Clamorosa e fondamentale serie della NBC,
scritta ed ideata dal genio di Aaron Sorkin, l’uomo che si è inventato, tra le
altre, “The Newsroom” e “Studio 60 on the Sunset Strip”, il quale - ahinoi - ha recentemente dichiarato di voler smettere di scrivere serie televisive… Spero
veramente che ci ripensi, perché stiamo parlando di uno dei più influenti,
brillanti e capaci autori degli ultimi 30 anni. Più di Sorkin, per genialità ed
influenza, mi viene in mente solo David Simon… e ho detto tutto.
7 stagioni e 156 episodi per raccontarci i
retroscena dell’Ala Ovest della Casa Bianca, quella dove opera il Presidente
degli Stati uniti d’America e il suo staff. È lì, per intenderci, che si trova
il celebre Studio Ovale.
La serie racconta i due mandati dell’immaginario
Presidente democratico “Jed” Bartlet, dal primo insediamento, fino al
giuramento del suo successore.
Il presidente Bartlet è democratico, cattolico e liberale; è stato insignito di un Nobel in economia, è estremamente cocciuto, ma anche dotato di forti e sani valori morali. È un po’ il presidente dei sogni di ogni elettore democratico: è simpatico, preparato, buono e bravo; per questa ragione, lo show ha incontrato alcune critiche di faziosità politica e, soprattutto, di “buonismo” ed eccessivo ottimismo verso la figura dei politici. I repubblicani, ciò nonostante, hanno apprezzato lo show e, in particolare, la figura del Presidente, per il suo attaccamento alla bandiera, alla Costituzione e per il suo forte senso della famiglia.
Paradossalmente, "The West Wing", pur mettendo in piazza le magagne del Palazzo del Potere, ha contribuito a ripulire la pessima reputazione dei politici americani, pesantemente macchiata, negli anni, da scandali, corruzione e totale inettitudine, tali da far lor perdere una buona fetta di consenso da parte dell’opinione pubblica.
In "The West Wing", in ogni caso, vengono fuori
tutti i retroscena della Casa Bianca: buone intenzioni, tradimenti, sogni, speranze,
cinismo e pragmatismo… a tutto ciò, si aggiunga una "routine" fatta di alleanze, insabbiamenti, conferenze stampa, scandali, dibattiti,
litigi, bordelli diplomatici e crisi internazionali... e persino attentati.
Tutto ciò, signori miei, si chiama POLITICA e “The West Wing” ci racconta cosa significhi sguazzarci dentro, nel paese che tiene, nelle proprie mani (sporche o pulite che siano), le sorti del mondo.
Tutto ciò, signori miei, si chiama POLITICA e “The West Wing” ci racconta cosa significhi sguazzarci dentro, nel paese che tiene, nelle proprie mani (sporche o pulite che siano), le sorti del mondo.
La serie nasce dallo sviluppo di un film del
1995, “Il presidente – una storia d’amore”,
che Sorkin aveva a suo tempo sceneggiato e doveva, almeno nelle intenzioni, incentrarsi sul
responsabile delle comunicazioni dello staff del Presidente (Rob Lowe); poi, le
performance di Martin Sheen ed il gradimento del pubblico, fecero accentuare il ruolo
del secondo e diminuire la presenza del primo, che abbandonò lo show alla fine
della 4° stagione.
“The West Wing” è stata una delle serie più coraggiose, pionieristiche e
illuminate della storia della televisione. A guardarla oggi, sembra “solo”
un’ottima serie, ma nell’anno del signore 1999 non si era mai visto nulla di
così innovativo, sconvolgente e rivoluzionario: incentrare una intera serie
sulla politica, di per sé, già costituiva un grosso azzardo; cosa c’è di più
noioso per lo spettatore medio di una tribuna elettorale? Ma “The West Wing” osa molto di più. Non solo tratta dei complessi tecnicismi e delle
astruse dinamiche della politica, ma non si disturba neppure di spiegarli ai suoi
spettatori. Una roba del genere ha avuto il coraggio di farla solo Michael Crichton con "E.R.", in cui, per la primissima volta, si era scommesso sul fatto
che l’americano medio, pur non capendo neanche la metà delle cose che vedeva
accadere sullo schermo, non avrebbe comunque cambiato canale.
Pensateci! Quanti spettatori hanno vagamente idea di come funzioni il lavoro di governare un paese? A quanti interessa il meccanismo promulgativo di una legge? Quanti hanno idea di come gestire uno scandalo internazionale? Evitare o promuovere un conflitto armato contro un paese sovrano?
