Dunque,
cosa abbiamo? alla regia, spicca un regista che fu tra i più innovativi e
promettenti della sua generazione (Danny Boyle).
Il cast, azzeccatissimo, vanta
uno degli attori più interessanti tra gli under 35 (lo scozzese James McAvoy), oltre
a quella gran cartola di Vincent Cassell e ad una certa Rosario Dawson che,
alla soglia delle trentacinque primavere, ha capito che il giochino
dell'immagina-cosa-c'è-sotto non poteva funzionare ancora a lungo e che era
venuto finalmente il momento di scoprire
(nel vero senso del parola) le carte in tavola; e da questo punto di vista, la
nostra affezionatissima si dimostra generosa come non mai.
La trama, infine, è
quella del più classico thriller-psicologico, ma la regia di Boyle (ormai
sempre più videoclippara e modaiola) mira
a trasformarla in un labirinto di specchi irto di tranelli e di continui
mutamenti di prospettiva. Chi inganna chi?
E
quindi? Capolavoro? No, decisamente no! ma occorre procedere con ordine.
L'incipit
è potente: casa d'aste londinese; prima che incominci la gara, il personale
ripassa i rigorosi protocolli di sicurezza. Tra gli addetti, c’è anche McAvoy
il quale, in caso di rapina, ha il compito di nascondere la preziosa tela dento
un box da inserire in una specie di cassaforte.
Le
operazioni dell’incanto procedono senza particolari intoppi, finché non viene
battuta una tela di Goya, “Le streghe
nell’aria”; non si fa in tempo ad
aggiudicare il quadro, che alcuni ladri fanno irruzione ad armi spianate.
McAvoy rispetta diligentemente i propri protocolli e si precipita verso il
caveau per mettere al sicuro il prezioso dipinto. Solo che lì, ad attenderlo,
trova Cassell armato di tutto punto che gli sottrae la tela. Al minimo accenno
di reazione, McAvoy si becca una tremenda mazzata che lo piomba a terra privo
di coscienza.
Il
giovane si risveglia con una forte commozione e una grave amnesia della memoria
breve. Non si ricorda nulla di quanto accaduto nelle ultime settimane. Rientra
a casa e… la trova tutta sottosopra e con i rapinatori della casa d’asta ad
attenderlo: dove hai nascosto il quadro?
Volevi fregarci? Complice?
Qui
comincia il film vero e proprio in cui – provando a rivelare il meno possibile
– si scopre che McAvoy era effettivamente d’accordo coi ladri e che aveva
effettivamente tentato di fregarli nascondendo il quadro prima dell’incontro al
caveau. Per questo ha dovuto farsi colpire! Per evitare che Cassell aprisse la
valigetta accorgendosi che era vuota. Solo che il colpo gli ha fatto perdere la
memoria ed ora non si ricorda dove possa averla nascosta.
Dal
momento che la memoria non si prende la briga di tornare, ai nostri non rimane
che rivolgersi ad una specialista di ipnotismo (la Dawson, appunto), nella speranza che questa possa
frugare nel cervello del ragazzo alla ricerca della preziosa informazione.
Seguirà un gioco di inganni e manipolazioni in cui tutti fregano e rimangono
fregati.
Ok,
chissenefrega della plausibilità del tutto… chissenefrega se gli snodi di trama
sembrano inventati dagli sceneggiatori di Boris… chissenefrega se Rosario Dawson recita al peggio della sua carriera (l’importante sono i due nudi
frontali)… insomma, siamo in un film di Danny Boyle il quale è talmente un
geniaccio che, se volesse, potrebbe intrattenerci con un film di renne e cavallucci marini!
Il
problema, forse, è tutto qui. Boyle, da diversi anni a questa parte, ha smesso
di fare il Regista e si è limitato a fare l’imbonitore. Sono passati sei anni
dal suo ultimo film bello (“Sunshine”,
2007) e addirittura undici dal suo ultimo capolavoro (“28 giorni dopo”, 2002). Da allora solo cacatine ben confezionate (“127 ore”) e prodotti retorici e
strappalacrime buoni a far fessi quelli degli Academy (“The millionaire”).
Ma porca troia: dov’è finito il perfido genio di
“Piccoli omicidi tra amici”? Dov’è il
regista capace di coordinare la freschezza del proprio linguaggio alla solidità
e crudeltà del racconto (“Trainspotting”).
