10/12/12

QUELLA CASA NEL BOSCO (di Drew Goddard)


 
Operazione meta-cinematografica “alla Scream”, solo che meno raffinata e molto più nerd. Il film è costantemente in bilico tra l’omaggio al genere ed il revisionismo critico; tra l’inchino reverente e la pernacchia irrispettosa. Alla fine gli autori non sciolgono la riserva e rimangono sospesi sul filo, in perfetto equilibrio (e non è necessariamente un difetto), mente gli spettatori si divertono un mondo su una giostra che non ha precedenti per misure e proporzioni. In questo senso il film non è postmoderno, né citazionista. È piuttosto una intelligentissima stupidaggine o una stupidissima genialata. È un ossimoro destinato a diventare un classico che va giù come birra gelata in una calda sera d’estate.

Drew Goddard (regista, già sceneggiatore di “Lost”, “Cloverfield”, “Alias” e “Buffy”) e Joss Wheldon (produttore, a sua volta sceneggiatore di “The avengers”, “Dollhouse” e “Firefly”) hanno capito che la via dell’eccesso conduce al palazzo della saggezza e hanno infarcito la loro pellicola di tutto ciò che può avere anche solo una vaga attinenza col genere horrorifico.
Non ci sono limiti alla fantasia: zombie, unicorni, ancora zombie nella variante “redneck”, pitoni giganti, yurei (i fantasmi giapponesi coi lunghi capelli neri calati sugli occhi), lupi mannari, bambine killer, clown assassini, draghi volanti e persino alberi cattivi e tritoni…

Il bello è che tutto questo ben di dio è pienamente “giustificato” da una trovata tanto banale quanto geniale che non solo regge la trama di tutto il film, ma costringe anche a riflettere sulla struttura e sui topoi di tanta cinematografia horror: perché nei luoghi più sperduti ed isolati arriva sempre un gruppetto di sbarbini e di sbarbine che, inevitabilmente, verrà sbudellato in modo cruento ed efferato dopo aver allegramente sbevazzato e fornicato? Perché, pur con mille sfumature, una di queste sbarbe è sempre un po’ mignotta, uno è bello ma baggiano, ci sono un cervellone ed un buffone e sempre, sempre, sempre li accompagna una povera verginella piena di pruriti? Perché si deve salvare sempre solo la verginella? E, soprattutto, perché raccontare sempre la stessa storia, con gli stessi personaggi e, sempre, con lo stesso finale?



Molto semplice. Perché si tratta di un rito, di una funzione, di un cerimoniale.
La struttura del film horror non è altro che una liturgia in onore e per volere degli “antichi” (tremende e crudeli divinità assetate di sangue) che da secoli riposano al centro della terra pretendendo, in cambio della loro benevolenza, lo spettacolo costituito dal sacrificio di giovani vittime.
Come ogni rituale (basta pensare alla messa cattolica) esso è consolidato e simbolico: stessa struttura, stesse formule, stessi personaggi (che sono sempre emblema e simulacro di vizi e virtù umane: lussuria, vanità, superbia, superficialità, innocenza). Attraverso i secoli e le civiltà il rito è mutato pur rimanendo sempre uguale a se stesso: dai sacrifici umani dei riti precolombiani alle torture medievali, dai culti barbarici alle moderne società segrete che – tecnologiche e asettiche – hanno trasformato il rozzo martirio in uno spettacolare gioco di ruolo.

Che lo show abbia inizio!



Cinque malcapitati giovani vengono fisicamente catapultati in un contesto che è la cartolina promozionale di ogni cliché horror: un weekend dentro una vecchia e cigolante casa di legno abbandonata nel bosco, un lago placido, la notte buia e tenebrosa, una misteriosa botola, un profeta di sventure, una cantina stipata di oggetti macabri e misteriosi; e poi polverosi diari segreti contenenti formule magiche, strane conchiglie, enigmatici rompicapo, fotografie seppia di inizio secolo, pareti con specchi segreti, strumenti di tortura, bambole e vestiti di pizzo… ad ognuno di questi oggetti corrisponde un mostro: se i nostri leggeranno l’evocazione demoniaca contenuta nel diario, allora risveglieranno i non morti e verranno da questi braccati e sbranati. Ma se dovessero invece soffiare nella conchiglia potrebbero evocare un tritone. O ancora, se riuscissero a risolvere l’enigma della sfera magica, si troverebbero ad affrontare una creatura presa di pacca dalla serie di “Hellraiser”, ma con seghe circolari conficcate nel cranio al posto dei chiodi. Quale sarà la sorte dei poveri malcapitati?

