Serie televisiva britannica targata Channel
4 e ideata da Dennis Kelly, già autore di una serie intitolata “Pulling”, che, in patria, ha avuto un
ottimo successo di critiche.
“Utopia” costituisce, senza alcun dubbio, una
delle più brillanti ed interessanti sorprese del 2013; e lo è, soprattutto,
perché non è stata preceduta da sensazionali campagne di comunicazione, né da
annunci al fulmicotone. All’improvviso, semplicemente, si è materializzata dal
nulla... e chi ha avuto la fortuna di incapparvici non è più riuscito a farne a
meno.
Nel cast, figurano un botto di ottimi
caratteristi, qualche signor nessuno e tante facce giuste, ma nemmeno un nome
veramente di richiamo per il grande pubblico.
Su tutti, il gigantesco Neil Maskell (già
apprezzato nell’interessante “Kill list”,
uno dei migliori e più innovativi horror degli ultimi anni) e Stephen Rea (“V for Vendetta”); ma anche Adeel Akthar
(del divertentissimo “Four Lions”) e
Paul Higgins (dell’ottimo “Line of Duty”).
Come dicevamo, non un cast stellare, ma attori solidi, capaci e assolutamente
perfetti per i rispettivi ruoli.
Insomma, di “Utopia” non sapeva un cazzo nessuno e, tutt’oggi, solo pochi
fortunati possono vantarsi di averne avuto visione diretta. La maggior parte della
gente, ne ha solo sentito parlare o letto in giro per la rete.
In Italia, per intenderci, la serie non è nemmeno stata distribuita. In compenso, abbiamo comprato quel “capolavoro” di “Der letze Bulle” ritradotto ne “L’Ultimo sbirro”: una tamarrata tremenda prodotta dalla tv tedesca, con luci smarmellate e attori-cane con dei mullet come se fossimo ancora nel 1988, incentrata su un agente che si risveglia dopo 20 anni di coma. Complimenti ai dirigenti RAI e complimenti a chi decide come investire il budget. Questa volta, almeno, non abbiamo comprato il format dalla TV polacca (come con Don Matteo), ma ci siamo limitati a comprare l’originale teutonico.
In Italia, per intenderci, la serie non è nemmeno stata distribuita. In compenso, abbiamo comprato quel “capolavoro” di “Der letze Bulle” ritradotto ne “L’Ultimo sbirro”: una tamarrata tremenda prodotta dalla tv tedesca, con luci smarmellate e attori-cane con dei mullet come se fossimo ancora nel 1988, incentrata su un agente che si risveglia dopo 20 anni di coma. Complimenti ai dirigenti RAI e complimenti a chi decide come investire il budget. Questa volta, almeno, non abbiamo comprato il format dalla TV polacca (come con Don Matteo), ma ci siamo limitati a comprare l’originale teutonico.
Gli americani, invece, che di roba di
qualità se ne intendono un pochino e che non campano estorcendo il canone,
l’hanno subito opzionata per un remake, che verrà girato interamente da David Fincher. Ragazzi, l’Oceano è ancora larghissimo…
Utopia, dicevamo, è un prodotto di nicchia: stilosissimo e iperviolento, raffinatissimo e supernerd, coltissimo e colorato come un caleidoscopio virato all’acido lisergico.
Purtroppo, come dicevamo, l’hanno visto in
pochi. Troppo pochi, visto che la terza stagione è stata tragicamente
cancellata. Ma quei pochi che l’hanno vista, l’hanno trovata geniale, brillante
e l’hanno amata spasmodicamente.
Ma che cos’è “Utopia”? È una serie che racconta di dietrologie da complottari e di
piani per sterminare tre-quattro miliardi di persone; di pazzi killer con gravi
turbe adolescenziali alle spalle e di hacker segaioli che scoprono il “piano-di-fine-di-mondo” nascosto tra i
disegni di una graphic novel scritta da uno scienziato paranoico in manicomio;
di implacabili eroine della giustizia; di politici corrotti; di sette segrete;
di scienziati frustrati; di spioni e contro-spioni; di colpi di stato veri,
falsi, presunti e ipotetici, e di tanto, tanto, tantissimo ancora.
Se c’è un limite, in “Utopia”, è stato forse quello di aver voluto buttare un sacco di
carne al fuoco: una marea di personaggi, un sacco di piani narrativi, continui
colpi di scena, salti avanti e indietro nel tempo… lasciando talvolta lo
spettatore un po’ basito e alquanto spiazzato per la strana piega degli
avvenimenti e per l’ennesimo sorprendente twist o cliffhanger.
A parte ciò, ce ne fossero di serie così brillanti e coraggiose, capaci di raccontarti di cospirazioni plausibili e tremende (come sterminare mezzo mondo grazie ad un virus mortale) e contemporaneamente porti il dubbio – etico, filosofico, politico ed esistenziale – che i complottari potrebbero non avere poi tutti i torti e che forse… magari con altri metodi… in fondo in fondo…
Ragazzi, stiamo parlando di una serie che
mostra TRANQUILLAMENTE una strage di bambini compiuta a colpi di rivoltella e
mitra in una scuola media, messa in atto da una coppia di pazzi criminali
senza scrupoli, vestiti come Sbirulino, che, nel giro di mezza puntata,
diventano i vostri personaggi preferiti. E che non sono neppure i veri cattivi.
