06/02/13

SKYFALL (di Sam Mendes)





Scena madre del film: Bond è alla National Gallery in contemplazione di un bellissimo dipinto di William Turner. Il quadro raffigura una portentosa nave da guerra, ormai vecchia e arrugginita, che viene assai poco onorevolmente trainata in porto da un battello rimorchio. Scopro che il titolo dell’opera è “La valorosa Téméraire”: calza a pennello! L’immagine evoca amare riflessioni e nefaste previsioni. Il mondo sta cambiando e, con esso, i suoi protagonisti. Bond, M., e la tutta “vecchia guardia” sono pezzi da museo che lottano ormai non solo per salvare il mondo, ma anche e soprattutto per conservare un senso alla propria esistenza. È finita l’epoca dei trucchetti e delle stilografiche esplosive. Pistole intelligenti e super-computer sono le armi del nuovo millennio. L’ambientazione museale non celebra soltanto il cinquantenario cinematografico dell’agente inventato da Fleming, ma ne evidenzia l’obsolescenza operativa e culturale. I tempi pretendono aggiornamenti: nuove minacce richiedono nuove strategie; nuovi nemici impongono adeguati strumenti di lotta. Non è affatto un caso che Q. (il celebre agente della divisione armamenti) vesta i panni, stilosissimi, di un giovane ed imberbe ragazzino. Il camice bianco d’ordinanza è stato messo in naftalina e sostituito con cardigan di Dries Van Noten. L’agente più famoso del mondo, pur scuotendo il capo, deve piegarsi al nuovo che avanza. È il tramonto della vecchia scuola. Ma prima che il cielo precipiti e nuovi eroi sostituiscano quelli antichi, rimane il tempo per un’ultima missione.


Il film parte col botto. L’agente 007 è chino sul corpo di un collega ferito, ma M. gli ordina di abbandonarlo e di gettarsi all’inseguimento del cattivo di turno. Bond deve recuperare i files contenenti nientepopodimeno che i nominativi di tutti gli agenti NATO infiltrati in operazioni antiterroristiche. Scatta un adrenalinico inseguimento tra i vicoli della vecchia Istanbul, sui tetti del Gran Bazar (in moto) e addirittura su un treno in corsa (assolutamente geniale la scena in cui Bond prima divelle un vagone col braccio meccanico di una gru, poi salta al volo dentro il treno e, mentre si appresta a riprendere l’inseguimento, si aggiusta il gemello sul polsino della camicia).


Durante la colluttazione con l’inseguito - ovviamente sul tetto del treno lanciato in folle corsa su ponti a precipizio - Bond viene colpito per errore dall'agente Eve e precipita inerme dentro un burrone...

Ma, come cantava il poeta, Bond risorge come risorge il ramarro e dopo una pausa di riflessione condita con molte bevute, qualche scappatella e un po' troppi rimpianti, ritorna in azione più deciso che mai.

Location da urlo fanno da sfondo alla narrazione: dai mercati di Istanbul alle residenze vittoriane di Londra, dai grattacieli di Shanghai e Macao alle rovine di città fantasma. Il finale, in perfetto climax auto-celebrativo, si consuma nelle Highland scozzesi (ah, caro vecchio Connery).

Tutto il film, per il divertimento dei fans, è tempestato di omaggi e citazioni all’intera saga che, come detto, festeggia i suoi primi cinquant’anni sugli schermi (si lascia agli appassionati la conta e l’elencazione dei numerosissimi rimandi, che spaziano da oggetti di culto a battute famose e personaggi celebri).

Fino a qui, tutto bene!


Il film del regista di “American Beauty” ha avuto accoglienze entusiastiche dalla critica e dai fans. Con grande sincerità, non riesco a comprenderne i motivi.

Sono rimasto fortemente deluso sia dal film (nel suo complesso moscio, lungo e piuttosto noioso), sia dal personaggio Bond (non, invece, dall'attore Craig che reputo bravo e azzeccatissimo per la parte).

