13/03/13

THE RAID REDEMPTION (di Gareth Evans)




Vi ricordate quel vecchio coin-op che si chiamava “Kung fu master”? Se siete maschi, avete superato i trentacinque anni e non lo conoscete, meritate la visione dell'intera filmografia di Moccia in ginocchio sui ceci… tutti gli altri devono sapere che c’è stato un tempo in cui i videogiochi non te li potevi comodamente sparare sul divano di casa, armati di joypad ergonomico e tv al plasma da mille pollici, ma li dovevi affrontare al bar, al prezzo di una monetina da duecento lire, pigiando rabbiosamente un paio di tasti sulla consolle di un cabinato dai colori consunti e sgargianti, mentre orde di adolescenti (che fino a quel momento reputavi amici) gufavano alle tue spalle pronte a rimpiazzarti al primo errore. “Kung fu master” non era un semplice picchiaduro a scorrimento orizzontale… no, era il picchiaduro per antonomasia: conoscevo ogni sequenza di mosse, ogni trucco, ogni combinazione di tasti per poterlo portare  a termine, più e più volte di fila, con una sola vita. La trama era avvincente  e originalissima: a un tizio rapivano la fidanzata (Noooooooooooooooo!!!!!); lui si arrabbiava di brutto e decideva di andarla a salvare. Per potersi ricongiungere all'amata doveva avventurarsi dentro il palazzo dei cattivi e risalire fino all'ultimo piano prendendo a calci e pugni ogni uomo, stregone, animale, nano o vaso avesse l’ardire di pararglisi davanti.

Perché mi perdo dentro l’amarcord della migliore stagione videoludica degli anni ’80 per parlare di un film indonesiano del 2011…? Perché la trama del secondo sembra presa di pacca dal primo. E perchè, entrambi, sono roba che ti fa crescere "robusto e disposto all'esercizio dell'amata ultraviolenza".


The raid” comincia con una squadra di forze speciali di Jakarta che vuole sgominare una banda di criminali facente capo a un sanguinario signore della droga; la sfiga è che i cattivi si sono asserragliati dentro un lurido palazzone/bunker di mille-mila piani, letteralmente brulicante di pazzi assassini e insidie di ogni tipo. Ah, ovviamente, come nella migliore tradizione, più si sale di livello più il gioco si fa duro (con tanto di boss di fine piano).


L’eroe della nostra storia è un tale di nome Rama (interpretato dal fenomenale e pirotecnico Iko Uwais) che a vederlo non gli daresti mezza cicca, ma che se la tua vita dipendesse da un combattimento corpo a corpo costituirebbe la tua seconda migliore opzione (la prima? chi non conosce la risposta è già stato decapitato da Chuck Norris con un calcio rotante). Bene, Rama è praticamente l’unico poliziotto onesto dell’intera Indonesia e la sua giornata promette decisamente tempesta: non si è ancora ripreso dalla notizia di stare per diventare padre che si ritrova coinvolto nell'irruzione suicida dentro "tana delle tigri" dove il fratello che non vede da anni lavora come braccio destro per il famigerato boss malavitoso.

Ok, come trama “The Raid” prende punti anche dal “Maresciallo Rocca”, ma, come parte il film, non è più possibile staccare lo sguardo…

 
Infatti, tolti i primi 3-4 minuti in cui i poliziotti orchestrano una mezza strategia che si rivela disastrosa non appena varcano la soglia d’ingresso del palazzo e gli ultimi 2 dedicati ai commiati, il resto del film è la più colossale, la più grandiosa, la più folle e meravigliosamente divertente busseria che la storia recente del cinema ricordi.
Non ho reso l’idea? Prendete la scena finale di un qualunque “A better tomorow”, il contesto da assedio tipico di Carpenter, il rispetto per la vita altrui di un qualunque film sugli zombi e prolungatelo in un’unica sequenza narrativa di un’ora e mezzo… 


Ho letto da qualche parte che il regista (Gareth Evans) è gallese, ma un film così lo poteva girare solo in un posto (in questo caso l’Indonesia) dove è accettabile che il numero delle comparse morte male o contuse in modo orribile sia direttamente proporzionale alla qualità del film.

Ignoro le tecniche e gli accorgimenti impiegati per far si che un tizio scagliato giù per la tromba delle scale possa evitare di spezzarsi ogni giuntura e sopravvivere all’impatto col corrimano. Sono convinto che Gareth Evans abbia personalmente ucciso almeno metà degli attori e abbia minacciato di morte l’altra metà se si fosse rifiutata di fracassare tavoli con i denti, frantumare vetrate con la faccia e divellere muri con qualsiasi parte del corpo. Non ha nemmeno senso parlare di combattimenti, di tecniche marziali o di scenografie di lotta. Che pure sono sublimi e magistralmente girati. A partire da un certo punto è pura mattanza. Poliziotti, gangster, killer, ignari inquilini che non si capisce chi gli abbia consigliato di vivere in un posto del genere…. Tutti contro tutti in una royal rumble che ha pochi epigoni nella storia del cinema (a parte la già citata saga degli “A better tomorrow” mi viene in mente solo la scena dell’apertura delle gabbie di “Quella casa nel bosco”, con la differenza che qui non parliamo di una sequenza, ma di un intero film).
Giuro: non vale la pena fare analisi su trama, risvolti psicologici, tecniche di regia o scelte di montaggio… volendo la si può menare sul difficile rapporto tra fratelli, sulla tremenda condizione socio-politica di Jakarta o sulla estrema corruzione che caratterizza il corpo poliziesco indonesiano (bla, bla, bla); si potrebbero anche decantare le prodigiose figure coreografiche del silat (da Wikipedia apprendo che trattasi di arte marziale malesiana caratterizzata dai colpi devastanti e brutali e dall’uso di tecniche di rottura articolari ad impatto) o l'incredibile perizia tecnica di un regista in grado di girare un film del genere senza l'ausilio delle solite tonnellate di computer grafica... ma il mio invito è quello di mettersi belli comodi, armarsi di ogni possibile genere di junk-food e godersi semplicemente la visione.


