazzeschissimi colpi di scena sono assolutamente GRATUITI, dal momento che non poggiano su nulla, non hanno il minimo senso e non portano nemmeno da nessuna parte.


3)    Schwarzenegger, per dio, si conferma un mito. Ma come si fa a parlare male di un uomo che, pur sprovvisto del benché minimo talento espressivo e assolutamente incapace a recitare è diventato l’icona assoluta del cinema action americano, pur essendo di origini austriache che ne caratterizzano ancora fortemente la dizione…? Come si fa a voler male ad un gigante che è stato Conan, Terminator, Commando, l’uccisore di Predator e che poi si è messo a fare il governatore della California per poi tornare a fare cinema interpretando un robot con le rughe e i bicipiti ancora in palla…?
Shwarzenegger è uno dei pochi attori (assieme a Bruce Willis) che sa giocare con i propri limiti, prendersi in giro quando serve e sul serio quando c’è bisogno. La sua presenza scenica è tale da riuscire a caricare ogni film, anche il più modesto, del valore aggiunto costituito dal suo immenso carisma. Ecco. Schwarzenegger recita col carisma. Non parlategli di tecniche attoree, di impostazione corporea, di uso dello spazio e di dizione. A lui non servono. Lui ha un carisma che compensa tutto il resto e che si mangia chiunque gli passi di fianco. Chiedetelo a Stallone che, in “Escare Plan” ha visto l’amico rivale di sempre mangiargli la scena inquadratura dopo inquadratura. Un gigante. Promossissimo.



GIUDIZIO FINALE: Un onesto prodotto estivo. Buoni effetti, un sacco di twist, ma pochissimo senso. Schwarzenegger in forma e la Clark cagna malata. Tutti gli altri sotto la media. Inutile, ma indolore.

VOTO: 6­+ (perché poteva anche essere mooooolto peggio)















1 commento:

  1. concordo, il film è meno peggio del previsto. io arrivo a 7-, per due motivi: (1) il film torna bene all'idea originale, cioè busserie e inseguimenti (2) la prima mezz'ora, con le scene rifatte del primo film, e i 4 Terminator che si incrociano, è strepitosa

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