“La la land” è tanta roba!
È una roba capace di incantarti per due
ore filate facendoti stare con la bocca spalancata come un bimbo di Povia,
farti venire gli occhi a cuore e scendere i lacrimoni giù per le guance come
torrenti a primavera, per poi tirarti un calcio dritto nelle palle – fortissimo – e sussurrarti
flebile nell’orecchio una rivelazione che puzza tanto di minaccia: attento amico, perché la vita non è un
fottuto musical; ma manco per il cazzo!
È passata una settimana dalla mia
prima visione del film di Chazelle,
già in concorso al Festival di Venezia, mattatore ai Golden Globe (7 premi) e
candidato a un numero record di statuine agli Oscar (14 nomination), ed io, da
‘sta roba qui, devo ancora riprendermi.
Come al solito, SPOILER ALERT assolutamente
attivo!
“La la land” è un film quasi perfetto. Ha una regia della madonna,
capace di citare ed inventare, di rimpiangere e rivoluzionare, di omaggiare e
distruggere, in un continuo gioco di riferimenti al cinema della tradizione e
di negazione dei loro presupposti ideologici, emotivi ed esistenziali; è un
ossimoro; un qualcosa che definisce se stesso attraverso la sua costante negazione. Come
spiegare, altrimenti, un film che mentre celebra e cita a memoria Gene Kelly ci
racconta il fallimento di un amore con un cinismo degno di Fassbinder?