Anche perché dopo aver fiondato decine di poveri cristi giù dalle scale, aver segato ossa a colpi di machete e fracassato schiene contro ogni superficie aguzza e dopo aver brutalizzato e infierito sui corpi delle povere comparse (le più fortunate delle quali potranno continuare a nutrirsi di roba liquida attraverso una cannuccia per il resto della loro misera vita), Rama incontra finalmente la sua vera nemesi: ossia il perfido braccio destro del boss (all'anagrafe Yayan Ruhian), che è talmente cazzuto che con la metà ci fai almeno tre film. Trattasi di una specie di folletto in grado di compiere ogni genere immaginabile di acrobazia, specie se finalizzata ad infliggere il maggior dolore possibile al suo prossimo.
Il tizio non ha un nome, ma un soprannome – Mad Dog – che la dice lunga sulla sua empatia per il genere umano: “non mi piacciono le armi. Premere il grilletto è come ordinare cibo d’asporto" (Sìììììììììììììììììììììììììììììììììììì!!!!!!!!!). Girovagando per la rete ho beccato il post di un genio che ha scritto: "Chuck Norris checks for Mad Dog under his bed at night!"; giusto per farvi capire che aria tira...

Lo scontro finale – atteso e caricato per tutto il film – è a dir poco epico e vale da solo il prezzo del biglietto .

La chiosa, per i più raffinati tra i  lettori, non è nemmeno troppo buonista e riesce a non cedere alla più scontatata retorica; che, comunque, gli avremmo assolutamente perdonato.

Forse il film è leggermente parco di risposte esistenziali riguardo ai grandi misteri della vita, ma se volete sapere dove sta di casa il futuro del genere action, allora la strada è segnata e conduce dentro un brutto palazzone di cemento nel cuore di Jakarta. Buona visione.




GIUDIZIO SINTETICO: Un must assoluto per tutti gli amanti, gli appassionati e anche i solo simpatizzanti del genere; per tutti gli altri, ne vale comunque la pena! Astenersi sindacalisti ed ispettori della sicurezza. CA-PO-LA-VO-RO!

VOTO: 8









3 commenti:

  1. Lo scontro finale dura circa 14 ore e nel frattempo vengono tirati tanti calci e pugni che se per ognuno mi avessero dato un centesimo io Bill Gates lo inviterei a pranzo. Pagando io.
    Meraviglia della coreografia della busseria, capolavoro del "ci-facciamo-tutti-un-culo-a-strisce".
    E' vero: forse l'aspetto filosofico legato al rispetto, al capitalismo, alla convivenza civile non è centrale, ma non è del tutto assente.
    Oddio, altri registi lo affrontano con un filo più di delicatezza, indubbiamente.
    Ma anche qui lo troviamo.
    E quindi possiamo tirare un bel sospiro di sollievo perchè siamo cresciuti nello spirito anche con THE RAID: Redemption.
    Torniamo comodamente alla nostra Playstation.
    Cari nemici, tremate. ho preso ripetizioni!

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  2. Dunque, mentre lo scarico...

    "Mad Dog" era anche uno dei cattivi di Ong Bak (una delle scene più belle del film), sarà un omaggio?

    Come busseria ininterrotta, il mio termine di paragone è il secondo tempo di "13 Assassini". Questi sono riusciti a fare un intero film così?

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  3. Allora, Ong Bak 1, 2, e 3 insieme non fanno nemmeno il primo tempo di "The Raid - Redemption".

    13 Assassini è tantissima roba, nonchè uno dei film che ha riscritto le regole del wuxiapian per mano di uno dei più grandi autori di sempre, ma qui stiamo parlando di pura mattanza... di comparse morte malissimo... di gente buttata giù viva dalle scale e dai palazzi per il solo lubridio del pubblico.
    Secondo me l'Indonesia perde circa il 3% della sua popolazione ogni volta che Gareth Evans fa un film. Ah, è già in produzione il seguito.
    Il film ha praticamente due scene di pausa: i primi trenta secondi e gli ultimi trenta. Il resto è la scazzottatta finale di Trinità girata con la violenza di uno scozzese trasferitosi in Indonesia per potersene infischiare altamente delle leggi sulla sicurezza e sulle menate che non puoi uccidere le comparse minacciando le loro famiglie... il tutto dentro un palazzo.
    Se vuoi avere un'idea di cosa ti aspetta:

    http://www.youtube.com/watch?v=y_z3EBalwI4

    Attendo commenti dopo la visione. Ciao

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