Fate il vostro gioco!




L’intero perimetro di azione è spiato e monitorato dagli scienziati della compagnia che, esattamente come noi spettatori, osservano e scommettono sugli esiti del sacrificio. Scopriremo che, di queste misteriose compagnie, ce ne sono diverse nel mondo e che il loro scopo è far si che il sacrificio non solo si compia, ma che corrisponda esattamente all’archetipo classico (ricordate: la puttana, l’atleta, il secchione…). Gli “antichi”, infatti, non si accontentano di vittime qualunque. Proprio come il pubblico. Già, perché la similitudine non è tanto tra noi spettatori e gli impiegati della compagnia che spiano le loro vittime, quanto piuttosto tra noi e gli “antichi”, entrambi assopiti e crudeli, bramosi di intrattenimento, ma ostili all’innovazione che non sia superficiale ed effimera, assetati di formule consolidate e rassicuranti che si ripetono nei secoli dei secoli sempre uguali a se stesse.

La compagnia è gerarchicamente suddivisa in diversi comparti: quello chimico si occupa delle droghe, degli inibitori e degli eccitanti che vengono sapientemente alternati per condizionare l’agire dei giovani protagonisti (geniale la scena della nebbia di feromoni per alimentare la componente erotica che fa da premessa al sacrificio della “puttana”). Ci sono tecnici addetti alle videocamere, esperti di esplosivi, attrezzisti e persino uno stagista… in pratica, una sorta di “Truman show” dell’orrore. Continuando a ragionar per metafore, la compagnia è l’intera industria cinematografica che offre i suoi spettacoli al pubblico pagante.
La realtà viene così plasmata ed alterata per venire incontro ai gusti dell’audience: probabilmente la biondina non è così “facile” come sembra e il giovane palestrato è più intelligente del previsto; del resto neanche la vergine lo è poi più di tanto.
Ma la cerimonia deve essere credibile: ecco allora che agenti chimici eliminano freni inibitori, rallentano processi celebrali, amplificano le sensazioni. L’industria cinematografica è un grande burattinaio che muove i fili di personaggi macchietta per gratificare i desideri semplici e ripetitivi del proprio crudele pubblico.

Ovviamente, i nostri cascano come tordi nella trappola: leggono la frase in latino, evocano gli zombie, iniziano a venire maciullati in rigoroso ordine cronologico (prima di tutti, ovviamente, la puttana) e sembra che, anche per quest’anno, l’ira degli “antichi” verrà placata.
Ma non tutto andrà secondo i piani e, grazie al buffone ed alla sua passione per la canapa, tutto il rituale andrà letteralmente in vacca concludendosi con una spettacolare “royal rumble” di mostri e militari.



Il film è una divertente e divertita riflessione/omaggio ad un genere cinematografico che, dato per morto sul finire degli anni ’80, è letteralmente risorto nell’ultimo decennio.

Nulla che “Scream” non ci avesse già raccontato e indotto ad analizzare, ma il film di Goddard, se si sceglie di stare al gioco, è ingegnoso e diverte comunque un casino.

Le citazioni, naturalmente, si sprecano: “La casa”, “L’armata delle tenebre”, “Hellraiser”, “Il cubo”… sicuramente qualche fanatico, nella rete, è riuscito ad individuarle ed elencarle tutte.
Ma quando due nerd producono e scrivono film per altri nerd, allora la lista dei rimandi rischia di divenire assai lunga e la ricerca dei riferimenti può condurre alla patologia (“Lost” docet).

Il vero pericolo, in questo genere di produzioni, è di perderne il controllo o, peggio ancora, arrivare fino ad un certo punto e poi tirare il freno, smorzare l’escalation e restituire un finalino accomodante, rassicuratore o moralistico… ebbene, da questo punto di vista il film di Goddard regge benissimo, finisce in crescendo e svacca completamente nel senso più nobile del termine.


GIUDIZIO SINTETICO: non un miracolo, né una novità, ma un intelligentissimo divertissement per una bella serata con gli amici.

VOTO FINALE: 7-

1 commento:

  1. Ma è parso solo a me il presentimento che la casa nel suddetto bosco era la stessa del film "La casa" ??

    RispondiElimina