Ma dove la trovate un’altra roba così…?
Stiamo parlando di una serie inglese, vista
da quattro gatti in patria e mai distribuita in Italia, che è talmente colta e
raffinata da aprire addirittura la sua seconda stagione (SPOILER ALERT) sulle immagini di Bruno
Vespa che annuncia l’omicidio di Aldo Moro e dove la morte (vera) del
giornalista Pecorelli diventa un escamotage dello show che apre inquietanti
connessioni tra l’omicidio dello statista italiano e la cospirazione messa in
atto nella finzione. Ma vi rendete conto?
“Utopia”
è spiazzante, violenta, altamente disturbante e malatissima, è una visone
retinicamente meravigliosa e moralmente dolorosissima; ancora una volta: dove
la trovate una serie capace di fotografare con colori e luci straordinarie una
scena di tortura e mutilazione assolutamente disgustosa e rivoltante? Parliamo
di rimanere ammaliati dalla bellezza della visione di una scena in cui dei bulbi
oculari vengono letteralmente estratti a cucchiaiate…
Raramente abbiamo visto una serie così
spiazzante, imprevedibile e perfettamente consapevole dei propri mezzi e dei
propri obiettivi: in primis, divertire e distrarre lo spettatore con luci ed
effetti stroboscopici, per poi, quando è cotto a puntino, colpirlo con forza
nei maroni. Neanche a Guantanamo…
“Utopia”
è, contemporaneamente, un fumettone coloratissimo e un racconto di
science-fiction; un saggio di realpolitik e un pamphlet morale; soprattutto, è
un drammatico e realissimo monito ai pericoli VERI del nostro presente e del
nostro prossimo futuro: tecnologie sempre più invadenti e protagoniste delle
nostre vite, nemici invisibili e potentissimi, identità sdoppiate tra i fili
della rete, multinazionali degne dei migliori romanzi di William Gibson.
Veramente straordinario il livello tecnico
di regia, montaggio e fotografia. I cromatismi ipersaturi e super-pop cozzano
meravigliosamente con i drammi messi in scena su campi lunghissimi e
ambientazioni sempre perfette. Questi qui sono talmente bravi che ti fanno
sembrare figo anche un ascensore in perlinato o una moquette marrone macchiata
di caffelatte. Non vi dico cosa sono capaci di fare con prati, corpi di
fabbrica e paesaggi urbani…
Infine, la musica: la colonna sonora è
stupefacente e ipnotica. Un misto di elettronica disturbante, campionature schizofreniche e jingle pubblicitari...
La lingua stessa parlata da alcuni dei personaggi è talmente connotata ed esasperata da diventare, essa stessa, una sorta di musica per le orecchie. Quando sentirete parlare Neil Maskell per la prima volta, capirete cosa dico. Quando lo sentirete pronunciare per la prima volta il suo tormentone: “where is Jessica Hide?”, sarete suoi prigionieri per sempre. Pensate che su youtube girano video con montaggi di Maskell che pronuncia mille mila volte di seguito sempre la stessa frase: “where is Jessica Hide”, per ore!
La lingua stessa parlata da alcuni dei personaggi è talmente connotata ed esasperata da diventare, essa stessa, una sorta di musica per le orecchie. Quando sentirete parlare Neil Maskell per la prima volta, capirete cosa dico. Quando lo sentirete pronunciare per la prima volta il suo tormentone: “where is Jessica Hide?”, sarete suoi prigionieri per sempre. Pensate che su youtube girano video con montaggi di Maskell che pronuncia mille mila volte di seguito sempre la stessa frase: “where is Jessica Hide”, per ore!
GIUDIZIO SINTETICO: Se pensate che guardare serie televisive significhi
anche porsi delle domande scomode e se avete lo stomaco per farlo, allora “Utopia” è sicuramente la vostra serie. Recuperatela assolutamente!!!
VOTO: 9
P.S.
Se la rece vi è piaciuta, sappiate che essa ha costituito la base per la puntata "Nel dubbio, smarmella" di "Serial K: Le serie tv in radio", una trasmissione webradio che tratta di serie televisive e che scrivo e conduco assieme a due carissimi amici: Tommy e Giulio. I podcast delle passate puntate li potete trovare tutti su Mixcloud; le puntate le potete sentire in diretta ogni 2 settimane, il giovedì, dalle 19:00 alle 21:00 su Radio Strike; tutte le info, le comunicazioni, i commenti e le foto le trovate su FB. Vi aspettiamo.
P.S.
Se la rece vi è piaciuta, sappiate che essa ha costituito la base per la puntata "Nel dubbio, smarmella" di "Serial K: Le serie tv in radio", una trasmissione webradio che tratta di serie televisive e che scrivo e conduco assieme a due carissimi amici: Tommy e Giulio. I podcast delle passate puntate li potete trovare tutti su Mixcloud; le puntate le potete sentire in diretta ogni 2 settimane, il giovedì, dalle 19:00 alle 21:00 su Radio Strike; tutte le info, le comunicazioni, i commenti e le foto le trovate su FB. Vi aspettiamo.
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