20/05/15

MAD MAX - FURY ROAD (di George Miller)



Grazie a dio sono ateo. Perchè da oggi, come San Paolo sulla Via di Damasco, conosco il significato della conversione, so cosa significhi avere un credo, abbracciare una fede, avere una religione a cui ubbidire e una divinità a cui guardare misericordioso.

Il credo è racchiuso nel calore del deserto senza fine, nell'odore di benzina e ottani, nel sapore metallico di droghe sintetizzate al cromo e nella velocità come unica discriminante tra la vita e la morte.

La religione è la strada, che corre per lande desolate e devastate.

E gli avvoltoi sulle case sopra la città.. senza pietà!

Il mio dio ha un nome e un cognome. George Miller. Ed è australiano.

Grazie a dio non sono nemmeno un giovane regista con un paio di film alle spalle.
Per carità, massima stima per chi esercita professionalmente la settima arte, ma non invidio affatto chi si è svegliato la scorsa settimana ed ha scoperto di averle buscate di santa ragione da un vecchio di SETTANT'ANNI che tutti davano prematuramente già per morto da un pezzo e che invece si è preso la briga, dopo aver inventato un intero immaginario dell'apocalisse post atomica, di prendere per un'orecchia gente che poteva essere coetanea dei suoi nipoti e che per quarant'anni non è riuscita a fare nulla di meglio che scopiazzare qua e là gli emuli dei suoi lavori e dimostrare loro di non aver mai veramente capito un cazzo della lezione originaria.

L'aria... si incendiò...




Il mio dio si chiama George Miller e il suo regno è ciò che è rimasto del mondo dopo che ha infuriato l'Armageddon.

Il Paradiso è una fonte di acqua potabile, qualche seme fertile e benzina per alimentare cuori e motori.

Il mio dio non ha impiegato sette giorni per creare l'universo. Ci ha messo quarant'anni per inventarlo, per abbandonarlo nelle mani di discepoli troppo timidi per esplorarne fino in fondo i più reconditi abissi, e, infine, per riprenderselo con forza, elevandolo al sublime.

Dopo aver insegnato ai giapponesi (AI GIAPPONESI!!!) come e dove vivesse l'erede della sacra scuola di Okuto e spiegato a gente come Carpenter (CAR-PEN-TER!!!) come il futuro radioattivo assomigliasse a roba borchiata e suonasse come un disco punk-hardcore, George Miller si è rimesso dietro la camera da presa, ha indossato il paraspalla d'ordinanza e ha aperto il gas come se non ci fosse un domani...

...perchè non ci sarà più, un domani.

E poi, silenzio!


Il futuro di George Miller è un eterno presente - coloratissimo, viratissimo e malatissimo - in cui l'uomo è regredito ad uno stadio primordiale fatto di puro istinto e bisogni primari. Mangiare. Bere. Cacciare. Sopravvivere. Non c'è tempo per altro.

Il sesso deve ancora essere scoperto. Così come l'amore, l'etica e la morale.

La parola stessa sembra bandita. O qualcosa ancora da riscoprire. Gli eroi di Miller si esprimono a gesti, a sguardi allucinanti e allucinati. Il film è praticamente muto. Tom Hardy emette più grugniti che verbi e quando riesce a togliersi la museruola di ghisa che gli imprigiona la faccia, dopo mezz'ora di film, tu nemmeno ti accorgi della differenza. In tutta la pellicola ci saranno, sì e no, dieci linee di dialogo.

Il Diavolo veste i panni allucinati di Immortan Joe, il capo di una comunità di pazzi, vestiti come fan dei Ramones, drogati come Syd Viciuos e pronti a morire per un posto nel Valhalla. Dio bono. Il Valhalla. Se me lo avessero raccontato prima, avrei storto il naso e bollato il tutto come una cagata pazzesca. Ma, come cantava Rino Gaetano, non giudicate un film senza prima averlo veduto. Ogni vero credo deve superare lo sgegno degli scettici.


Dèi pagani, miti barbari, paradisi per guerrieri... la mitologia nordica incontra il deserto della civiltà. Niente sofismi, niente indulgenze, nessuna pietà. Si muore strafatti sfrecciando su bolidi di acciaio, depredando, saccheggiando, ululando alle stelle... Immortan Joe è un profeta satanico uscito di pacca dal cast di un film di Predator. La meravigliosa, immaginifica e straordinaria GAS TOWN, la città fortezza di cui è il signore sovrano, sembra il prodotto incestuoso dell'accoppiamento di un incubo di Giger con uno slum di Calcutta... dove tra lamiere falliche, giardini pensili, vapori steampunk e ingranaggi delle dimensioni di un palazzo, un esercito di mendicanti elemosina un goccio d'acqua, mentre un esercito di glabri guerrieri bambini, pitturati di bianco come fantasmi dell'aftermath, inneggia il nuovo padrone.