Ecco, "The West Wing" ci mostra tutto ciò, ma ce
lo mostra nella frenesia dell’azione, mentre le cose avvengono. Niente
spiegoni, niente lezioni di diritto costituzionale o amministrativo. Non ce ne
è il tempo, perché c’è uno scoop giornalistico da insabbiare, c’è una guerra da
evitare, c’è un’alleanza cruciale da stringere. Ed è questo il miracolo
compiuto da Sorkin (esattamente come Crichton aveva fatto con "E.R."): non gli
interessa affatto che lo spettatore capisca esattamente tutto quello che
succede (perché ci vorrebbe troppo tempo e sarebbe comunque troppo complicato
spiegarglielo e in ogni caso non capirebbe lo stesso), gli basta invece che lo
spettatore capisca quel tanto da intuire che se quel particolare problema (di
cui ignora causa, ragioni e rimedi) non si risolve in frettissima, saranno cazzissimi.
Lo spettatore, grazie a show come “The West Wing”, non viene più considerato come un imbecille da nutrire con
spettacoli per decelebrati con mezza linea di trama e uno sviluppo
verticale talmente prevedibile da risultare comprensibile anche se per
metà del tempo lo si impiega a dormire...
Sorkin, al contrario, scommette sull'intelligenza selettiva e sulla capacità di comprensione del suo spettatore, a cui chiede, al contempo, lo sviluppo di una forma di tolleranza per una certa ambiguità pianificata. Secondo Steven Johnson, brillante studioso e giornalista scientifico, "The West Wing" costringe lo spettatore a fare uno sforzo con pochi precedenti nella storia della televisione: essere cioè in grado di valutare al volo se una battuta sia semplicemente di sfondo, oppure è di sostanza.
In altri termini, lo spettatore deve imparare a sapere che cosa non gli serve sapere.
BUM!!!
Sorkin, al contrario, scommette sull'intelligenza selettiva e sulla capacità di comprensione del suo spettatore, a cui chiede, al contempo, lo sviluppo di una forma di tolleranza per una certa ambiguità pianificata. Secondo Steven Johnson, brillante studioso e giornalista scientifico, "The West Wing" costringe lo spettatore a fare uno sforzo con pochi precedenti nella storia della televisione: essere cioè in grado di valutare al volo se una battuta sia semplicemente di sfondo, oppure è di sostanza.
In altri termini, lo spettatore deve imparare a sapere che cosa non gli serve sapere.
BUM!!!
A
cosa servono 30 cc di lattulosio per milligrammo?
Che ne sapete di come si opera il cancro al cervello? Ovviamente niente,
eppure milioni di spettatori sono rimasti inchiodati allo schermo per
tutto il tempo in cui i medici di "E.R.", pronunciando
termini e riferendosi ad astruse procedure tecniche, operavano il buon
Ciccio con la calotta cranica completamente scoperchiata…
Sorkin alza decisamente il tiro e trasforma la geniale intuizione di Chricton in vero e proprio manifesto programmatico della nuova televisione di intrattenimento: che ne sapete di politica diplomatica internazionale? e di diritto pubblico comparato? Conta-una-sega, dal momento che Sorkin riesce a trasmettervi tutta la tensione e l’adrenalina che ci sono dietro ogni decisione dell’uomo che presiede il più potente e meglio armato stato del mondo.
Sorkin alza decisamente il tiro e trasforma la geniale intuizione di Chricton in vero e proprio manifesto programmatico della nuova televisione di intrattenimento: che ne sapete di politica diplomatica internazionale? e di diritto pubblico comparato? Conta-una-sega, dal momento che Sorkin riesce a trasmettervi tutta la tensione e l’adrenalina che ci sono dietro ogni decisione dell’uomo che presiede il più potente e meglio armato stato del mondo.
Come ci riesce? Sorkin
bombarda il pubblico con una serie pressoché ininterrotta di battute
monche e informazioni parziali, sparate fuori dai vari protagonisti
con una velocità pari a quella dei proiettili a Utah e Omaha Beach
durante lo
sbarco in Normandia.
Lo spettatore non può e non deve assolutamente
comprendere tutte le informazioni che gli piovono addosso. Tuttavia, la quantità, il
ritmo e la velocità con cui i personaggi sputano fuori queste informazioni
parziali, permette all'osservatore di capire l'unica cosa che serve: ossia che la dinamica degli avvenimenti è
dannatamente seria, grave e preoccupante.
Con “The West Wing”, per la prima volta in modo dichiarato e scientifico, il problema principale dello spettatore non era tanto più il “come andrà a finire?”, bensì il “che cazzo sta succedendo?” Tutti i personaggi sbucano fuori all'improvviso da ogni corridoio, urlando che quella tal cosa, che è successa in quella tal occasione, al tal tizio, deve essere risolta entro due ore, altrimenti succederà una qualche altra cosa a qualche altro personaggio. Tu, povero spettatore inerme, ovviamente non sai neanche lontanamente di che cazzo stiano parlando, ma stai in ansia lo stesso per un’ora finché qualcuno, a cose fatte, non si prende la briga di spiegartelo. E solo a quel punto tiri il fiato e realizzi che la paglia che stavi fumando è ormai un lungo mozzicone di cenere e che la birra alla tua destra è diventata calda e completamente sgassata...