La storia parte come il classico intrigo di spionaggio (come detto bisogna recuperare una lista che può smascherare le identità degli agenti segreti sotto copertura), ma ben presto si trasforma in un incestuoso triangolo tra Bond, M. e il cattivone Silva. Conflitti edipici, tradimenti e rapporti di adozione spirituale si contrappongono in uno scontro che vorrebbe farsi epico, ma che diventa - ahimè - piuttosto patetico.
Tutte le premesse spy vengono completamente abbandonate una volta emerso il disegno di vendetta del perfido Silva verso l'insopportabile ed odiosa M..
E qui cominciano i guai seri: le beghe personali non solo non c'azzeccano un tubo con i film di spionaggio, ma hanno anche l'effetto di rincitrullire completamente quello che dovrebbe essere uno dei migliori agenti dell'intelligence britannica. Ma è mai possibile, dico io, che Bond, agente segretissiomo al servizio di Sua Maestà, una volta scoperto che un cattivone sadico ed ossigenato vuole uccidere la propria mentore non riesca a concepire un piano più brillante che quello di rintanarsi in una villa in Scozia, in mezzo al nulla, senza alcun appoggio e in piena balia delle forze del male? E che dire di M. (la quale, essendo il capo dell'MI6, si presume debba avere un po' di sale in zucca) che accetta, senza fare una piega, il demenziale piano del suo pupillo?
La sequenza dedicata alla fortificazione della tenuta scozzese, con tanto di predisposizione di trabocchetti fatti in casa, supera ogni tollerabile senso del ridicolo. Mi limito ad aggiungere, per i fortunati che non l'hanno ancora vista, che ricorda le peggiori puntate dell'"A-team"; con la differenza, di non poco conto, che il connello Hannibal adorava i piani ben riusciti grazie ai quali la faceva sempre franca, mentre il piano di Bond non solo è demenziale, ma del tutto disastroso nei suoi esiti e M. ne pagherà il prezzo rimettendoci la buccia.


Assolutamente patetica, a dire poco, è la love story dell'agente Bond con la bella Sévérine (Bérénice Marlohe) la quale, tra l’altro, fa una bruttissima fine, in una bruttissima scena, senza che nessuno la consideri di striscio.

Nel 2006 qualcuno ha stabilito che era venuto il momento di reinventare il personaggio James Bond. L'operazione è stata assai coraggiosa e in gran parte riuscita. Scegliere Daniel Craig per il ruolo ha richiesto ardire e lungimiranza.
Ho accettato di buon grado il "tradimento" consumato nei confronti del vecchio personaggio cinematografico: aveva effettivamente un po’ stancato il mito della spia buona e farfallona, del gentleman con la licenza di uccidere e con la passione per il martini cocktail.
Mi è piaciuto moltissimo il Bond di “Casino Royale” e “Quantum of Solace”: un combattente puro, spietato, misantropo, violento, crudele, col cuore spezzato e mosso da un’insaziabile sete di vendetta.
Certo, la trama dei due film era quello che era (soprattutto il secondo sembrava scritto con il punteruolo), ma la forza delle due pellicole era tutta nel personaggio: durissimo, solidissimo, ambiguo, sicuro di sé e spietato come non mai (e poi il Mads Mikkelsen che lacrima sangue rimane uno dei più riusciti "cattivi" di sempre).