Tutto è pazzescamente e follemente meraviglioso. La cura maniacale per il dettaglio, per il particolare, lascia esterefatti, basiti, senza parole come i protagonisti del film... non c'è un solo bullone, vite, tanica, carro, trave o semplice vaso, che non sia quello giusto e l'unico possibile. Non invidio nemmeno lo scenografo di Miller, che deve essere impazzito per dare forma ad un inferno in terra che non ha eguali nella storia del cinema. Miller, tra l'altro, è uno della vecchia scuola. Fanculo agli smanettoni e alla computer grafica. Tutto quello che vedete (eccetto il braccio mancante della Theron e i colori pazzeschissimi) è rigorosamente VERO. Vere le auto, vere gli stunt, vere le scenografie.


Il mondo di Miller è un mondo coloratissimo e bellissimo. Ma chi l'ha detto che il futuro postatomico debba essere necessariamente pallido, giallo, malato e desaturato...? Che??? Ve lo aveva insegnato Miller con i suoi film precedenti? Fanculo. Miller non copia nessuno. Nemmeno se stesso. La bellezzza esiste anche nel dopobomba. Anche se è una bellezza folle come il mondo bombatomicato. L'uomo, in fondo, ha sempre anelato al sublime e inseguito la magnificenza. E allora ecco a voi la meraviglia geneticamente modificata. Il barocco all'idrogeno. Il roccocò della mutazione.

Il futuro di Miller è l'alba di un nuovo inizio. Una nuova età dell'Uomo, l'età del Cherosene, in cui tutto torna e regredisce all'archetipo: le donne sono incubatrici di figli e mucche da mungere. Gli uomini sono cacciatori. O vittime. Tutto il resto è noia.

Ma prima c'è Max.


Max non ha bisogno di presentazioni. Miller se ne sbatte della continuity temporale e delle menate da fandom; il suo eroe non ha bisogno di introduzioni. Il mondo è esploso. L'aria si è incendiata. Max non è più uno sbirro, un marito, un amico e neppure un uomo. Max è, a tutti gli effetti, un'icona; un archetipo; un simbolo. Sinceramente, non mi ricordo nemmeno se qualcuno pronuncia mai il suo nome. Ma la sua pelle porta inciso il suo ruolo: Universal Donor (perchè nel nuovo mondo siamo solo funzione) e, più sotto, il suo mestiere e la sua vera vocazione: Road Warrior. Perchè dal bagliore atomico è emerso un guerriero. Che si muove in un mondo di predoni e cacciatori. E che sa che per sopravvivere dovrà correre più veloce di tutti. Come nella storiella del leone e della gazzella, non importa chi sei. Importa solo che devi correre. E Max corre più veloce di tutti per non andare da nessuna parte...



Il film apre con Max che osserva il deserto davanti a sè. Il suo corpo è fermo, granitico, monumentale.

E' l'attimo di pace che precede lo scatenarsi della tempesta. Perchè, dopo, sarà solo motori, fuga, botte, motori, fuga, botte, fuga, motori, motori, botte...

Al minuto due del film Max sale sulla sua pimpatissima V8 Interceptor e da lì in poi, Max e il film, non si fermeranno più.

Miller ha compiuto una specie di miracolo. Ha preso una delle scene più belle ed emozionanti dell'intero cinema Action (l'inseguimento finale del secondo capitolo della sua quadrilogia) e ne ha fatto un intero film di due ore. Nessuno aveva mai osato tanto. Con la presunzione e la strafottenza di chi sa di aver ragione. Nessuno aveva mai spinto il cinema a questa velocità, annullandolo, annichilendolo e rigenerandolo di nuova linfa e di nuova vita.

"Mad Max - Fury Road" va talmente veloce che torna indietro nel tempo. Miller torna al cinema muto. Quello dove l'immagine doveva saper compensare il silenzio e l'assenza del suono. Miller annulla concetti consolidati come dialogo, trama, costruzione ed evoluzione dei personaggi... o meglio, li gestisce come in un film di Fritz Lang degli anni '20, ma con l'immaginario visivo del prossimo secolo. Benvenuti nel "Nuovo Cinema Carmageddon", in cui tutto viaggia alla velocità della luce e dove se ti fermi un attimo a pensare... muori.

Miller riesce sintetizzare l'essenza stessa del cinema e racchiuderla dentro un folle inseguimento di due ore: mentre autoblindi pimpatissimi si danno battaglia, tamponandosi ed esplodendo tra bagliori di fiamme e stridori di lamiere piegate...mentre motociclette carrozzate frombolano giù dalle dune e guerrieri kamikaze si fanno catapultare legati a pali elastici su vetture in corsa... mentre un musicista impazzito, incatenato ad un camion, suona la colonna sonora della guerra su una chitarra elettrica lanciafiamme... mentre esplodono le montagne, infuriano le tempeste di sabbia e il mondo va a pezzi... mentre tutto ciò accade, Miller non solo non stacca un istante il piede dal gas, ma spinge a manetta sul tasto della nitro, accelera ancora una volta e trova pure il tempo di far emergere la tragica complessità del personaggio di Max e di concepire il più grandioso personaggio femminile della storia del cinema d'azione dai tempi di Sigourney Weaver nel primo "Alien".