Dopo "The West Wing", la televisione non sarà più la stessa; Facile oggi esaltarsi per le trame complesse e misteriose di "Lost" o per le macchiavelliche strategie di "Boss"... ma ci sono voluti pionieri come Sorkin a scommettere che lo spettatore americano, contro ogni previsione, ogni indagine di mercato e ogni desiderio degli inserzionisti, potesse reggere il peso di storie che non si concludevano dentro lo schema dei 40 minuti, fatte dei soliti tre personaggi in croce ed accompagnate da mille mila spiegoni che rendevano la realtà banale e stereotipata.
La realtà, qualunque essa sia, è sempre
variegata, complessa, articolata e sfuggevole. Non saprete mai eseguire
un’operazione a cuore aperto; probabilmente non avete idea di come gestire una
conferenza stampa presidenziale, ma, se ci pensate bene, non avete mai nemmeno
seguito corsi di addestramento da Navy Seal o partecipato a briefing sulle tecniche di ingaggio, eppure ciò non vi ha mai
impedito di apprezzare un bel poliziesco o un sano film di guerra. Ecco, pensate a
"The West Wing" come ad un action frenetico, solo che non volano pallottole e
mazzate, ma ci sono personaggi che parlano un botto, corrono da tutte le parti
e hanno sempre una fretta del diavolo. E se non riescono a fare quello che
stanno facendo… allora sono CAZZI per il MONDO!!!!
In "The West Wing", dunque, sebbene lo schema puntata non venga ancora abdicato del tutto, si assiste ad un incredibile
sviluppo della trama orizzontale, con decine di personaggi e di linee narrative che si sviluppano
nell’arco di diverse puntate o – addirittura – di intere stagioni. Aggiungete
la complessità del tema trattato, la ricercata ambiguità e la parzialità delle informazioni fornite… e capirete bene
perché "The West Wing" costituisca una serie pazzesca e assolutamente coraggiosa.
Sorkin, da suo canto, è abilissimo a mantenere
viva l’attenzione dello spettatore e a mantenerlo sempre in uno stato di costante tensione emotiva.
Si è parlato addirittura di uno stile Sorkin, ribattezzato “walk and talk”,
fatto
di continue carrellate con la macchina da presa che segue da dietro i
vari personaggi mentre parlano a manetta tra di loro, correndo sempre da
una parte all’altra
senza un'apparente ragione logica, incrociandosi tra loro e poi
separandosi all'improvviso mentre nuovi personaggi entrano in scena a
sostituire i primi... il tutto, per trasmettere allo spettatore un senso
di costante
urgenza, che non cala mai. Ribadiamo: non importa che si comprendano tutti i
vari passaggi nei
loro dettagli, è sufficiente capire che certe manovre sono cruciali e di
vitale
importanza e che devono essere fatte. I dialoghi sono così perfetti e
serrati
che, pur affrontando temi pesissimi e potenzialmente noiosissimi,
inchiodano lo
spettatore alla poltrona.
Insomma, non serve capire come si uscirà dai guai. Serve stare in ansia perchè ci si trova, nei guai!
Insomma, non serve capire come si uscirà dai guai. Serve stare in ansia perchè ci si trova, nei guai!
In "The West Wing", pur essendo lo show dichiaratamente ispirato a fatti e dinamiche politiche assolutamente vere e attuali, moltissimi dei personaggi e dei politici americani citati sono palesemente inventati, così come, per quanto concerne la politica estera, si fa molto ricorso a stati immaginari e governanti fittizi (anche se vengono citati apertamente Gheddafi, Arafat, Castro e Bin Laden). Anche se l'escamotage del nome fittizio o inventato, aveva più ragioni di tutela lagale che non di privacy. Da questo punto di vista, è rimasta celebre la puntata della seconda stagione in cui il Presidente Bartlet, in occasione di un incontro ufficiale con i rappresentanti delle principali stazioni radio americane, disintegra letteralmente una propria ospite per le propre idee anti omosessualità a colpi di Antico Testamento e Sacre Scritture; ebbene, il pubblico americano ha chiaramente riconosciuto che il personaggio in questione era assolutamente ispirato alla dottoressa Barbara Schlessinger, che nel suo programma radiofonico aveva espresso dure critiche contro il mondo gay.