In “Skyfall” l'agente Bond si trasforma inspiegabilmente in un insicuro, caratterialmente debole e persino strategicamente imbecille uomo qualunque. Beve senza stile, se la spassa con poca passione, inventa piani mediocri e, ancor peggio, fallimentari.
Bardem, che è indubbiamente un bravissimo interprete, si perde dentro i panni di un villain ossigenato e stralunato, costantemente sopra le righe, che risulta sempre poco credibile ed eccessivamente caricaturale. Gli manca solo il gatto sulle ginocchia, la benda nell'occhio e l'accento tedesco ("tifenterò patrone di mondo, ah ah ah") e poi i cliché ci sono proprio tutti.
Se la grandezza di un eroe si misura dalla sua nemesi, allora siamo veramente messi male: Silva è la summa di ogni stereotipo possibile immaginabile: informatico geniale e pazzo criminale, ha il complesso dell'abbandono ed è ossessionato dalla vendetta, bizzarro nel look e privo di qualsivolgia umana empatia... è persino un po' frocio, tanto per non farsi mancare proprio nulla.


Non so che film abbiano visto gli entusiasti appassionati di 007... certo, quelli della spia inglese non sono mai stati film particolarmente brillanti in termini di trama o di introspezione psicologica dei suoi protagonisti, ma tutto sommato offrivano un paio d'ore di piacevole intrattenimento e non partivano mai da grandi ambizioni di scrittura.
"Skyfall" pretende invece di rivoluzionare il brand, celebrare la saga e, addirittura, innovare la mitologia di una vera e propria leggenda... tutto ciò, oltre a voler divertire ed emozionare lo spettatore occasionale e rispettare le legittime aspettative dei fans più sfegatati. Come ambizioni di partenza direi che non c'è malaccio! Quanto ai risultati, al netto delle oltre due ore e venti di film rimangono un paio di belle sequenze, una geniale trovata (la scena al museo), personaggi che sarebbero sembrati obsoleti già ai tempi di "Licenza di uccidere", un eroe privo di qualsivoglia carisma e, soprattutto, una storia che ha il sapore dell'involontaria parodia shakespeariana da recita parrocchiale. Ai posteri l'ardua sentenza...

Le intenzioni, pur onorevoli e ambiziose, sono rimaste tali: il film, eccetto i primi venti minuti, è noiosissimo e non decolla mai, anzi, precipita da bassa quota verso un finale demenziale e privo di ogni buonsenso. Spiace, perché le potenzialità c'erano tutte ed il cast era azzeccato.
Mendes si dimostra regista non a proprio agio con l'action, genere che necessita non solo di sequenze spettacolari, effetti speciali e colpi di scena mirabolanti (che, in tutta sincerità non mancano affatto), ma che esige, prima di ogni altra cosa, una precisa poetica e una rigorosa carica epica che nel film latitano completamente.

Non nego che il binomio autore-genere abbia portato, in alcuni casi, a risultati eccezionali (Cronenberg, Carpenter, Refn, Kitano solo per citarne alcuni), ma il processo non va forzato e, soprattutto, non deve mai trasformarsi in formula produttiva. "Eastern promises", tanto per fare un esempio, funzionava da dio non perchè concepito a tavolino da qualche produttore in cerca del "colpaccio", ma perché Cronenberg è un genio che conosce alla perfezione le regole del genere nel cui ambito si è sempre mosso nel propro personale percorso di ricerca.

Nessuno mi convincerà mai che "Skyfall" (che, tra l'altro, costituisce solo il terzo episodio dell'operzione di ringiovanimento di una saga già avviata da altri) sia stato scritto, pensato ed elaborato da Mendes di propria iniziativa. Così come fatico a credere che "Thor" sia per Branagh qualcosa di più di una profumata marchetta.
Non vorrei mai, un domani, trovarmi in cartellone il remake de "Il settimo sigillo" girato da Gore Verbinski o "Fitzcarraldo" in versione Michael Bay.
Ad ognuno, dunque, il proprio mestiere: gli autori facciano gli autori e non si preoccupino di dover rinvigorire un settore che ha sempre meno specialisti (pensatela come volete, ma un mestierante come Tony Scott mi mancherà un casino).



GIUDIZIO SINTETICO: James Bond salta, spara, corre a piedi e in moto, lotta, ama, muore e risorge. Ma annoia, annoia, annoia!

VOTO: 5




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