Charlize Theron fa davvero paura. È un'attrice della madonna, capace di dare vita, anima e corpo alla Principessa Furiosa, ossia l'incarnazione terrena di una Valchiria pilota, che guida come un indemoniata e che lotta come solo chi ha qualcosa da perdere sa fare. La Theron ha il volto pittato di catrame come una novella guerriera comanche, ha un arto d'acciaio e lo sguardo glaciale di chi ha conosciuto tutto il male del mondo. Furiosa è un leader, ha carisma e vanta il rispetto conquistato sul campo. Ma non basta. Furiosa è anche donna, è femmina, è una creatura meravigliosa e fiera che irradia bellezza, oltre che forza. Dimenticatevi vent'anni di eroine in reggicalze e bustini. La Theron si mangia in un boccone le Milla Jovovich, le Scarlett Johansson, le Jennifer Lawrence e tutto l'esercito delle mille mila eroine buone solo ad attirare la bava di ragazzini segaioli... Furiosa non è una semplice fantasia erotica. E' invece una donna ch emena come un fabbro e che brama la propia libertà. Furiosa è l'unico personaggio del film capace di elevarsi dal proprio ruolo di archetipo (madre, mucca, procreatrice). Perchè nell'aftermath l'emancipazione non è un PHD alla Columbia e nemmeno uno stipendio da manager in una grande multinazionale del tabacco, ma è guidare una cazzo di cisterna nel deserto del dopoboba e ribellarsi a chiunque voglia che donna continui ad essere sinonimo di una vacca da cui spremere figli e latte.
 

Che belle che sono le donne di "Mad Max - Fury Road". Anni luce lontane dagli stereotipi del genere e invece vere, bellissime e incazzate, fiere e fragili, impaurite e speranzose, combattive e ciniche come i compagni maschi. Miller abolisce le classiche distinzioni di genere. Uomini e donne sono parimenti eroi, vittime, carnefici, guerrieri, piloti... esseri umani che lottano per sopravvivere e per migliorare la propria condizione.

Miller da vita e corpo a decine di personaggi e, senza neanche farcene accorgere, riesce a raccontarci tutto di loro, della loro storia, dei loro moventi, del loro carattere, delle loro speranze, paure, desideri... Miller ci racconta i piani di Furiosa, i deliri menzogneri e propagandistici di Immortan Joe, le sofferenze dei suoi figli deformi, i differenti stati d'animo delle sue cinque mogli, la manipolazione subita dal povero Nux,  la speranza delle donne guerriere, il fatto che esistano molteplici tribù in lotta tra loro a spartirsi quel poco che rimane del mondo, le priorità esistenziali e materiali che governano l'economia del dopobomba... ecco, Miller riesce a raccontarci tutto ciò senza spendere nemmeno una parola, senza spiegoni e cartelli luminosi. Miller riesce a buttare dentro il suo film tute le informazioni necessarie, pure quelle superflue e i dettagli preziosi, senza ridurre la velocità, senza togliere il piede dal gas e proseguendo a manetta la sua corsa folle e allucinata.

"Mad Max - Fury Road" è un orgasmo di colori sgargianti. La meraviglia dei paesaggi toglie letteralmente il fiato. I combattimenti sono folli, così come gli stunt ai limiti della follia. Ragazzi, non siamo sul set di un film girato con due lire da un gallese ubriaco a Jakarta, ma dentro una mega produzione da 100 milioni di dollari, in cui tutto gira con la frenesia, la fotta e l'entusiasmo di chi ha voglia di spaccare il mondo e le capacità per riuscirci.

Il cinema non è mai stato così vivo.

What a beautiful Day!!!



GIUDIZIO SINTETICO: Il nuovo testamento del cinema d'azione. Andate e diffondete il Verbo.

VOTO: 9








4 commenti:

  1. Concordo in pieno.
    Dalla prima all'ultima parola.

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  2. Grazie James, diffondi il Verbo!!!

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  3. Oggi ho aperto la tua pagina sperando di trovarci... Mad Max - Fury Road. E sperando di leggervi esattamente quello che ci ho letto, cioè la stessa esaltazione che ho provato io nel vederlo. Manca solo una cosa: appena terminata la proiezione, avrei voluto che ricominciasse dall'inizio. 2 ore di droga pura!

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  4. @Giacomo puoi dirlo forte!!! Non vedo l'ora che esca il blue ray per impararlo a memoria!!!!!!

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