Questo
“In trance” è un lunghissimo
videoclip, girato con cura estetica veramente sopraffina, interpretato da
attori ganzi e che mi stanno pure molto simpatici…, ma è un film del cazzo e nessuno
me lo toglierà mai dalla testa.
Manca la tensione (che per un thriller
psicologico non è poca roba); manca la morbosità (mi vergogno quasi a dirlo, ma
i due nudi frontali della Dawson non meritano nemmeno di essere accostati a
quel brivido caldo che fu la visione del bacio lesbico di “Mulholland Drive”); ora, non è che in un thriller psicologico mi
devi per forza infilare l’erotismo malato, le perversioni sessuali e la
morbosità deviante… diciamo che ci possono pure stare, ma non è obbligatorio; per cui, dopo
che ci hai pensato attentamente e decidi che il tuo film deve avere anche questa
connotazione, allora devi con/turbarmi fino al midollo; devi eccitarmi facendomi sentire in
colpa come un chierichetto di campagna; devi stuzzicare fantasie lubriche; devi scatenare pensieri che quasi ti
vergogni a provare nella solitudine del buio in sala… non dico che “In trance” sia una merda come “Passion” di De Palma (forse, il peggior
film di sempre), ma appartiene comunque allo stesso campionato e se ne eleva
un poco solo per le belle luci e la fotografia patinata (oltre al fatto che la Dawson è
comunque una strafiga, mentre la Rapace, oltre che una cagna malata, è erotica come la
tua compagna brutta del liceo con gli occhiali e la coda di cavallo, che poi,
quando le toglievi gli occhiali e le scioglievi la coda, rimaneva brutta uguale,
ma senza occhiali e coi capelli sciolti…).
Quindi,
cari amici, scordatevi Lynch, Tsukamoto, Cronenberg, Shion Sono e tutti gli altri
attentatori delle nostre coscienze e guastatori della nostra moralità piccolo-borghese… qui,
il sesso è quello delle boyband che fanno le mossette su MTV… se la devianza
che turba è il sogno di una passera glabra, allora siamo veramente alla fine
dei tempi e ci meritiamo Muccino e Moccia e le millemila sfumature di grigio.
Boyle,
insomma, sembra sempre più impantanato e bloccato (un po’ come il protagonista
del suo penultimo film).
A
questo punto della sua carriera (comunque di tutto rispetto, avendo almeno due/tre
capolavori assoluti in bacheca) deve decidere cosa vuole fare da grande. Può ancora
essere un geniale autore, in grado di dare moltissimo al Cinema proseguendo
il percorso avviato, e poi interrotto, di contenuti forti e linguaggio
innovativo. L’alternativa, è vivere di rendita, fare un pacco di soldi e girare
cacatine come questa, buone per portare al cinema la tipa con la scusa di fare
l’intellettuale, ma con l’unica intenzione di limonare duro tutto il tempo,
tanto il film è tutto nella scena iniziale (in cui si mette in atto la classica
tecnica dello sbadigio) ed in quella finale (in cui ci si deve ricomporre prima che riaccendano le luci).
Il
prossimo film, “Porno”, il seguito di “Trainspotting”, ci darà le risposte che
attendiamo.
GIUDIZIO SINTETICO: Boyle sempre più vuoto e
patinato. Gira ancora da dio, ma, per rimanere in tema, si limita a disegnare una splendida cornice che ospita, tuttavia, una tela vuota. Perdibile.
VOTO:
5
troppo severo su Boyle - In Trance 2.5 stelline - waitin' for Porno, la sceneggiatura qui è una certezza.
RispondiEliminaNon uso le stelline (il range 1-5 è troppo stretto, già fatico con i voti da uno a 10); in ogni caso, 2,5 mi sembra veramente troppo per questo film tutto forma e niente sostanza... per carità, averne di registi che girano con tale disinvoltura, ma Boyle che fa questa roba qui è come essere Kobe Bryant e fare solo dei "giri d'Italia"... Con "Porno" torna l'accoppiata Boyle-Welsh e questo non può che far ben sperare... se scazza anche questo, però, mi sa proprio che dobbiamo trovare nuovi eroi!
RispondiEliminad'accordissimo con te Bebe, boyle bollito, da un pezzo anche
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