A causa di questo fortissimo ancoraggio all'attualità, la vittoria di Bush nel 2000 fece temere a molti che lo show potesse perdere la propria libertà di analisi e di critica sociale. Al contrario, lo show ha retto egregiamente il colpo e ha continuato a mantenere la fedeltà del proprio pubblico, sia di democratici che di repubblicani.
A parte quello citato, nel corso delle varie stagioni si possono riconoscere, più o meno velatamente, innumerevoli riferimenti al caso Lewinsky, al
Ruanda, ad al-Qaida (anche se l’11 settembre non viene mai espressamente
citato), al Darfur, alla striscia di Gaza e a mille altri episodi della storia
recente americana e internazionale.
Giusto per spiegarvi che cribbio di genio sia Sorkin, pensate che, all'indomani dell'11 settembre, precisamente a distanza di UNA SOLA SETTIMANA dall’attentato, lo show uscì con un episodio appositamente scritto che, invece di speculare sulla catastrofe, inneggiare la guerra santa e condannare senza appello l'intero mondo arabo (come avrebbe fatto il 99% dei produttori televisivi), si risolveva in una memorabile lezione sul terrorismo e sulla questione medio-orientale, la quale, grazie al garbo dei suoi toni, ha consacrato "The West Wing" ad esempio di televisione capace non solo di adattarsi agli avvenimenti in corsa, ma anche di influire culturalmente sugli stessi.
Giusto per spiegarvi che cribbio di genio sia Sorkin, pensate che, all'indomani dell'11 settembre, precisamente a distanza di UNA SOLA SETTIMANA dall’attentato, lo show uscì con un episodio appositamente scritto che, invece di speculare sulla catastrofe, inneggiare la guerra santa e condannare senza appello l'intero mondo arabo (come avrebbe fatto il 99% dei produttori televisivi), si risolveva in una memorabile lezione sul terrorismo e sulla questione medio-orientale, la quale, grazie al garbo dei suoi toni, ha consacrato "The West Wing" ad esempio di televisione capace non solo di adattarsi agli avvenimenti in corsa, ma anche di influire culturalmente sugli stessi.
Allo show hanno partecipato, in qualità di
consulenti, moltissimi ex addetti alla Casa bianca, giornalisti politici,
sondaggisti. Sorkin, dopo aver scritto ogni singolo episodio, abbandonò la serie, come produttore
esecutivo, dopo la quarta stagione (si mormora a causa di un arresto per
possesso di droghe), ma lo show – già ottimamente impostato – non ne risentì in
termini di ascolti.
Per la cronaca: nella sua prima stagione, lo show ottenne nove
candidature agli Emmy, divenendo la serie televisiva con il maggior numero di
nomination per i membri regolari del cast in una sola stagione.
"The West Wing", inoltre, ha vinto l’Emmy per la miglior serie
drammatica per 4 anni di fila e tutte le stagioni sono state in nomination per
il premio.
Infine, lo show è tra le prime dieci serie
più premiate agli Emmy, con ben 20 premi vinti.
Senza "The West Wing", la televisione di oggi sarebbe assai più piatta, noiosa e banale e, molto probabilmente, roba come "Battlestar Galactica", "24" e lo stesso "Trono di Spade", che hanno spopolato negli ultimi quindici anni, sarebbe stata assai differente per contenuti,
linguaggio e tecniche narrative… insomma, stiamo parlando di una serie politica che ha ispirato, influenzato e
condizionato una serie di fantascienza filosofica, un’action adrenalinico e un
fantasy di guerra… serve altro…????
GIUDIZIO SINTETICO: Come "The Raid"... ma con le parole al posto delle mazzate! Geniale!
VOTO:
10
P.S.
Se la rece vi è piaciuta, sappiate che essa ha costituito la base per la puntata "Mai 'na ggioia" di "Serial K: Le serie tv in radio", una trasmissione webradio che tratta di serie televisive e che scrivo e conduco assieme a due carissimi amici: Tommy e Giulio. I podcast delle passate puntate li potete trovare tutti su Mixcloud; le puntate le potete sentire in diretta ogni 2 settimane, il giovedì, dalle 19:00 alle 21:00 su Radio Strike; tutte le info, le comunicazioni, i commenti e le foto le trovate su FB. Vi aspettiamo.
Se la rece vi è piaciuta, sappiate che essa ha costituito la base per la puntata "Mai 'na ggioia" di "Serial K: Le serie tv in radio", una trasmissione webradio che tratta di serie televisive e che scrivo e conduco assieme a due carissimi amici: Tommy e Giulio. I podcast delle passate puntate li potete trovare tutti su Mixcloud; le puntate le potete sentire in diretta ogni 2 settimane, il giovedì, dalle 19:00 alle 21:00 su Radio Strike; tutte le info, le comunicazioni, i commenti e le foto le trovate su FB. Vi aspettiamo.
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